di Fabio Nottebella – Il 24 novembre scorso, alle ore 7:21 qui in Italia, utilizzando un razzo Falcon 9 di SpaceX, l’azienda spaziale statunitense fondata da Elon Musk, è partita la prima missione della NASA a scopo di difesa planetaria.
Insomma, se avete visto il film hollywoodiano “Armageddon”, avete già intuito di cosa stiamo parlando (anche se, a differenza del film, in questo caso non verranno ripetuti gli orrori, pardon – errori, scientifici visti in questa nota pellicola).
Questa missione si chiama DART, acronimo che sta per Double Asteroid Redirection Test, e che significa anche “dardo” in inglese. Si tratta più precisamente di un test eseguito per colpire nell’autunno 2022, dopo aver percorso circa 17 milioni di chilometri dalla Terra, il sistema binario composto da Didymos, un asteroide dal diametro di 780 m, e dal suo satellite Dimorphos, dal diametro di 170 metri (grande circa come il Colosseo per intenderci). Pensate che precisione dovrà avere: lanciare oggi un oggetto che ne andrà a colpire un altro il prossimo anno quando si troverà a circa 17 milioni di km da noi, prevedendo esattamente quale sarà il punto dello spazio in cui passerà! Quasi come se qualcuno di voi lanciasse dal proprio balcone di casa uno spillo provandone a colpire un altro che si trova in un paese limitrofo!
Lo scopo della missione sarà quello di provare a modificare il periodo di rivoluzione di quest’ultimo oggetto che orbita intorno a Didymos. L’impatto infatti avverrà proprio contro questa “mini-luna”.
Attenzione, è bene essere subito chiari: non siamo in pericolo né l’asteroide in questione (e la sua mini-luna) risulta tra quelli potenzialmente pericolosi per la Terra (e non lo sarà nemmeno dopo la collisione). Tuttavia, visto il transito abbastanza vicino al nostro pianeta, è stato scelto questo sistema binario per condurre il test in modo da poter poi osservare e studiare le conseguenze attraverso una campagna di osservazioni che verrà gestita con una serie di telescopi dalla Terra. Al momento infatti, come anticipato, sarà solo un test, ma in futuro la Terra potrebbe correre pericoli più concreti con oggetti la cui orbita sia in grado di incrociare la nostra. Per questa ragione è quanto mai opportuno farsi trovare pronti mettendo a punto tecniche di difesa (a meno che non si voglia finire come la gran parte dei dinosauri non aviani).
La cosa più importante da rilevare però è che in questa missione il nostro Paese ha un ruolo da protagonista.
Insieme a DART infatti è partito anche LICIACube (acronimo inglese che sta per Light Italian Cubesat for Imaging of Asteroids), un piccolo satellite artificiale dal peso di circa 13 kg progettato dall’azienda torinese Argotec con la collaborazione e il finanziamento dall’Agenzia Spaziale Italiana. Il compito di LICIACube sarà quello di sganciarsi da DART prima dell’impatto e, rimanendo a distanza di sicurezza, fotografare e raccogliere dati sull’impatto.
Il giorno del lancio, presso la base californiana di Vandenberg, era presente anche una delegazione composta da due scienziati e ricercatori dall’INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica) – Osservatorio Astronomico di Padova, Alice Lucchetti e Maurizio Pajola. L’INAF infatti (con la partecipazione, oltre che dell’Osservatorio Astronomico di Padova anche dell’Osservatorio Astronomico di Roma, dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali, dell’Osservatorio Astrofisico di Arcetri, dell’Osservatorio Astronomico di Cagliari e dell’Osservatorio Astronomico di Trieste) coordina il team scientifico di cui fanno parte il Politecnico di Milano, l’Università di Bologna, l’Università Parthenope di Napoli e l’Istituto di Fisica Applicata “Nello Carrara” che è parte del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). I due scienziati italiani inviati in California forniranno il loro contributo occupandosi dello studio della superficie di Didymos e Dimorphos, con particolare attenzione all’identificazione dei massi e dei crateri, per comprenderne la loro origine ed evoluzione.
L’AUTORE
Fabio Nottebella è un professionista nell’ambito delle risorse umane e un divulgatore scientifico in campo astronomico. Studioso delle lune ghiacciate, collabora con l’Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma Valle d’Aosta per il quale cura una serie di rubriche a tema Sistema Solare. E’ autore del libro “C’è vita nel Sistema Solare? Encelado” edito da Scienza Express Edizioni.