Corriere della sera , Cronaca di Torino, Mercoledi 16 Maggio 2018
di Paola Pisano – Non mi è mai piaciuto l’uso del termine smart riferito a persone, oggetti e città. Mi affascina, invece, da sempre, la parola innovazione perché racchiude in sé tre concetti: ‘fare del nuovo’ ossia creare qualcosa di nuovo che prima non c’era; ‘rinnovare una cosa vecchia’ che spesso dà incredibile soddisfazione; e il terzo concetto, che in assoluto preferisco è “alterare l’ordine delle cose”. Chi innova vede un ordine tutto suo, mette in discussione il normale status quo della realtà che lo circonda e trova il modo per raggiungere quell’ordine che ha in mente. Ho studiato negli anni l’innovazione e insegnato ai miei studenti come si diventa innovatori e, la cosa che più li sorprende, è scoprire che non si parla di talento che si ha o non si ha, ma di “un’attitudine che si affina”, spesso addirittura in modo meccanico, entrando a contatto con ambienti diversi, mescolando esperienze e saperi spesso lontani, immaginando che mondi separati, addirittura opposti, possano parlarsi e contaminarsi.
Da qui che inizia il mio percorso nel comune di Torino: portare nella nostra città tutti gli ingredienti affinché si accenda il processo di creazione di una città innovativa fatta di nuovi modi di fare, nuovi ordini, nuove tecnologie ma, soprattutto, fatta di innovatori e innovatrici.
Questo progetto di innovazione si chiama Torino City Lab: Torino città laboratorio dove sperimentare in ogni area della città prodotti e servizi basati su tecnologie nuove, non ancora utilizzate, capaci di migliorare le nostre vite.
L’idea di base è semplice: ogni prodotto o servizio innovativo dimostra di essere valido durante il suo utilizzo in un ambiente reale. Se questo accade, un’idea può diventare un nuovo prodotto o servizio capace non solo di attrarre finanziamenti, creare occupazione, sviluppare competenze, ma anche di migliorare le nostre città e di conseguenza le nostre vite e perchè no, di aiutarci ad immaginare il futuro.
Per rendere reale questo progetto abbiamo creato all’interno dell’amministrazione un team di circa 6 persone che, analizzata la fattibilità delle proposte di innovazione, procede a rilasciare le autorizzazioni alla sperimentazione alle aziende nel minor tempo possibile grazie alla semplificazione delle procedure. A quanto detto si aggiunge un tassello fondamentale: i dati e le informazioni che la pubblica amministrazione può condividere con le aziende che validano e sviluppano innovazione nella città. Grazie a una forte infrastruttura tecnologica fatta di 4 piattaforme di raccolta e analisi e ad un team di analisti interno al comune, i dati vengono raccolti, analizzati e trasformati in informazioni potenzialmente utili alle aziende. Infine, con nuovi strumenti di partecipazione come la piattaforma DecidiTorino i torinesi verranno informati delle sperimentazioni, incoraggiati a testare i nuovi prodotti o servizi e a suggerire eventuali miglioramenti. Per riassumere: sperimentazione di tecnologie che producono servizi di frontiera, sostegno della città attraverso la semplificazione dei processi, il rilascio di autorizzazioni e la condivisione di informazione dati e, infine, il coinvolgimento dei cittadini per creare una vera economia dell’innovazione e una nuova esperienza di vita per i cittadini che vivono la nostra città.
E così grazie alla sperimentazione della tecnologia 5G abbiamo sviluppato percorsi turistici totalmente virtuali come le gallerie di Pietro Micca dove gli utenti rivivono la storia di Pietro Micca immersi nella realtà dell’epoca potendo camminare nelle gallerie anche da altre parti della città. I primi robot hanno servito cocktail ai giovani Torinesi nella calda estate dell’anno scorso e un pool di aziende con il Comune stanno definendo i primi use cases per la sperimentazione dell’auto autonoma e connessa.
Ma se in questo modello è ben chiaro cosa può fare la città per l’innovazione e le aziende che innovano, come amministratori non possiamo ignorare anche un’altra domanda: “che ricaduta ha la sperimentazione di innovazione di frontiera per la città e per i cittadini?
La risposta è semplice ma di difficile attuazione: con questo meccanismo si desidera risolvere due problemi indissolubili: l’immobilismo dell’economia, con conseguente diminuzione della produttività e dell’impiego, e l’esclusione sociale dovuta alla differenza tra settori arretrati e settori avanzati. Il legame tra l’immobilismo economico e esclusione sociale fa pensare ad una parabola che cresce lentamente fino al punto in cui la differenza tra settori arretrati e avanzati è così elevata che l’esclusione e la disuguaglianza hanno andamento esponenziale. L’attrazione di innovazione di frontiera nelle città potrà essere una delle policy di rilancio dell’economia e dell’inclusione? Noi crediamo di sì solo se oltre alla tecnologia di frontiera anche l’impatto sociale sarà la caratteristica distintiva di ogni innovazione sperimentata sul territorio.