1867,398 miliardi di euro è il nuovo record del debito pubblico. In ottobre ci siamo divorati 23 miliardi, a settembre il debito era di 1844 miliardi. Nello stesso giorno del record che ci trascina verso l’abisso economico, il 14 dicembre 2010, alla Camera dei deputati Berlusconi ha vinto per 314 a 311.
Si è svolto nella sala di velluti rossi un confronto osceno di compari che sentono l’odore della rivoluzione nelle strade e cercano di salvarsi con un doppio carpiato come Fini, rinnegando 15 anni di inciuci come Bersani e Casini. Nell’aula ridotta a un palcoscenico di mestieranti con battute da avanspettacolo e applausi improvvisi che scacciavano la paura del futuro (come quelli alla bara portata a braccia quando esce dalla chiesa) ci sarebbe voluta la follia di un Lombroso per interpretare volti, smorfie, ghigni, gesti. Per illustrare una nuova antropologia: quella della merda. In un Parlamento di venduti non è possibile parlare di voti comprati, come non è possibile trovare vergini in un lupanare. La recita dei deputati ha avuto ancora una volta la sua rappresentazione. Attori con stipendi stellari, macchine blu, finanziamenti (furti) elettorali da un miliardo di euro bocciati da un referendum, giornalisti al loro servizio pagati con una mancia di 329 milioni mentre il Paese va a picco. Guardateli, non vi fanno schifo?
La Camera dall’alto sembrava questa mattina un ritrovo di vecchi compari, Berlusconi che accarezza il collo di Casini, il Bocchino tradito, il Fini paralizzato da una votazione che lo manda in pensione dopo 40 anni di carriera politica in cui non ha visto nulla, sentito nulla, detto nulla prima di uscire dal sarcofago, la “vajassa” di Fassino. Le labbra della Mussolini e quelle della Carfagna, gli occhiali da sole di Frattini. Le donne incinte, tra cui l’avvocatessa del prescritto per mafia Andreotti in carrozzella. La corte dei miracoli aveva più dignità, un circo ha più serietà, un bordello più dignità.
Nel 2011 la crisi economica spazzerà via questa umanità ridente che si è appropriata dello Stato e dei media. Straccioni sociali che hanno avuto nella politica l’unica via per il successo, per sentirsi importanti, indispensabili, “onorevoli“. Io non salvo nessuno e auguro a tutti di ritirarsi per tempo, prima che lo faccia la Storia che è, come si sa, imprevedibile e feroce.
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