C’è un’insolita propensione al grilletto, da queste parti. La stessa che si è materializzata stamattina, col sole ancora basso. A pagar dazio è stato Carmine Bonifazio, imprenditore di mangimi. Aveva 42 anni. Già, solo 42 anni.
Gli hanno sparato in faccia, con un fucile calibro 12 caricato a pallettoni. Due colpi, esplosi da distanza ravvicinata, che hanno mandato in frantumi il finestrino della sua Toyota Rav4 prima di disintegrargli il volto. Lo hanno ammazzato a 40 metri da casa sua, in pieno centro. Era incensurato. Mai una denuncia, mai un problema con la legge. Per gli inquirenti non è ancora chiaro quale sia il movente. Ma mi chiedo che importanza abbia. Se non è ‘ndrangheta è comunque cultura legata ad essa: violenza facile, vendetta bagnata col sangue, modalità, gesti, faide.
Al Sud sparare in faccia ha un significato preciso. Niente, dalle mie parti, è fatto a caso quando si uccide. La simbologia è il linguaggio prediletto dalle ‘ndrine. Ricordo la strage di Duisburg, quando i killer spararono alla nuca di sei uomini già esanimi e pieni di piombo. Ma a quel colpo che distrugge la scatola cranica non rinunciarono, perché doveva essere chiaro a tutti di cosa si trattava.
Oggi i fucili hanno tuonato a Cutro. E questo martedì triste sta quasi per finire. Domani è già un altro giorno, in Calabristan”.
Biagio Simonetta
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