Per anni ci siamo battuti per far comprendere il valore della canapa come risorsa economica, ambientale e sociale. Abbiamo spiegato, con dati alla mano e il sostegno della scienza, che questa pianta non rappresenta una minaccia, ma un’opportunità concreta per il nostro Paese. Oggi, però, ci troviamo di fronte a una scelta del governo che mette in discussione tutto ciò che è stato costruito: il divieto di produrre e commercializzare fiori di cannabis, inclusa la canapa industriale non psicotropa (Art. 18 Ddl sicurezza) rischia di infliggere un duro colpo a un settore in crescita e a un futuro più sostenibile per l’Italia.
La canapa è molto più di una pianta: è una soluzione per un’economia più verde e circolare. Grazie alla sua capacità di assorbire grandi quantità di CO2, crescere senza pesticidi e rigenerare i terreni, rappresenta un’alternativa sostenibile in molteplici settori. Non è un caso che in pochi anni sia diventata un pilastro per l’innovazione agricola e industriale, con un giro d’affari che ha raggiunto i 500 milioni di euro solo in Italia e che coinvolge oltre 3 mila aziende e più di 15.000 lavoratori.
Oli, tessuti, cosmetici, materiali per la bioedilizia: la canapa ha dimostrato di poter generare prodotti utili e competitivi, contribuendo allo sviluppo di filiere locali e alla creazione di posti di lavoro. Ma tutto questo progresso rischia di essere annullato da un provvedimento che sembra ignorare il potenziale economico e ambientale di questa pianta.
Con questa decisione, migliaia di giovani imprenditori e agricoltori, che hanno creduto nella canapa come strumento di rilancio economico e sostenibile, vedono svanire i loro investimenti e il loro futuro. Vietare la produzione e il commercio dei fiori di canapa significa bloccare non solo un settore in espansione, ma anche una delle poche coltivazioni che possono fare davvero la differenza nella lotta al cambiamento climatico. Non possiamo ignorare le implicazioni economiche di questa scelta: meno lavoro, meno innovazione, meno opportunità per le aree rurali, che proprio grazie alla canapa stavano riscoprendo una nuova vitalità. E, sul fronte ambientale, ci priviamo di uno strumento che potrebbe aiutarci a combattere l’inquinamento e a ridurre l’impatto delle coltivazioni tradizionali.
Mentre molti paesi europei stanno avanzando verso politiche più aperte e progressiste sulla cannabis e la canapa, l’Italia sembra tornare indietro. In Germania, per esempio, si sta lavorando per regolamentare il settore con un approccio che promuove l’innovazione e garantisce sicurezza. Nei Paesi Bassi e in Svizzera, le sperimentazioni con la cannabis regolamentata dimostrano che è possibile coniugare libertà e responsabilità.
Noi, invece, rischiamo di perdere il treno dell’innovazione, lasciando che altri paesi raccolgano i frutti di un settore in espansione mentre ci chiudiamo in una logica proibizionista che non porta benefici, né economici né sociali.