di Luca Carabetta – C’è un settore in Italia che, nonostante la crisi energetica ed economica, è cresciuto di più del doppio in un solo anno. Si tratta degli investimenti nelle nostre startup innovative che hanno raggiunto 1.7 miliardi di euro nei primi nove mesi del 2022 per un totale di 250 operazioni.
Questi risultati sono il frutto di una decisa azione politica in questa direzione. Con la recente istituzione del Fondo Nazionale Innovazione – CDP Venture Capital, lo Stato Italiano è riuscito ad intervenire in qualità di leva strategica sugli investimenti. Gli ottimi risultati sono arrivati in pochi mesi e hanno convinto tutti, tanto che solo qualche giorno fa Dario Scannapieco, AD di Cassa Depositi e Prestiti, commentava così: “Il Venture Capital è elemento chiave della nostra strategia. L’Italia può recuperare il gap con il resto d’Europa”.
Già perché purtroppo l’Italia è arrivata in estremo ritardo rispetto ad altri Paesi Europei come Germania, Francia e persino la Spagna. Oggi stiamo accelerando ma anche questi paesi corrono. Basti pensare che proprio la Germania ha recentemente annunciato un piano da 30 miliardi per il sostegno del settore.
Questa situazione porta a una sorta di dumping nel mercato europeo poiché i nostri innovatori potrebbero cercare risorse per scalare sul mercato internazionale in ecosistemi più ricchi di opportunità, come d’altronde è avvenuto sino ad oggi.
Per colmare appieno questi gap occorrono poche ma cruciali iniziative come:
- la messa in campo di strumenti per attrarre dall’estero investitori, talenti e imprese innovative per aumentare la massa critica ed il livello di professionalità;
- una radicale semplificazione dell’attività di impresa, riducendo sia gli oneri economici che quelli burocratici specie per le piccole attività nei primi mesi di vita, con una spinta ulteriore per le imprese digitali. Ricordiamo come l’Italia sia il Paese europeo con il costo massimo di avvio di una nuova società. Ricordo come giusto un anno fa Parlamento e Governo discussero molto su questo punto, arrivando sostanzialmente a un nulla di fatto dopo aver ceduto a posizioni che non posso che definire di retroguardia da parte del Notariato;
- investimenti nella formazione e nell’imprenditorialità giovanile, incentivando i percorsi formativi nelle materie STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica).
Tutto questo senza dimenticare la questione fondamentale: una decisa volontà politica. Una startup non è “il ragazzo nel garage” ma è una nuova impresa che ambisce a diventare parte essenziale del nostro sistema produttivo che crea posti di lavoro altamente qualificati, in grado di portare il Made in Italy nel Mondo e di attrarre in Italia operatori esteri mantenendo elevata la competitività economica del Paese.
Oggi ci sono diverse imprese che sventolano la bandiera italiana sulla scena internazionale come la fintech Satispay che proprio nelle scorse settimane è diventata un “unicorno” avendo superato la valutazione di un miliardo di euro. Alcune altre startup italiane sono in corsa per raggiungere questo traguardo ma servirà un grande balzo in avanti per raggiungere il numero di unicorni di Germania (24), Francia (26) e Spagna (12), che, tra l’altro, ovviamente aumenterà nel tempo.
Scontiamo purtroppo un certo snobbismo verso settori così importanti. Parlare di transizione ecologica e digitale sino a qualche tempo fa era considerato tema da radicali ambientalisti o folli innovatori. Oggi in tutta Europa grazie al “Next Generation EU” troviamo ingenti capitali pubblici e privati proprio in questi ambiti. L’aver investito prima – come fatto correttamente da altri Paesi europei – avrebbe portato all’Italia un vantaggio competitivo non indifferente.
In linea con lo spirito europeo oggi si dovrebbe quindi incentrare la politica economica Italiana sulla creazione di opportunità per le nuove generazioni, con l’obiettivo di diventare un Paese attrattivo per i giovani talenti, in cui far nascere, crescere e scalare le proprie idee.
L’AUTORE
Luca Carabetta è consulente per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, già Deputato del MoVimento Cinque Stelle nella XVIII Legislatura e Coordinatore del Comitato Transizione Digitale del M5S.