È la storia di una metamorfosi che fa sognare un intero settore. Nel 2006 la compagnia energetica danese Dong era ancora uno dei maggiori consumatori di carbone del Nord Europa: l’83% dell’energia prodotta proveniva da combustibili fossili. Quattordici anni dopo, il gruppo, ribattezzato Orsted, si è affermato come leader mondiale nell’eolico offshore, con il 25% della quota di mercato e l’86% della produzione proveniente da fonti rinnovabili.
Nel 2020 è stata incoronata come “l’azienda più sostenibile al mondo” e la sua conversione le ha consentito di dividere le sue emissioni di CO2 per dieci tra il 2006 e il 2019.
Per la compagnia energetica, l’avventura dell’eolico è iniziata nel 1991. Dong Energy ha quindi inaugurato il primo parco offshore al mondo nelle acque danesi. Composto da 11 piccole turbine, il parco Vindeby – smantellato nel 2017 – ha prodotto 450 kilowatt, sufficienti a coprire il consumo di elettricità di 2.200 abitazioni.
È inoltre per lo sfruttamento degli idrocarburi nel Mare del Nord che lo Stato danese aveva creato Dong nel 1972. L’obiettivo era quindi quello di garantire l’indipendenza energetica del regno rispetto al Medio Oriente. Tre decenni dopo, grazie a molteplici fusioni, il gruppo è diventato uno dei maggiori produttori di energia del Nord Europa.
Ma per i suoi dirigenti, convinti che il futuro fosse nelle rinnovabili, non è bastato. Nel 2008, un anno prima della conferenza internazionale sul clima (COP15) di Copenhagen, l’azienda annunciò un cambiamento strategico. Negli anni successivi, la società ha abbandonato diversi progetti di centrali elettriche a carbone, ha convertito quelle esistenti in biomassa, ha investito molto nell’energia eolica e ha venduto i propri asset di petrolio e gas.
Alla ricerca di capitali, Dong si è rivolta alla banca americana Goldman Sachs, che ha preso una quota del 17,9% (per 1,2 miliardi di dollari, ovvero 1 miliardo di euro), non senza suscitare polemiche che hanno destabilizzato il governo di coalizione.
Nel 2016 il gruppo diventa pubblico. Due anni dopo, con il nome di Orsted, preso in prestito dal fisico e chimico danese che ha scoperto l’elettromagnetismo, nel Mare d’Irlanda ha inaugurato il più grande parco eolico offshore del mondo, in grado di fornire elettricità a 600.000 abitazioni.
Per far fronte alla concorrenza, Orsted ha diversificato il suo catalogo: oltre all’offshore, l’azienda danese ha investito nell’energia eolica onshore, in particolare negli Stati Uniti, con l’acquisto di Lincoln Clean Energy nel 2018. Orsted scommette anche sulla biomassa e sul fotovoltaico. La sua ambizione è quella di fornire energia verde a 35 milioni di consumatori entro il 2025 e 55 milioni entro il 2030.