“Prima ti isolano, poi ti uccidono“. Questo è il pensiero che ho avuto quando ho letto il libello: “I silenzi e le ambiguità dell’onorevole Di Pietro” sul Corriere della Sera a firma di Marco Imarisio. Un lungo articolo richiamato in prima pagina, corredato da foto, basato su insinuazioni infamanti e, allo stesso tempo, puerili. La laurea a tempo di record, l’asse Lucibello – D’Adamo, la foto con Contrada degna del Bagaglino. Insomma escrementi di scrittura, merda mediatica per screditare Antonio Di Pietro. Nulla di strano se l’articolo fosse comparso su Libero o Il Giornale: difendono gli interessi del loro proprietario, Silvio Berlusconi. E lo fanno alla luce del sole, quindi sono sostanzialmente innocui. Per il Corriere della Sera il discorso è totalmente diverso. E’ il quotidiano più diffuso in Italia, in apparenza moderato, e esercita una forte influenza sull’opinione pubblica. Il fatto che il Corriere sia stato l’organo ufficioso della P2 ai bei tempi di Gelli e di Tassan Din è ormai dimenticato. L’articolo è accompagnato da un occhiello inquietante: “Il caso“, ma di casi non ne riporta neppure uno. Il portavoce Imarisio lancia il sasso e ritira la mano in modo così grottesco da dubitare della sua salute mentale: “Ad anni alterni torna fuori, tra dubbi e ironie, il suo personale tour de force per laurearsi in Legge alla Statale di Milano… L’Istituto di presidenza della facoltà confermò che tutto era in regola. Ma le illazioni, falsità di vario genere, sono proseguite, nel silenzio del diretto interessato…“. Il “diretto interessato” ha mostrato la sua laurea in un video e querelato Berlusconi che l’aveva messa in dubbio. Che altro doveva fare? Telefonare a Imarisio? Il quale non molla: “Dopo la sua recente pubblicazione con il dirigente del Sisde Bruno Contrada (in una caserma dei carabinieri e ben prima che Contrada fosse arrestato, ndr) il Corriere lo invitò a un confronto sul tema“. Antonio Di Pietro ha risposto sulla stampa e sul suo blog, anche se, a mio avviso, era sufficiente una pernacchia. Di quale confronto sul tema si parla se non c’è nessun tema? La chiusa sulle dichiarazioni di Minzolini è da applausi piduistici: “Secondo Di Pietro la pubblicazione dei verbali dell’architetto Zampolini va letta come “parte di una strategia eversiva” nei suoi confronti, decisa da “mandanti e beneficiari occulti”, Colpa delle lobby, colpa di una informazione schierata contro di lui“. Di Pietro ha respinto in modo circostanziato le accuse e querelato. Che altro doveva fare? Telegrafare al Corriere per metterlo al corrente?
Il sottotitolo è, infine, puro prodotto allucinogeno: “Sospetti e accuse inseguono da tempo (da quello di Previti, ndr) l’ex pm. Lui in tribunale ha sempre vinto, ma su alcune questioni non ha ancora fatto chiarezza“. Ma se in tribunale ha sempre vinto, che altro doveva chiarire?
Imarisio comunque non c’entra e neppure l’addetto alla portineria del Corriere, l’ex giornalista Ferruccio De Bortoli. La linea del Corriere la decide il consiglio di amministrazione, per l’appunto le lobby. Ecco un breve e incompleto elenco (*) dei consiglieri RCS: Philip Elkann, presente anche nel consiglio Fiat, Diego Della Valle, presente nei consigli di Assicurazioni Generali, Tod’s e CIA, Jonella Ligresti, presente nei consigli di Mediobanca, Italmobiliare, Milano Assicurazioni, Fondiaria e Premafin finanziaria, Enrico Salza, presente nel consiglio di Intesa San Paolo, Bernardino Libonati, presente nei consigli di Telecom Italia, Telecom Italia Media e Pirelli, Renato Pagliaro, presente nei consigli di Pirelli, Mediobanca e Telecom Italia. La barzelletta che la linea editoriale del Corriere è decisa dal direttore e dal comitato di redazione è, per l’appunto, una barzelletta. Quando vedrò un articolo del Corriere come quello su Di Pietro su Della Valle, Ligresti o Philip Elkann, forse mi ricrederò. Antonio Di Pietro non deve rimanere isolato. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.
(*) dati aggiornati al primo gennaio 2010