La vicenda del Monte dei Paschi di Siena ha ormai i contorni tipici di un classico problema italiano: si crea per incapacità manageriale e si amplifica per incapacità e voracità politica.
Il bubbone di Siena è esploso nei giorni scorsi. In assemblea la Fondazione del MPS col 30% rappresentava la maggioranza degli azionisti. Grazie a ciò ha rinviato a giugno l’aumento di capitale da tre miliardi di euro entro gennaio proposto dal management e garantito da un consorzio di banche.
Il rinvio di sei mesi comporta una serie di conseguenze, è bene conoscerle per evitare il solito attendismo all’italiana foriero di disastri. Il rinvio dell’aumento significa il rinvio del rimborso dei tre miliardi e rotti di euro dei “Monti bond” concessi dallo Stato. Lo spostamento di data a giugno rischia di far saltare l’aumento se le condizioni di mercato, dopo le elezioni europee, saranno meno favorevoli di quelle attuali. Cosa probabile perché con il prossimo “stress test” che valuterà il rischio delle banche europee da parte della BCE, premessa per l’Unione Bancaria, molte banche faranno ricorso ad aumenti di capitale. MPS si troverà così in un periodo di forte affollamento di aumenti di capitale.
La futura difficoltà nel raccogliere capitali privati potrebbe spostare il problema sulle spalle dello Stato italiano aprendo la prospettiva di nazionalizzazione della banca. Ipotesi che, in sé, è positiva. Tale scenario però può non essere indolore. Nazionalizzare nel bel mezzo del processo dell’Unione Bancaria e della nuova disciplina di bail-in comporterebbe una probabile imposizione di perdite ad obbligazionisti e depositanti prima di un intervento dello Stato. Insomma, pagherebbe sempre Pantalone.
La Fondazione ha giustificato la sua scelta con il rischio che l’aumento venisse sottoscritto da investitori privati esteri, può essere… ma è probabile che adesso l’unica vera alternativa alla nazionalizzazione diventi la cessione di MPS ad una banca estera. Un rischio ancora più grande.
La morale di questa vicenda è che MPS diventi un agnello sacrificale chiesto dalla Germania all’Italia per dare l’esempio ai mercati come preda a quattro soldi per una delle sue banche, o come caso “cipriota” di salvataggio con i soldi dei depositanti e degli obbligazionisti.
A nulla è servita la lettera “segreta” di Draghi ad Almunia resa pubblica qualche settimana fa. Draghi chiedeva di non applicare il prossimo bail-in delle banche in difficoltà sulle spalle di correntisti e obbligazionisti. La Germania è, come sempre, andata dritta per la sua strada. MPS non può più aspettare. Va nazionalizzata senza perdere ulteriore tempo per garantire allo Stato il suo prestito e alla banca impieghi e depositi. Giugno potrebbe essere troppo tardi o trasformarsi in una beffa per i depositanti chiamati a salvare la banca distrutta dai partiti. A proposito, a che punto è l’inchiesta su MPS, in giro non si sente più nulla…
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