Acqua, per lo più. Gran parte dei dentifrici attualmente in commercio è composta per il 30-45% da semplice e comune acqua potabile, proprio come quella che esce dal rubinetto. Viene aggiunta alla pasta per soddisfare l’occhio del consumatore, che in genere ama stendere sullo spazzolino una grande quantità di dentifricio, e l’acqua è per l’appunto l’ingrediente meno costoso che si possa aggiungere a un preparato per accrescerne il volume. Aprire il rubinetto e versare qualche centilitro d’acqua sullo spazzolino non costa praticamente nulla; ma la stessa quantità d’acqua, unita agli altri ingredienti che compongono il dentifricio, viene venduta, con grande gioia dell’azienda produttrice, a un prezzo ragguardevole. La produzione di pasta dentifricia è un’attività molto redditizia.
Sempre in termini di quantità, il secondo ingrediente principale di ogni dentifricio è il gesso: lo stesso identico materiale di cui sono fatti i gessetti usati per scrivere sulla lavagna. Viene ricavato dalla frantumazione dei resti di creature oceaniche scomparse milioni di anni or sono. Nel Cretaceo, con quelle stesse particelle di gesso, svariate creature pelagiche si erano costruite un esoscheletro particolarmente affilato e temibile entro cui ripararsi, per evitare di essere addentate da tutte le altre creature marine appena più grandi di loro in cui di tanto in tanto si imbattevano. Gli ammassi di gusci calcarei accumulatisi nel tempo sono diventati le nostre miniere di gesso.
A distanza di milioni di anni, le minuscole particelle di gesso hanno conservato la propria durezza e resistenza, qualità oggi assai apprezzata, dato il compito che sono chiamate a svolgere quali componenti dei moderni dentifrici. Lo smalto che ricopre i denti, in pratica il rivale con cui dovranno confrontarsi, è infatti la sostanza più dura e resistente fra tutte quelle che compongono il corpo umano (persino più delle ossa e delle unghie). Fra i vari ingredienti di un dentifricio, solo le particelle di gesso sono in grado di smerigliare i denti a dovere mentre lo spazzolino va su e giù e di staccare gli strati che ne incrostano la superficie con la stessa facilità con cui, nelle cave, le mole frantumano le pietre.
Aprendo crateri, squarci e canali, il gesso rimuove, in parte, anche la patina gialla accumulatasi in superficie; ed è proprio per questa sua azione abrasiva e “lucidante” che viene aggiunto al dentifricio. Tuttavia, certi frammenti di gesso troppo grossi possono aprire nei denti profonde cavità destinate prima o poi ad accogliere e coltivare intere colonie di batteri. Per i responsabili del controllo qualità è praticamente impossibile riuscire a individuare ed eliminare queste mine vaganti di gesso; nessuna norma vigente, del resto, ne vieta la presenza nei dentifrici.
In alcuni casi, tuttavia, neppure il gesso è in grado di rimuovere completamente la patina gialla dai denti. Per questo i produttori hanno pensato bene di aggiungere al dentifricio un’altra sostanza adatta allo scopo: il biossido di titanio. Viene mescolato alla pasta sotto forma di minuscole sfere, ed è in pratica la stessa sostanza che determina il colore della vernice bianca. Spennellato qua e là sui denti dallo spazzolino, copre gran parte delle macchie gialle residue. Essendo solubile in acqua, tuttavia, si stacca dallo smalto (e viene conseguentemente inghiottito) nel giro di poche ore; l’effetto “bianco-pulito”, a ogni modo, dura sufficientemente a lungo da far credere all’utente, che si guarda allo specchio dopo le operazioni di igiene orale del mattino, che i suoi denti siano veramente puliti. Per essere ancor più certi del risultato e far apparire i denti di un rassicurante bianco splendido, alcuni produttori uniscono alla pasta dentifricia sbiancanti ottici come quelli che, più comunemente, si trovano nei candeggianti per lavatrici.
L’impasto che si otterrebbe mischiando gli ingredienti che abbiamo finora elencato non avrebbe tuttavia un aspetto molto invitante. Si raggrumerebbe nel tubetto in un ammasso gommoso biancastro e umidiccio, difficile da spremere e di una consistenza nauseante. Ben pochi avrebbero piacere a lavarsi i denti con un miscuglio di acqua, gesso triturato e qualche goccia di sbiancante per vernici, magari proprio appena alzati. Per aggirare l’inevitabile reazione di disgusto i produttori hanno quindi deciso di correggere la formula con una moltitudine di ghiottonerie.
Per impedire che l’ammasso si rinsecchisca, hanno unito alla mistura di gesso e acqua un pizzico di glicerina, sostanza contenuta in gran parte dei fluidi antigelo usati per le automobili, mentre, per renderla più consistente (tutto sommato, fino a questo punto quello che abbiamo nel tubetto è solo un po’ di gesso bagnato e colorato), vi hanno aggiunto un’abbondante dose di molecole viscose ricavate da un’alga denominata Chondrus críspus. Le molecole di quest’alga sono in grado di infiltrarsi fra le particelle di gesso, sbiancante e antigelo, e di estendersi in ogni direzione per tenere insieme l’intero impasto. Per amalgamare al meglio il tutto è infine inserito nell’intruglio un goccio di olio di paraffina (quello stesso olio carburante che brucia nelle lampade da campeggio).
Ci siamo quasi. Con l’aggiunta della glicerina, dell’alga e della paraffina il nostro dentifricio è quasi pronto. Mancano solo un paio di ingredienti, due sostanze chimiche fondamentali per trasformare questa poltiglia nel composto rinfrescante e detergente a noi noto come pasta dentifricia. Gli elementi mescolati fino a questo punto hanno buone proprietà pulenti, ma non producono neppure un milligrammo di quell’appagante massa di schiuma che ci aspettiamo di vedere quando, al mattino, strofiniamo lo spazzolino sui denti.
Per ovviare a questo inconveniente i produttori hanno aggiunto all’impasto un’abbondante dose di detersivo. Tutte le marche presenti sul mercato lo contengono. Suppongo abbiate visto tutti la quantità di schiuma che i detersivi sviluppano nella lavatrice. Mischiati al dentifricio, i detersivi reagiscono nella nostra bocca esattamente allo stesso modo, riempiendola di un’evanescente massa schiumosa. Non serve a granché, ma promuove la vendita.
L’unico problema è che questo ingrediente sa di detersivo. E’ terribilmente acido e amaro. Anche il gesso, del resto, ha un sapore decisamente ripugnante. Ed è proprio per risparmiare al palato questa sgradevole esperienza i produttori hanno pensato di unire all’intruglio l’ingrediente più osannato e decantato dalla pubblicità: un potente aromatizzante. Di solito si tratta di un’essenza alla menta così forte che i chimici in laboratorio si guardano bene dall’annusarla. Per completare l’operazione, la ricetta prevede inoltre l’aggiunta di un pizzico di cristalli di mentolo e di saccarina, o di un qualsiasi altro dolcificante.
E’ tutto? Gesso, acqua, sbiancante, alghe, antigelo, paraffina, detersivo, menta… No, non proprio, manca ancora qualcosa. Una miscela del genere attirerebbe irresistibilmente le centinaia di migliaia di batteri che ricoprono ogni superficie del bagno, perfino quella del più immacolato lavello. Ci si tufferebbero al volo, inghiottirebbero le alghe e la paraffina, e magari emetterebbero enzimi capaci di decomporre il gesso, riducendo infine il dentifricio a un composto ben poco invitante. Per superare questo ultimo ostacolo i produttori hanno aggiunto al tutto un potente battericida, tanto efficace da neutralizzare qualsiasi organismo unicellulare che, anche solo per caso, si trovasse nelle vicinanze del nostro dentifricio: la formaldeide, ovvero il disinfettante normalmente usato nei laboratori di anatomia.
Quindi, ricapitolando, abbiamo miscelato: gesso, acqua, sbiancante, alghe, antigelo, olio di paraffina, detersivo, essenza di menta, formaldeide e una piccola dose di fluoro (che in una certa misura può servire, a suo modo, a proteggere i denti dei bambini). Questo è l’insieme di sostanze che ogni mattina portiamo alla bocca, depositato sullo spazzolino, per dare ai denti una ripulita. Sgradevole? Alcuni studi hanno dimostrato che spazzolando con cura i denti semplicemente con acqua si ottengono spesso gli stessi risultati!
Tratto da: “La tua Casa Segreta” di David Bodanis