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È curioso questo strano strumento giuridico. Stiamo combattendo l’evasione fiscale, stiamo facendo accordi internazionali per fare sparire i paradisi fiscali. Poi manteniamo degli istituti giuridici che danno privilegi a pochi. Privilegi che non ha nessun negoziante o dipendente. Stiamo facendo la guerra allo IOR perché renda pubblici i propri conti, ma non nessuna guerra per sapere chi dà i soldi a una fondazione politica.
Filippo Barone
Il Passaparola di Filippo Barone
Salve a tutti, sono Filippo Barone, giornalista. Sono con voi perché parleremo di fondazioni politiche. Si tratta di fondazioni di diritto privato che esistono da sempre. L’istituto della fondazione, l’istituto giuridico, nasce con il concetto stesso di tutela di una eredità per il pubblico. Un esempio per tutti è la fondazione Nobel, quella che serve per amministrare il patrimonio di Nobel, utilizzato per assegnare l’omonimo premio.
La fondazione nasce con un principio semplice: quando una persona sa di dovere morire e desidera lasciare un patrimonio a beneficio della collettività futura, ci si è posti il problema di come fare sì che questo patrimonio non venga depauperato da eredi o da terzi. Allora si è creato un sistema che è tutto concentrato sulla difesa di quel patrimonio, una disciplina che serve a tutelare dei beni destinati a un determinato fine benefico.
Ora, come si sia arrivati dalle fondazioni di diritto privato alle fondazioni politiche è un tassello fondamentale. Nel 1997 la legge Bassanini, chiamata della semplificazione, ha cambiato il regime delle fondazioni.
Le fondazioni prevedevano un fortissimo regime di controllo, da parte addirittura del ministero dell’economia. Serviva un controllo preciso del patrimonio e di come veniva tutelato. Con la semplificazione, la fondazione perde questo regime di controlli. È più facile costituirle, anche con un patrimonio minimo e continua a non esserci una esigenza di pubblicità dei bilanci. L’unico controllo è che non venga depauperato questo patrimonio. Ma la cosa fondamentale è che la fondazione non si preoccupa dei capitali che arrivano all’interno, come istituto si preoccupa che non vengano sciupati quei soldi. Quindi il regime delle fondazioni non prevede i controlli su chi versa i soldi, e questa semplificazione, insieme a quella delle associazioni, ha fatto sì che accanto alle fondazioni tipiche legate a una eredità fiorissero delle fondazioni a ispirazione culturale o politica, sempre con fini umanitari. Una di quelle è proprio la Astrid, che è gestita dallo stesso Bassanini. Nascono con il fine di non produrre utili, come qualsiasi associazione non profit, però prendono il vestito della fondazione che invece deve tutelare un patrimonio.
Il combinato disposto ha fatto sì che da un lato abbiamo questi istituti che sono associazioni e organizzazioni legate squisitamente alla politica, dall’altro abbiamo un regime che è un vero e proprio paradiso fiscale, perché non esiste un controllo della Guardia di finanza non essendo obbligatorio un controllo da parte delle prefetture, se non del patrimonio. Il deposito del bilancio è facoltativo, mentre la redazione interna è obbligatoria. Sta alle fondazioni decidere cosa rendere pubblico.
Non so se ciò sia stato un mordente che ha portato tutti i politici a avere una fondazione, certo è che si tratta di una schermatura molto efficace sui finanziamenti ai politici. Non c’è un politico che sia obbligato a dire chi dà i soldi, quanto e come a una fondazione.
Non abbiamo fatto un conteggio, però grande parte dei parlamentari sono a capo di una fondazione. Alcune inchieste hanno mostrato come le fondazioni siano diventate la destinazione di finanziamenti da parte di imprese che avevano come unico obiettivo l’ottenimento di appalti. Questo non vuole dire che tutte le fondazioni siano macchiate di questo stesso aspetto, però resta comunque un fenomeno abbastanza curioso. Ci sono state inchieste che hanno coinvolto Finmeccanica, che curiosamente fa pubblicità sulle riviste di molte fondazioni e partecipa effettivamente a molte fondazioni. Stessa cosa fanno molte banche. È curioso questo strano strumento giuridico. Stiamo combattendo l’evasione fiscale, stiamo facendo accordi internazionali per fare sparire i paradisi fiscali, e poi manteniamo degli istituti giuridici che danno privilegi a alcuni. Privilegi che non ha nessun negoziante o dipendente. Stiamo facendo la guerra allo IOR perché renda pubblici i propri conti, però nessuna guerra per sapere chi dà i soldi a una fondazione politica.
Ho potuto raccogliere informazioni grazie al fatto che alcune aziende dichiarano i soldi che danno alle fondazioni per poter ottenere gli sgravi fiscali. Altra cosa interessante è che queste fondazioni senza fini di lucro possono partecipare a delle società di capitali. La fondazione Italiani Europei di D’Alema, ad esempio, è proprietaria per una percentuale di una srl. Ora queste srl invece hanno un bilancio e operano nel mercato come tutte le società e quindi si crea una stranezza, per cui da un lato ci sta una riserva sulle informazioni per queste fondazioni, però nulla vieta che queste agiscano nel mercato. Se non ci fosse l’obbligo di interferenza per le srl non sapremmo nulla neanche della fondazione Italiani Europei, o sapremmo comunque molto meno di quello che sappiamo.
Formuliamo una ipotesi positiva, che cioè la fondazione non venga utilizzata per riciclare denaro, per ottenere finanziamenti illeciti ai partiti, ma che serva solo per poter mostrare una capacità di influenza del politico, cioè io che dentro il partito devo sottostare alle regole del partito e il sistema elettorale fa sì che ci sia una piramide per cui io devo sottostare al vertice, per crearmi una nicchia di potere mi apro una fondazione e ti faccio vedere all’interno del partito quanti soldi riesco a beccare e quanta gente riesco a fare iscrivere o quanto riesco a essere influente.
Questa cosa in teoria non è negativa, perché è un modo per crearsi una sfera di influenza, se una fondazione diventa un polo di attrazione culturale, per cui i maggiori esperti e scrittori scrivono gratis nella rivista della fondazione, negli eventi proposti si creano platee. Vuole dire che quel politico ha dimostrato di avere un certo peso. Il problema è che quei finanziamenti possono essere rilevati oppure no. Il problema è che in una situazione di crisi economica vedere imprese che investono soldi non per fini pubblicitari reali, – i lettori delle riviste delle fondazioni si contano su una mano – ma soltanto per ottenere la simpatia dei politici in un sistema come quello italiano dove il lobbying non è curato legalmente, dove in teoria sfocia nel reato di corruzione o concussione, è una stortura.
L’impresa paga il parlamentare perché vuole che passi una legge e il parlamentare lo rivela, quindi io rischio di trovarmi una legge fatta ad hoc sul profilo di una lobby o di una singola impresa, ma non lo so, quindi mi ritrovo a accettare una legge che vale per tutti che è frutto di un compenso economico di una singola impresa. E questo non si può fare.
In America invece è disciplinata, lo sai, e puoi partecipare a modo tuo e fare la tua attività di lobbying. Quindi se io sono un consumatore, mi metto insieme a altri duemila consumatori, facciamo una colletta e ci paghiamo la legge fatta per noi. Stessa cosa per i pensionati. Può piacere o meno, ma almeno è trasparente. In Italia se una azienda paga una fondazione e ottiene una legge a proprio vantaggio è reato.
Non sono un avvocato o magistrato, però come cittadino non mi fa piacere.
Un esempio tanto discusso politicamente è la fondazione Vedrò, semplicemente perché è bipartisan, come questo governo. A capo c’è Letta, che è il Presidente del consiglio, ma c’è anche Alfano. Ci sono figure sia di destra che di sinistra. Quando altri hanno fatto inchieste sulle fondazioni, hanno aperto le porte e fatto vedere tutte le carte, senza sollevare un ciglio.
Ci sono altre fondazioni che ti chiudono il telefono in faccia, quella di D’Alema ad esempio, che è anch’essa una fondazione sulla quale c’è una guerra aperta da parte dell’informazione di ogni genere e tipo perché ostentano trasparenza ma poi rifiutano qualsiasi domanda.
Una fondazione che nasce in modo più trasparente, semplicemente perché è di origine americana è la Aspen Institute, che si professa come centro di potere, lobby che va al di sopra della politica e che raccoglie tutti. Fanno a gara per farvene parte. Ci sono anche giornalisti, amministratori delegati, politici e però in questo caso parliamo di un gruppo di interesse sovranazionale filoamericano. Si può provare o meno simpatia per gli americani, è una questione personale, però è trasparente, così come funziona negli Stati Uniti.
Essendo luoghi per pensare e fare cultura organizzano eventi, pubblicano riviste, organizzano gruppi di studio.
Non mi sembra di avere visto studi apprezzabili in quasi nessuna di queste fondazioni, salvo appunto quella che fa capo a D’Alema, che ha una struttura molto, molto ampia e può contare anche storicamente su grandi intelligenze, che quindi si prestano offrono materiali curiosi; così come Aspen Institute fa ricerche assolutamente apprezzabili.
Ma tolti i “big”, la maggior parte ha uno statuto ricco di buoni propositi e basta.
Le fondazioni non sono un male necessario, nel senso che possono trasformarsi in associazioni culturali. Se io e uno qualsiasi di voi decidessimo di fare la associazione del “Burraco” c’è una legislazione che lo prevede. Avremmo un obbligo di trasparenza di bilanci non vedo perché le fondazioni politiche non debbano darsi uno statuto analogo a quelle di qualsiasi altra associazione culturale!
E invece utilizzano un istituto giuridico che è proprio delle fondazioni patrimoniali che hanno tutta un’altra origine e logica.
Quindi la possibilità di inserire trasparenza nelle fondazioni non richiede neanche un grosso lavoro giuridico, basta cambiare la legge o assimilare le fondazioni politiche alle associazioni culturali e quindi permettere alla Guardia di finanza di entrare e chiedere le stesse documentazioni che vengono richieste alle associazioni culturali.
Tra l’altro le fondazioni politiche riescono pure a ottenere fonti pubblici, sono spiccioli: il cinque per mille.
Un’iniziativa che richiede uno sforzo di trasparenza non sarebbe sbagliata, soprattutto laddove si sta parlando di trasparenza e finanziamento ai partiti. In questo caso le fondazioni possono rappresentare un oggetto pericoloso, perché nel momento in cui dovessero diminuire i soldi dati ai partiti necessariamente questi si rifarebbero attraverso le fondazioni, quindi inserire da subito un elemento di trasparenza nelle fondazioni è una cosa che dal punto di vista parlamentare si può fare, basterebbe anche una iniziativa parlamentare per mantenere alta la attenzione.
Propongo a chi è dotato di buona volontà di attivare una petizione per introdurre dal punto di vista legislativo degli elementi di trasparenza all’istituto delle fondazioni politiche.
Passate parola.