di Matteo Gracis – Le industrie che operano nel mondo della cannabis e in quello delle criptovalute hanno molte cose in comune: entrambe sono settori in forte espansione, entrambe soffrono di grandi vuoti normativi e ambedue hanno visto confluire al loro interno negli ultimi anni una grande mole di denaro.
Esistono circa duemila criptovalute ognuna delle quali presenta proprie caratteristiche peculiari che le distinguono l’una dalle altre ma per quanto riguarda il settore cannabis, ciò che più importa nel valutare la funzionalità delle cryptocurrency, concerne la quantità di transazioni al secondo elaborate dal proprio network, nonché la capacità pratica di fungere da strumento per il tracciamento del prodotto e della rivendita al dettaglio.
Le criptovalute offrono quindi all’industria della cannabis l’esclusivo vantaggio di poter essere utilizzate sia come mezzo di pagamento B2B-B2C sia come strumento per la tracciabilità c.d. seed to sale.
Nel panorama della cannabis abbiamo assistito di recente alla nascita di decine di cryptocurrency dai nomi più evocativi come potcoin, cannacoin, dopecoin, cannabiscoin, hempcoin, ecc tanto che a seguito di una semplice analisi di mercato, i token legati al settore cannabis risultano essere svariate decine, molti dei quali non sono mai stati listati su alcun exchange e attualmente nessuno di questi progetti raggiunge una significativa capitalizzazione di mercato.
I volumi di scambio ad oggi restano però molto limitati: nate con l’intento di promuovere la legalizzazione della cannabis e di facilitarne il commercio tramite l’utilizzo della propria moneta virtuale, si sono rivelate essere, almeno per il momento, solo discreti strumenti per criptospeculatori.
Resta il fatto innegabile che nonostante l’attuale impossibilità di questo settore di accesso al sistema bancario Statunitense tradizionale, dovuto a un persistente status d’illegalità a livello federale, il mercato della cannabis presenta ancora un ampio margine di crescita, tanto che le stime più prudenti dei professionisti accreditati negli USA prevedono una crescita del mercato stimato in 140 miliardi di dollari entro il 2027.
E’ bene inoltre ricordare che il settore delle criptovalute, tanto quanto quello del cannabusiness, attraggono imprenditori senza scrupoli, capaci di ammaliare piccoli investitori con promesse di guadagni mirabolanti che in moltissime occasioni si rivelano solo sirene nel mare.
Vi sono altresì numerose imprese e professionisti che intendono apportare un concreto contributo volto a eliminare gli ostacoli che i piccoli dispensari (negozi dedicati alla vendita di cannabis legale) e i grandi produttori si trovano ad affrontare nel quotidiano.
Negli USA sanno perfettamente come il mercato della vendita al dettaglio necessiti di grande velocità e semplicità nelle transazioni, tanto da aver innescato un nuovo trend nell’utilizzo di criptovalute già esistenti e consolidate che, in sinergia con società specializzate in pagamenti digitali e di software gestionali appositi per il settore, creano partenship efficienti e credibili per un nuovo slancio del reparto.
E’ questo il caso di imprese come la Alt36, società che unendo più tasselli di un mosaico sta aiutando i dispensari della California a non dover più utilizzare il denaro contante per il proprio commercio: con l’utilizzo della criptovaluta DASH, sta infatti affiancando i negozi nel difficile compito di eliminare il rischio di maneggio contanti nonché il problema relativo all’apertura di conti correnti presso gli istituti di credito.
Anche l’israeliana Virtual Crypto Technologies, già impegnata sul fronte della produzione del crypto ATM NeoBit, sta esplorando il settore cannabis, usufruendo del proprio know how nel mondo delle cryptocurrency ed implentandolo con altre società di pagamenti digitali.
Ma la novità più interessante di questa tecnologia è la possibilità di utilizzare le blockchain delle criptovalute per la tracciabilità dal seme al prodotto nonché per la registrazione di altre informazioni inerenti allo stesso.
Su questo fronte troviamo aziende come la Medicinal Genomics che utilizzando lo strumento (OP-RETURN) della rete Bitcoin sta tracciando la storia evolutiva delle genetiche di cannabis attraverso un rigoroso e scientifico metodo di classificazione ed etichettatura dei diversi genotipi che di volta in volta vengono sottoposti alla loro attenzione dai selezionatori di genetiche sparsi per il globo.
Sempre sul fronte della tracciabilità seed to sale, altro caso che merita attenzione è quello della società Paragon che sta lavorando per creare una blockchain di riferimento per il mercato del cannabusiness capace di offrire la massima trasparenza per quanto riguarda il processo di tracciamento del prodotto lungo tutta la filiera di produzione.
Inutile sottolineare quanto il “mondo crypto-cannabis” sia in fermento e in rapidissima evoluzione. Impossibile prevedere quale di questi progetti possa prevalere sugli altri, certo è che uno dei fattori determinanti è quello di riuscire a coinvolgere i più importanti operatori già presenti nel settore.
In tal senso una start up avvantaggiata potrebbe essere l’olandese Bitcanna, fondata dall’imprenditore Boy Ramsahai, già noto e molto attivo nel cannabusiness da oltre 20 anni.
Questo si presenta come un network decentralizzato dedicato ai pagamenti per la cannabis legale: tramite un proprio token (al momento in fase di ICO), la società con base ad Amsterdam ha avviato un’alleanza globale nota come BitCanna Alliance volta a creare un mercato chiuso e trasparente per la cannabis.
Attraverso la sicurezza e la tracciabilità dei pagamenti con il proprio token, la blockchain di Bitcanna si propone come la prima start up in grado di coinvolgere importanti banche semi europee e rivenditori on-line.
Ritengo da tempo che la riscoperta e la legalizzazione della cannabis a livello globale, siano fenomeni inarrestabili. Coloro che hanno la stessa convinzione riguardo criptovalute e blockchain, è forse il caso che inizino a pensare di investirci qualcosa (sempre naturalmente, con la massima prudenza possibile).