Il premio Nobel per la Medicina 2020 è stato assegnato a Harvey J. Alter, Michael Houghton e Charles M. Rice “per la loro scoperta del virus che causa l’epatite C”. Le loro ricerche resero possibile l’identificazione del virus dell’epatite C (HCV) cronica; prima di questa, la patologia causata dall’infezione da epatite C veniva definita “epatite non A non B” perché l’agente virale che la causava era sconosciuto.
Inizialmente la scoperta del virus ha permesso di sviluppare test diagnostici per l’infezione nel sangue molto sensibili per la sua identificazione, permettendo l’individuazione certa dei pazienti infettati, oltre ad identificare il virus nel sangue delle trasfusioni. Quest’ultimo, per molti anni, è stato il veicolo primario di infezione. Il test diagnostico ha permesso di avere sacche di sangue non contaminate che trasmettessero il virus a pazienti non a rischio riducendo di fatto in maniera importantissima la diffusione del virus attraverso questa via di trasmissione. Inoltre, la loro scoperta ha dato il via allo studio per identificare farmaci antivirali specifici contro HCV che in maniera poi prospettica hanno salvato milioni di vite. HCV causa una grave infiammazione del fegato che se non curata porta a cirrosi, epatocarcinoma e morte.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che ci sono ancora 71 milioni di persone cronicamente infettate e circa 400000 morti all’anno. Ciononostante, “Per la prima volta nella storia”, dichiara l’Assemblea della premiazione, “la malattia può ora essere curata, dandoci la speranza nell’eradicazione del virus dalla popolazione mondiale”.
Ripercorrendo la storia della scoperta di questo virus, le prime ricerche risalgono a metà degli anni ’70, quando Alter, direttore della sezione Malattie Infettive del Dipartimento di Medicina Trasfusionale presso il “National Institutes of Health” USA, insieme al suo team, dimostrò che la maggior parte dei casi di epatite post-trasfusione non erano riconducibili ai virus dell’epatite noti a quel tempo (A e B). Quindi il nuovo e sconosciuto virus venne chiamato per un decennio epatite non A non B (NANBH), finché nel 1987 Houghton e collaboratori alla Chiron Coorporation, sfruttando un approccio di clonazione molecolare per l’epoca molto innovativo, riuscirono a identificare il virus HCV, come un nuovo RNA virus della famiglia dei Flavivirdae e sviluppare un test per la rivelazione.
L’anno dopo, Alter confermò la presenza del nuovo virus in campioni da pazienti NANBH e, nel 1989, la scoperta di HCV fu pubblicata in due articoli sulla prestigiosa rivista Science da Houghton e Alter. (articolo 1 – articolo2)
Negli anni successivi, un team guidato da Rice, allora presso la Washington University di St. Louis, utilizzando tecniche di ingegneria genetica, si è occupato dello studio della porzione dell’RNA di HCV responsabile della replicazione virale e ha sperimentato nuovi metodi per la crescita e lo studio del virus, incluso un topo transgenico con un fegato umano che ha consentito i primi studi sulla replicazione dell’HCV e test di farmaci candidati in questo modello animale.
Riassumendo, la scoperta dei tre premiati con il Nobel per la Medicina ha permesso lo sviluppo di test che ora vengono regolarmente svolti sul sangue, in modo da evitare di usare sangue infetto per le trasfusioni e quindi fondamentale per la prevenzione. Inoltre, questo e contributi da parte di altri gruppi di ricerca sono stati fondamentali per lo sviluppo di farmaci antivirali mirati che ora vengono utilizzati per curare l’HCV. Le autorità sanitarie internazionali confidano che grazie alla diffusione sempre più capillare dei test, e alla disponibilità di un trattamento efficace per la cura dell’infezione da HCV, si possa in un futuro non troppo lontano eradicare l’epatite C.
L’assegnazione del premio Nobel per la medicina 2020 a questi tre ricercatori è un’ulteriore riconoscimento alla ricerca di base come strumento di fondamentale importanza per ottenere risultati e progressi scientifici che hanno un impatto epocale sulla sanità pubblica e in generale per il benessere della popolazione mondiale. L’approccio scientifico allo studio di problemi sanitari mondiali è l’unica via che ci assicura di poter superare situazioni critiche come quella che stiamo vivendo ora a causa della pandemia COVID-19, causata dal nuovo coronavirus SARS-CoV-2. Infatti, tutta la comunità scientifica mondiale sta lavorando e condividendo risultati in modo da poter rispondere nel modo più rapido ed efficace a questa pandemia senza precedenti.