L’Italia ha perso la sua sovranità monetaria senza che i cittadini fossero interpellati. Nessuno ci ha spiegato i pro e i contro, i rischi e le opportunità e un eventuale piano B di uscita in caso di fallimento. Hanno espropriato gli italiani della loro moneta trattandoli da sudditi. Per questo motivo è necessario dare loro la parola con un referendum che, come spiegato nell’articolo che segue, è fattibile ed è legittimo. In alto i cuori!
“È con l’istituto tipico della democrazia diretta – il referendum – che i cittadini italiani, il 18 giugno 1989, sono stati chiamati a pronunciarsi sul potenziamento del ruolo dell’Europa, «affidando allo stesso Parlamento europeo il mandato di redigere un progetto di Costituzione europea da sottoporre direttamente alla ratifica degli organi competenti degli Stati membri della Comunità».
In altri termini, con la Legge Costituzionale 3 aprile 1989, n. 2, è stato formalmente indetto un referendum popolare di indirizzo, non meramente consultivo, attraverso il quale è stata richiesta la legittimazione popolare per il trasferimento di sovranità dallo Stato italiano all’Unione europea (allora Comunità).
Ecco dunque che, nel solco già tracciato, potrebbe tranquillamente essere indetto, con legge costituzionale, un nuovo referendum di indirizzo, per sottoporre ai cittadini italiani il seguente quesito: «Ritenete voi che si debba procedere all’uscita dell’Italia dall’utilizzo dell’EURO?».
La legge costituzionale istitutiva di un referendum di indirizzo ad hoc avrebbe il pregio di neutralizzare i possibili rischi derivanti da un referendum abrogativo ed, in particolare, dalle esplicite esclusioni previste dal vigente articolo 75 Cost.
In ogni caso, oltre all’aspetto formale, un referendum sulla permanenza del nostro Paese nell’area della moneta unica non farebbe altro che concretizzare il principio cardine del nostro regime democratico, solennemente sancito nel primo articolo della Carta Costituzionale repubblicana, secondo cui «La sovranità appartiene al popolo». Al popolo sovrano, dunque, la parola!”
M5S Senato