di Beppe Grillo – La shared economy forse ancora non è stata compresa appieno, deve essere questo il motivo. Altrimenti ne sentiremmo parlare spesso, forse tutti i giorni.
Molti la definiscono una propria e vera rivoluzione industriale. Forse la più importante.
Letteralmente significa “economia della condivisione”, ma il punto di svolta è il fatto che l’intero sistema su cui poggia è il privilegiare i veri bisogni dei consumatori. E non parlo dei bisogni inconsci o cose del genere, parlo di capire veramente di cosa hanno bisogno le persone.
Riutilizzare, condividere, non sprecare, anzi capire come fare le cose diversamente. Queste sono solo alcune delle parole chiave che mettono in moto un modello di economia circolare, che forse non ha capito davvero nessuno.
In questo contesto di certo la Shared Mobility si è guadagnata un posto di rilievo.
Forse perché Uber ha fatto più rumore di tante altre iniziative, ma tralasciando il fatto di essere pro o contro Uber, appare chiara una cosa: il mondo sta cambiando, sta andando in una direzione, e non è la nostra. Anzi sembriamo fermi, immobili. Dobbiamo fare qualcosa.
Quindi ecco come stanno le cose.
Le grandi città sembrano aver accolto a braccia aperte i nuovi metodi di spostamento. Roma e Milano hanno segnato un record dopo l’altro. Ad oggi ci sono in Italia più di 3,5 milioni di utenti registrati a vari servizi di mobilità condivisa, tra Car Sharing e Ride Sharing.
Molti non credevano che avrebbe funzionato.
Evidentemente la probabilità di trovare un veicolo disponibile è il motivo del successo di queste iniziative. Il metodo è molto semplice e si chiama “accesso libero”, o “free floating” in inglese, cioè il fatto di avere il veicolo disponibile in zone di parcheggio non predefinite e non sempre fisse, ma rintracciabili attraverso un’app. Che le metropoli italiane avessero problemi di traffico e di mobilità, non è un gran segreto. Ma molti avevano dubbi sulla tenuta economica dell’iniziativa. Pensavano che il malcostume italiano avrebbe alla fine avuto la meglio.
E invece i numeri ci raccontano uno scenario diverso.
Sicuramente la crisi ha aperto occhi e menti ad altre visioni del mondo, ma in ogni caso la rotta sarebbe stata da riscrivere, visto l’inquinamento e il traffico nelle grandi città. Traffico ormai insostenibile. Roma è la tredicesima città più trafficata al mondo. Quindi il fatto di non dover andare da un autonoleggio, scegliere la macchina che si vuole e prendere a noleggio per tutto il giorno o per più giorni, ha sicuramente colpito un mercato fermo e stantio da decenni.
Ora tutto è diverso.
Roma, per esempio, gode ormai di diversi sistemi di mobilità condivisa, automobili di varia tipologia, scooter, biciclette, ecc. Tutti sono disponibili ovunque e chiunque può facilmente usufruirne, basta un’app e una carta di credito.
Entrambi mezzi piuttosto comuni oggi.
Si prende il veicolo per mezz’ora o un’ora, mezza giornata o pochi minuti, insomma il tempo necessario e lo si può parcheggiare dove si vuole. Questa disponibilità immediata ha creato un interesse generale diffuso. Soprattutto nelle metropoli italiane in cui i mezzi pubblici non bastano mai.
Il successo di queste iniziative è sicuramente stato avvantaggiato dalla semplificazione dell’accesso e dell’utilizzo e, ovviamente, anche della presenza di un numero sufficiente di veicoli disponibili. Questo fenomeno è davvero molto importante. Negli ultimi 3-4 anni l’Italia è diventata la nazione in Europa assolutamente di riferimento del mondo del Car Sharing, risultato pressoché inaspettato.
Il secondo fenomeno altrettanto importante è quello del Ride sharing.
Letteralmente significa “condivisione di una corsa” e in Italia ci sono diversi operatori in questo ambito. Per spiegarlo semplicemente, pensiamo al caso in cui io vado al lavoro insieme ai miei colleghi o torno dal lavoro insieme ai miei colleghi, utilizzando una soluzione tecnologica che mi permetta di ridurre il numero di vetture utilizzate.
Capiamo che questo funziona non solo per chi lavora in una stessa azienda, ma per tutti quelli che si recano nella stessa zona. Prima, senza la tecnologia a supporto, sarebbe stato impossibile. Oggi basta un app e qualche click.
La tecnologia ha di nuovo cambiato tutto.
Ma probabilmente le soluzioni tecnologiche adatte a fare questo erano disponibili anche qualche anno fa, ma è l’uso sociale che se ne fa di queste, che permette il vero cambiamento. La tecnologia diviene alla fine sempre una commodity, quindi ha come funzione quella di semplificare alcuni processi, renderli più fruibili e più adatti ai diversi contesti.
Per cui non penso che l’evoluzione tecnologica sarà il più importante fattore di successo e di sviluppo di queste iniziative, ma sarà quella che ne garantirà la loro diffusione di massa.
Sarà allora che cambierà tutto.
Lo ripeto spesso perché mi sembra che nessuno abbia ben compreso il radicale cambiamento che è iniziato e che presto sarà visibile in modo da far capire a tutti che non si può tornare indietro.
Siamo di fronte a stili di vita totalmente diversi, che esigono e pretendono mondi diversi. Sono visioni che prediligono il risparmio, la ridistribuzione, favoriscono la socializzazione e la salvaguardia dell’ambiente.
Non è la shared economy che cambierà tutto, saremo noi, lo stiamo facendo noi, perché vogliamo un mondo diverso. Quando sarà chiaro a tutti, in quel momento, i mezzi di mobilità condivisa faranno il vero boom. Se non sapremo leggere i numerosi e manifesti segnali che ci stanno arrivando, sprecheremo l’ennesima opportunità di cambiare.
E sarà inutile dire chi aveva ragione.