di Beppe Grillo – A distanza di tempo torno ad occuparmi di rete di telecomunicazioni e banda ultra-larga, ovvero quell’autostrada su cui sfrecciano i dati di milioni di cittadini e non solo, dal momento che siamo costretti a registrare a distanza di anni il completo fallimento dell’esperimento “Open Fiber”, la società che avrebbe dovuto spingere la digitalizzazione e lo sviluppo della fibra in tutta Italia.
Le aree bianche, quelle su cui per intenderci nessuno voleva investire per dotarle di una rete all’altezza del resto del Paese, continuano ad essere arretrate come il terzo mondo, dal momento che Open Fiber, dopo essersi accaparrata bandi e relativi soldi pubblici, ha fallito miseramente registrando ritardi ormai incolmabili.
In tutta questa storia bisogna ricordare che nel nome del libero mercato il Governo Renzi aveva legittimato Enel, azienda completamente estranea al mercato delle tlc, ad investire insieme a cassa depositi e prestiti (che usa i soldi dei risparmiatori postali) nel nuovo operatore Open Fiber.
Il tutto per fare competizione agli altri principali operatori tradizionali, innescando quella che invece si è rivelata una spirale di investimenti in duplicazione che oggi sta generando uno spreco inaudito di risorse. Senza considerare il ruolo di “Giano bifronte” della stessa CdP, che da una parte è azionista di Telecom e dall’altro è azionista (addirittura al 50%) di Open Fiber che fa concorrenza proprio a Telecom, roba da paese schizofrenico quale solo l’Italia può essere.
In un paese in cui l’economia non decolla è fondamentale tenere alta l’attenzione agli investimenti, sia pubblici che privati, nell’ottica di evitare la dispersione di miliardi di euro necessaria a garantire occupazione, welfare ed efficienza nei servizi: quello che in questi anni il Movimento ha cercato di fare con la sua azione politica incontrando, come c’era da immaginare, non poche resistenze.
Questa attenzione è ancora più importante oggi, con il coronavirus che, oltre agli effetti sulla salute e sulla tenuta del nostro sistema ospedaliero, preannuncia una nuova crisi che metterà in ginocchio la nostra economia e quella di mezzo mondo.
Gli economisti danno già per scontato un ritorno alla recessione.
Anni fa, sempre parlando della rete delle telecomunicazioni, scrissi che non poteva esistere un vero mercato se chi possedeva la rete erogava anche i servizi (per intenderci Telecom). Arrivai alla conclusione che la rete dovesse rimanere in mani pubbliche o, almeno, essere soggetta al controllo dello Stato con una partecipazione rilevante.
Visto quello che è successo con Open Fiber che, tramite i suoi azionisti Enel e CdP (entrambe società controllate dal MEF), avrebbe dovuto realizzare questo obiettivo di azione pubblica sulla rete, mi sento di dire che il male minore, in questo momento difficile per il Paese, può essere quello di avere un’unica infrastruttura, anche privata ma aperta a tutti, purché sia in grado di fare gli investimenti necessari a colmare una volta per tutte il gap tecnologico che abbiamo rispetto agli altri.
Non si possono commettere altri errori e ulteriori ritardi. Serve prudenza e razionalità nell’allocare le risorse e le grandi corporate non possono pensare di creare due autostrade di fibra parallele che scorrono l’una affianco all’altra. Piuttosto investano quelle risorse per colmare la disoccupazione e i ritardi nell’innovazione. Altrimenti saremo tagliati fuori definitivamente dalle nuove opportunità che intelligenze artificiali e nuove tecnologie ci offriranno nei prossimi anni. Oltre ad essere auspicabile un solo soggetto economico che possa occuparsi delle infrastrutture di telecomunicazioni, credo che sia anche vantaggioso per il soggetto stesso. Non possiamo prescindere dal fatto che il futuro delle telecomunicazioni in Italia ci sarà solo se avremo un unico soggetto solido che abbia dentro 5G, rete mobile e fibra.
Oggi andrebbero messe in piedi tre iniziative per risolvere l’assurdo dualismo open fiber/Tim e a mio parere il perno è Cassa Depositi e Prestiti, che pur essendo un soggetto finanziario, avrebbe la capacità di scegliere un management all’altezza per arrivare ad una fusione in un soggetto unico.
Enel purtroppo non è compatibile con questo progetto, perché pretende di amministrare open fiber, comportandosi da “padre padrone” e non semplicemente da azionista.
- Cambiare subito l’amministratrice delegata di Open Fiber. Non all’altezza. E nominare una persona che inizi a lavorare alla fusione con Tim
- Fare entrare Cdp in Tim con un’ulteriore cifra del capitale che deve essere pari a quella di Bollorè (circa il 25%)
- Le azioni tim sono ai minimi storici (circa 0,38). Dalla posizione di forza di Cdp, proporre ai francesi di vendere. A quel punto avremmo la maggioranza di Tim per avviare la creazione di un’unica società integrata Rete Mobile, 5G, banda ultralarga. Evitando che due soggetti con partecipazioni statali si facciano la guerra.
Per questo progetto, il Ceo di Cdp Fabrizio Palermo, è pronto a spiegarne i dettagli?