di Gianluca Riccio – Un team di ricercatori del Rensselaer Polytechnic Institute (RPI) negli USA ha fatto una scoperta rivoluzionaria: un processo che non solo affronta il problema dei rifiuti plastici ma apre anche la strada a materiali nuovi e più sostenibili. Usando batteri in grado di digerire la plastica PET, questi scienziati hanno trovato il modo di convertire rapidamente i rifiuti in una seta biodegradabile, ispirata alla resilienza e alla flessibilità della seta di ragno.
L’urgenza di una soluzione
Ogni anno vengono prodotte centinaia di milioni di tonnellate di plastica, la maggior parte delle quali non viene riciclata. La plastica PET, comunemente trovata nei contenitori per alimenti monouso, finisce spesso in discarica o nell’ambiente, dove può degradarsi in particelle microplastiche e finire nei posti più insospettabili, dalla verdura alla placenta materna, dalle nuvole al cuore umano. La produzione di nuova plastica non solo ha un’enorme impronta di carbonio ma contribuisce anche all’accumulo di rifiuti, e in moltissimi paesi non accenna a diminuire.
La nuova tecnologia RPI
I ricercatori dell’RPI hanno rivolto la loro attenzione ai batteri pseudomonas aeruginosa. Batteri naturalmente capaci di consumare polietilene. Attraverso l’editing genetico, questi microorganismi sono stati modificati per produrre un materiale simile alla seta, inserendo una sequenza di aminoacidi simili a una proteina trovata nella seta. Qui trovate lo studio completo.
Il processo utilizzato è paragonabile alla fermentazione utilizzata nella produzione della birra. In questo caso, anziché nutrire i microbi con zucchero, i ricercatori li alimentano con una forma “predigerita” di rifiuti di plastica, trasformandoli in un nuovo materiale.
Le potenzialità della seta biodegradabile
La scelta di iniziare con la seta è stata guidata dalle sue proprietà uniche: è forte, leggera e naturalmente biodegradabile. Questo materiale può funzionare in molti modi come la plastica a cui siamo abituati, con il vantaggio aggiunto di degradarsi naturalmente senza trattamenti speciali. La seta naturale ha già trovato applicazioni in diversi campi, ma il processo tradizionale di produzione non è sostenibile.
La possibilità di produrre seta dai rifiuti di plastica potrebbe permettere un uso più esteso di questo materiale in applicazioni dove ora si usa la plastica non riciclabile. Inoltre, l’uso dell’editing genetico apre la possibilità di personalizzare il materiale, ispirandosi ai diversi tipi di seta prodotti da vari tipi di ragni. Questa innovazione dimostra che è possibile affrontare il problema dei rifiuti plastici producendo materiali utili che non inquinano il pianeta a lungo termine.
Seta dalla plastica: prospettive future
Sebbene il progetto si trovi ancora nelle fasi iniziali, l’idea che i batteri possano trasformare i rifiuti di plastica in un materiale prezioso è dimostrata e vincente. Il team dell’RPI sta lavorando per rendere il processo più efficiente. L’obiettivo? Migliorare la resa della “seta batterica” in modo che la produzione possa diventare commercialmente fattibile.
L’approccio di base potrebbe trasformare il modo in cui pensiamo alla produzione di materiali, sostituendo i grandi impianti chimici con processi più naturali e sostenibili. Un passo importante verso un futuro in cui i materiali necessari per la nostra vita quotidiana vengono prodotti in modo sostenibile, senza compromettere la salute del nostro pianeta.
L’AUTORE
Gianluca Riccio, classe 1975, è direttore creativo di un’agenzia pubblicitaria, copywriter, giornalista e divulgatore. Fa parte della World Future Society, associazione internazionale di futurologia e di H+, Network dei Transumanisti Italiani. Dal 2006 dirige Futuroprossimo.it, una risorsa italiana sul futuro.