di Michele Diomà – C’è stato un tempo lontano nel quale il cinema italiano aveva una sua precisa identità stilistica, che ispirava spesso cinematografie con budgets ben più ampi, era una Settima Arte con produttori pronti a non “rifare” film già visti, ma a “sperimentare” investendo in idee mai proposte prima sullo schermo ed accettando quello che gli imprenditori veri chiamano “rischio d’impresa”. In quello scenario storico, in quella Italia cinematografica dei primi anni ’50, trovò “terreno fertile” un giovane sceneggiatore, non un cinefilo puro, ma un artista destinato a creare un modo di fare film del tutto personale, si chiamava Federico Fellini.
In questi giorni, preparatevi, verremo sommersi dalle celebrazioni per il centenario di Fellini, che nasceva il 20 gennaio del 1920. Anche in questo caso, restando “fuori dal coro”, sarebbe utile ricordare il grande regista chiedendoci se oggi troverebbe modo di esprimere la sua creatività applicata al cinema. Ho provato ad immaginare cosa accadrebbe ad un “anonimo Fellini trentenne” nella Roma cinematografara contemporanea e l’analisi è stata “impietosa”, dato che nessuno produrrebbe un film “folle” come “Lo sceicco bianco” primo lungometraggio diretto unicamente da Federico Fellini.
Le ragioni?
Intanto perché un consiglio di amministrazione di una società di produzione cinematografica statale o privata “all’italiana” ovvero finanziata con fondi pubblici, chiederebbe “all’anonimo Fellini trentenne” una sceneggiatura canonica, cosa impossibile per il processo creativo che c’è dietro ogni film di Fellini, che costruiva le sue pellicole con disegni ed elementi non presenti in sceneggiatura, inoltre nessuno produrrebbe un film con attori “sconosciuti”, all’epoca Alberto Sordi, protagonista di “Lo sceicco bianco” non aveva popolarità sul grande schermo. A tutto questo si andrebbe ad aggiungere “l’ aggravante” che Fellini, come tutti i registi che hanno segnato la storia del cinema, non era disposto a barattare le proprie scelte artistiche in funzione di interessi “esterni” alla propria visione del film.
Ecco perché vedere un film di Federico Fellini oggi è come assistere ad un reperto archeologico di irripetibile bellezza, ma può essere anche una via per comprendere meglio l’attuale società italiana, nella quale non c’è spazio per la “maieutica del clown” , nel cinema, come in molti altri settori industriali.
Vi chiederete: “ma cos’è la maieutica del clown?”, è un modo di costruire le cose partendo dalla propria “fantasia”, da un personale spirito di osservazione e non da una reiterazione di opere già realizzate da altri, in tal senso si sono avvalsi di tale “clownesca maieutica” Albert Einstein, Adriano Olivetti, Pablo Picasso ed anche Federico Fellini.
E dunque per ricordare Fellini provando ad andare oltre la retorica del centenario della sua nascita, forse ciascuno di noi, nel proprio lavoro, dovrebbe riflettere sul fatto che le grandi innovazioni nella storia dell’umanità sono opera di “clowns ribelli” e per questo motivo andrebbero lasciati liberi di esprimersi, se così in passato non fosse stato oggi non avremmo neanche il cinema di Federico Fellini.