di Lera Boroditsky – Vi parlerò usando una lingua. È una delle fantastiche capacità di noi esseri umani. Possiamo trasmetterci a vicenda pensieri molto complessi.
Si producono suoni con la bocca, questi creano suoni, che a loro volta creano vibrazioni nell’aria. Queste vibrazioni viaggiano verso i timpani, poi il cervello prende queste vibrazioni dai timpani e le trasforma in pensieri.
Grazie a questa capacità, siamo capaci di trasmettere le nostre idee, siamo capaci di trasmettere le conoscenze da una mente all’altra. Ci sono circa 7.000 lingue parlate in tutto il mondo. E tutte le lingue differiscono l’una dall’altra in molti modi. Alcune lingue hanno suoni diversi, hanno parole diverse e hanno anche strutture diverse. È molto importante: strutture diverse.
Ciò solleva la questione: la lingua che parliamo influenza il nostro modo di pensare? È una questione antica.
Così di recente, nel mio laboratorio e in molti altri nel mondo, abbiamo iniziato a fare ricerche, e ora abbiamo dati scientifici reali per dire la nostra.
Per farvi capire utilizzerò degli esempi. Un esempio viene da una comunità di aborigeni in Australia con cui ho potuto lavorare, i Kuuk Thaayorre. Vivono a Pormpuraaw, all’estremo lato ovest di Cape York. Ciò che è interessante di loro è che nella loro lingua non usano parole come “sinistra” e “destra”, bensì tutto è in punti cardinali: nord, sud, est e ovest. E quando dico tutto, intendo proprio tutto. Potreste dire qualcosa tipo:”Oh, hai una formica sulla gamba a sud ovest”. Oppure: “Sposta la tazza un po’ più a nord-nord est”.
Di fatto, il modo in cui si dice “Ciao” in Kuuk Thaayorre è: “Da che parte stai andando?” E la risposta sarebbe: “In lontananza verso nord-nord est. E tu?” Quindi immaginate una giornata in cui state andando in giro, e di dover dire la vostra direzione a ogni persona che salutate.
Poi ci sono anche enormi differenze su come è concepito il tempo. Se chiedessi a un madrelingua inglese di mettere in ordine cronologico alcune foto di mio nonno a varie età, lo farebbe da sinistra a destra. Infatti dipende dalla direzione della scrittura. Se voi parlaste ebraico o arabo, lo fareste nella direzione opposta, da destra a sinistra.
Ma come lo farebbero i Kuuk Thaayorre, il gruppo aborigeno di cui vi ho appena parlato? Loro non usano parole come “sinistra” e “destra”. Vi darò un suggerimento. Quando abbiamo fatto sedere le persone rivolte a sud, hanno ordinato il tempo da sinistra a destra. Quando lo abbiamo fatto mettendole rivolte a nord, lo hanno ordinato da destra a sinistra. Quando le abbiamo messe rivolte a est, il tempo andava verso il corpo.
Qual è lo schema? Per loro, il tempo non è determinato dal corpo, ma dal territorio, in che direzione sono rivolti. È un modo drasticamente diverso di concepire il tempo.
Facciamo un altro esempio.
Supponiamo che vi chieda quanti pinguini ci sono in un certo posto. Li contereste, giusto? “Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto”. L’ultimo numero sarebbe stato quello di tutti i pinguini. Questo è un trucchetto che vi hanno insegnato a usare da piccoli. Imparate la lista dei numeri e come applicarla. Un trucchetto linguistico.
Ma alcune lingue non hanno parole specifiche per i numeri. Non hanno una parola come “sette” o come “otto”. Infatti, le persone che parlano queste lingue non contano e hanno difficoltà a tenere il conto delle quantità esatte.
Le lingue sono molto diverse le une dalle altre. Alcune lingue hanno molte parole per i colori, alcune hanno solo qualche parola, come “chiaro” e “scuro”. Per esempio, in inglese esiste una parola per il blu, che comprende tutti i colori di tipo blu. Al contrario, chi parla russo deve distinguere blu chiaro, “goluboy”, e blu scuro, “siniy”.
Così i russi sono più veloci a vedere la differenza tra un blu chiaro e un blu scuro. E il cervello di un russo avrà una reazione di sorpresa mentre i colori cambiano da chiaro a scuro, mentre il cervello di chi parla inglese, non rivela tale sorpresa, perché niente è cambiato radicalmente per lui.
Poi c’è il genere.
In molte lingue a ogni nome è assegnato un genere, maschile o femminile. E questi generi sono diversi da lingua a lingua. Quindi se chiedi a un tedesco e a uno spagnolo di descrivere un ponte, ne vedrete delle belle. “Ponte” è grammaticalmente femminile in tedesco, mentre è grammaticalmente maschile in spagnolo, così i tedeschi tenderanno a dire che i ponti sono “belli”, “eleganti”, e altre parole stereotipicamente femminili. Mentre gli spagnoli probabilmente diranno che sono “forti” o “lunghi”, parole più maschili.
Le lingue si distinguono anche per come descrivono gli eventi. Prendiamo un imprevisto. In inglese, è giusto dire: “Lui ha rotto il vaso”. In una lingua come l’italiano è più probabile sentire: “Il vaso si è rotto”. Se è un imprevisto , non diresti che qualcuno lo ha fatto accadere. In inglese, stranamente, si potrebbero dire anche cose tipo: “Ho rotto il braccio”. In molte lingue, non si potrebbe usare questo costrutto, a meno che non si sia matti e si sia deciso di rompersi il braccio.
Le persone che parlano lingue diverse, faranno attenzione a cose diverse, a seconda di quello che la loro lingua richiede. Quindi, se mostriamo lo stesso imprevisto a un inglese e a un italiano, il primo ricorderà chi lo ha provocato, mentre il secondo è più portato a ricordare l’intenzione.
Quindi, due persone assistono allo stesso evento, testimoniano lo stesso crimine, ma finiscono per ricordare cose diverse dello stesso evento.
La bellezza della diversità linguistica è che ci rivela quanto sia ingegnosa e flessibile la mente umana. La mente umana non ha inventato un solo universo cognitivo, ma 7.000 lingue parlate in tutto il mondo. La cosa tragica è che stiamo perdendo circa una lingua a settimana, e secondo alcune stime, metà delle lingue del mondo andranno perdute nei prossimi 100 anni.
E la notizia ancora peggiore è che, proprio ora, più o meno tutto quello che sappiamo sulla mente e sul cervello umano, è basato su studi fatti su studenti che parlano inglese americano. Quindi, quello che sappiamo sulla mente umana è in realtà ristretto e parziale.
La nostra scienza deve saper fare di meglio e di più.
Traduzione di Sofia Ramundo
Revisione di Rossana Cantaffa