Vignetta di: Davide Zamberlan
Faccio due proposte di legge per il 2006.
La prima legge approvata dal nuovo Parlamento dovrà prevedere la totale divisione tra chi fa politica e chi possiede i mezzi di informazione.
La seconda legge non dovrà consentire a nessun gruppo, o privato, di disporre del controllo di mezzi di informazione a livello nazionale.
E forse, dopo, si potrà parlare di democrazia in Italia.
Dal libro Inciucio di Marco Travaglio pubblico un pezzo sulla gestione televisiva in Europa.
La Spagna di José Luís Rodriguez Zapatero è soltanto lultimo fra i grandi paesi europei a svincolare almeno parzialmente la televisione pubblica dal controllo diretto dei partiti e/o del governo.
Da anni, da decenni laveva fatto quasi tutto il resto dEuropa. Sarebbe lungo descrivere nei particolari il funzionamento dei vari sistemi televisivi continentali. Ma qualche cenno riassuntivo può aiutare a capire perché il caso italiano fa tanto scandalo allestero (e poco in Italia).
In Spagna fino a pochi mesi fa, il consiglio di amministrazione di Rtve, che irradia Tve1 e Tve2, era nominato dal Parlamento (con maggioranza dei due terzi) e il direttore generale dal governo. E duravano in carica 4 anni, tanti quanti il governo.
Come in Italia, mutavano colore col cambiare del governo.
Poi è arrivato Zapatero, in un clima di crescente insofferenza dellopinione pubblica contro la tv pubblica politicizzata, che aveva nascosto le grandi manifestazioni di piazza contro Aznar (ma non era riuscita a mascherare le bugie del premier conservatore uscente sugli attentati di Al Qaeda a Madrid).
Appena insediato, Zapatero ha messo a capo della Rtve una docente universitaria di comunicazioni, molto prestigiosa e non iscritta ad alcun partito, che ha iniziato a ripulire i teleschermi dalla telebasura, cioè della tv spazzatura dei reality e del trash. Poi ha nominato una commissione di cinque saggi super partes, presieduta dal filosofo Emilio Lledó e formata da massmediologi e intellettuali (compreso un docente di etica) per riscrivere la legge sullemittenza.
Nel giugno 2005 la riforma è diventata legge.
Il caposaldo è la drastica modifica del sistema di elezione dei vertici di Rtve. Il direttore generale sarà eletto dal Cda, non più dal governo, con maggioranza dei due terzi, ed esclusivamente fra i partecipanti a un concorso pubblico.
Il Cda avrà un mandato di 6 anni per non coincidere con le scadenze delle legislature, e sarà composto da 2 membri eletti dal Senato e 2 dal Congresso (sempre con i due terzi dei voti); 2 scelti dai sindacati e 2 dal Consiglio audiovisivo (che regola frequenze, costi, flussi pubblicitari).
UnAuthority indipendente, il Consejo de información vigilerà sul pluralismo e sulle scelte del Cda, e avrà il potere di bloccare il direttore generale.
Intanto Zapatero ha aperto il mercato delle frequenze a nuovi soggetti privati. Prima la tv commerciale era monopolizzata dalla berlusconiana Telecinco e da Antena3, che fa capo a De Agostini e a Maurizio Carlotti (ex dirigente Fininvest).
Ora arriveranno anche la Prisa di Jesús Polanco (già proprietario di «El País» e della radio Cadena Ser) e almeno un altro gruppo ancora. Fra le proteste dei rappresentanti spagnoli di Mediaset, che al solo rischio di un po di concorrenza hanno gridato al «golpe».
In nessun paese dEuropa, comunque, il capo del governo possiede televisioni, essendo i conflitti dinteressi severamente vietati dappertutto. E il pluralismo televisivo, ora più ora meno, è garantito dalla presenza sul mercato di varie emittenti private.
Marco Travaglio