Articolo di Alessandro Di Battista
“Contrariamente a quanto si possa pensare la Colombia è un Paese molto simile all’Italia. Ci sono mari e montagne, si insacca il maiale che è una meraviglia, le donne sono splendide e parte delle istituzioni scendono a patti con il crimine organizzato.
Intendiamoci, le trattative restano prodotti made in Italy, ci teniamo al marchio di origine, ma con la globalizzazione oramai si trovano dappertutto.
Nel 2001 senatori, sindaci, governatori della Colombia firmarono il Patto di Ralito con il quale si cercò di dare vita a un progetto di rifondazione del Paese, una sorta di versione caraibica del Piano di Rinascita Democratica di Gelli.
Oltre ai politici lo firmarono alcuni tra i capi del narco-paramilitarismo più potenti di allora. Lo firmò Diego Fernando Murillo, alias Don Berna, per anni padrone di Medellin e lo firmò Salvatore Mancuso un narcos amico della mafia calabrese.
Don Berna e Mancuso erano leader dell’AUC (Autodifese Unite della Colombia), un’organizzazione paramilitare che per anni terrorizzò la popolazione colombiana. Il fondatore dell’AUC, Carlos Castaño, è stato forse il criminale più influente in Colombia. L’AUC fu responsabile, in accordo con servizi segreti deviati, parte della polizia e dell’esercito, dell’annichilamento dell’Unione Patriottica, il partito di sinistra colombiano. Tra il 1985 e il 2002 migliaia di simpatizzanti dell’UP vennero ammazzati, squartati vivi, gettati a pezzi nel Rio Magdalena. L’AUC che si finanziava con i dollari della droga ma anche con donazioni di imprese private, nazionali e multinazionali, agì nella totale impunità. Anche questo fu frutto di un accordo: «Voi ci eliminate l’opposizione e noi vi lasciamo liberi di trafficare coca e armi». In Colombia c’è chi giura che fu Carlos Castaño a guidare il commando che uccise Pablo Escobar, il leggendario trafficante di droga. E’ soltanto un’ipotesi ma quel che è certo è che nei primi anni 90′, mentre in Italia le richieste dei corleonesi arrivavano a Roma, lo Stato Colombiano scendeva a patti con i cartelli rivali di Escobar e con Castaño per poter catturare il Patron del male! I fratelli Rodríguez, narcotrafficanti a capo del Cartello di Cali, contribuirono con importanti informazioni, Castaño ci mise uomini fidati, la CIA dollari e ingerenze, dall’Israele arrivò un’apparecchiatura per localizzare Escobar e lo Stato colombiano, ovviamente, diede loro qualcosa in cambio. Nel 93′ Escobar si tradì restando per troppo tempo al telefono con il figlio e venne ucciso mentre cercava di scappare saltando sui tetti di Medellin.
Tuttavia il traffico di droga non risentì affatto della morte del Patron.
Ma non sono le sole trattative a renderci simili ai colombiani. Anche in Colombia si ha paura di denunciare, anche in Colombia la magistratura libera subisce pressioni, anche in Colombia i giornalisti che inseguono la verità vengono minacciati. Anche in Colombia, gran parte della popolazione sembra anestetizzata, è così abituata alla prepotenza dell’illegalità da non pensare che esistano mondi differenti. Per distruggere la mentalità alternativa in Colombia si è investito in stragi, omicidi e sparizioni, da noi la scelta, per lo meno negli ultimi vent’anni, è ricaduta soprattutto sulle televisioni commerciali. Anche per questo e’ bene smetterla di dargli soldi!
Escobar è morto, i capi paramilitari sono stati estradati negli USA ma l’idea che con la violenza, gli illeciti e la furbizia si possa controllare il potere circola ancora indisturbata nel Paese. Un canale nazionale sta trasmettendo in questi giorni una fiction sulla vita di Escobar. In milioni restano incollati davanti alla TV. In un parco di Bogotá ho ascoltato un bimbo chiedere alla mamma: «Non ho capito, ma allora Escobar era buono o cattivo?». Escobar era un criminale, un criminale particolare, se vogliamo anche romantico, ma pur sempre un criminale. Non è più tempo di giustificare trattative, stragi e silenzi con la scusa della Ragion di Stato. Né in Italia e né in Colombia.
Un’ultima cosa ci rende simili ai colombiani: il coraggio. Nonostante i poteri forti siano forti per davvero c’è tanta gente che in Sicilia, come in Antioquia, lotta quotidianamente contro l’arroganza del crimine, contro la legge della savana, contro i sicari del potere e quelli della povertà. Ho intervistato giornalisti coraggiosi, giovani procuratori, studenti stanchi del fatalismo contornante. E’ proprio vero, come diceva De André, che dai diamanti non nasce niente e dal letame nascono i fiori.
Alessandro Di Battista (seguilo su Twitter)
Alessandro Di Battista è autore del libro “Sicari a 5 euro” di prossima pubblicazione.