di Luigi Gallo – Con l’agenda digitale abbiamo esteriorizzato la nostra memoria, la nostra capacità di astrazione per il calcolo e i ragionamenti mentali li abbiamo affidati ai PC; il pensiero è condizionato dalla velocità delle reazioni sui social, e ci ha ricondotto ad animali impulsivi, condizionati dalla scia, da perfetti follower nell’inseguire e reagire ai pensieri altrui che leggiamo in rete o che riceviamo sul nostro smartphone con la messaggistica digitale.
C’è un “nuovo essere digitale”, un nuovo “modo di essere” dell’individuo che è già cybernetico, anche se per adesso la tecnologia è un’appendice esterna al nostro corpo, ma nel giro di 10 anni sarà dentro di noi. “Siamo in connessione perenne con tutto e più andremo avanti e più le realtà avanzate, digitali e immersive saranno diffuse intorno a noi e diventeranno abitudini del vivere quotidiano, come oggi lo è la nostra simbiosi con lo smartphone. Nel 2030 ci affideremo sempre più alle macchine, ai software, alle intelligenze artificiali. Nel 2030 saremo perennemente in connessione con tutto e avremo strumenti di realtà avanzate spingendoci al di là delle nostre capacità biologiche.” (1)
Sconfiggere la noia, o quel vuoto che abbiamo dentro, diventa arma dell’industria dell’intrattenimento più che moto rivoluzionario, e il digitale e la tecnologica fa diventare tutto questo pervasivo cancellando spazi di riflessione, perché fermarsi non è produttivo, uccide il business, manda in crash il nostro modello economico fondato su consumismo ed estrazione infinita di materie prime, in un continuo affronto ai fragili equilibri naturali. L’ozio e la pausa diventano quindi sovversivi.
L’ozio, le relazioni di affetto senza consumo, il dono e la cura non retribuita sottraggono dati alle intelligenze artificiali, clienti alle piattaforme digitali, profitti ai plurimiliardari padroni degli imperi digitali.
È, tuttavia, vano pensare che l’avanzare dell’evoluzione tecnologica sia arrestabile come non lo è stata la rivoluzione industriale che dalla metà del ‘700 non ha visto interruzioni né con il boicottaggio, né con il luddismo.
Se la rivoluzione industriale è stata caratterizzata dall’avvento delle macchine e di nuove fonti di energie inanimate, appare chiaro che oggi siamo in una nuova fase evolutiva che ha nuove caratteristiche rivoluzionarie.
Sono stati teorizzati e studiati i mutamenti in campo economico, tecnologico ed energetico con profonde analisi sulla società post-industriale, dell’informazione e della terza rivoluzione industriale postulata da studiosi e sociologi del calibro di Daniel Bell e Jeremy Rifkin. Gli elementi che oggi tuttavia sembrano essere quelli più dirompenti, capaci di avviare una nuova era con capovolgimenti degli schemi sociali, economici e politici esistenti, sono l’uso generalizzato delle intelligenze artificiali e la penetrazione della “cultura digitale” che parte dai nostri smartphone, PC, che è perennemente presente grazie alla rete. L’uso di queste tecnologie da parte delle più grosse aziende mondiali e degli uomini più ricchi del mondo stanno determinando il nostro futuro in forma unilaterale e a velocità supersonica. Noi siamo diventati una risorsa da estrarre sotto forma di dati digitali, profili psicologici da sfruttare e manipolare, organismi biodigitali da modellare.
Il filosofo francese Pierre Levy ha teorizzato il concetto di intelligenza collettiva che è chiaro che potrà agire tanto in competizione quanto in cooperazione con l’intelligenza artificiale, purché esca dagli stati primordiali per prendere consapevolezza delle proprie potenzialità e distorsioni.
Siamo nel pieno della società dell’intelligenza artificiale e dell’intelligenza collettiva gravemente inconsapevoli di tutto questo. Dobbiamo studiare i risvolti etici, come ha iniziato a fare l’Europa, con il libro bianco del 2019 e il nuovo regolamento e legge sull’intelligenza artificiale nel 2021, lo devono fare gli accademici, lo deve fare la politica, senza sconti, finte o scorciatoie.
Attualmente è quasi tutto senza controllo. Serve un pacchetto di proposte legislative su Etica, Intelligenza Artificiale e Società digitale, ed è già tardi.
(1) Ricerca “Cultura 2030“, commissionata dal M5S a Domenico De Masi, che ho seguito e presentato alla Camera dei Deputati nel 2018.