Festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia il giorno 17 non mi sembra una buona idea. Vuol dire cercarsela. C’è gente che in quel giorno non prende decisioni, non fa acquisti, non esce neppure di casa, non si sposa, non parte. In alcuni edifici si passa dal 16esimo piano direttamente al 18esimo. Ci manca solo il gatto nero al centro del tricolore. Il 17 marzo è un giorno da prendere con le pinze.
180: Commodo diventa imperatore di Roma, il suo regno riscosse un tale successo che il Senato ed il popolo vollero che, alla morte, il cadavere fosse trascinato con un uncino e precipitato nel Tevere.
642: Prima vittoria in battaglia dei musulmani a Badr che precede il dilagare dell’Islam in tutto il Mediterraneo e in Spagna
1942: A Bergen-Belsen entra in funzione il primo campo di concentramento nazista, seguiranno altri con milioni di morti
1959: Tenzin Gyatso, il 14º Dalai Lama, deve fuggire dal Tibet
1981: Trovata la lista degli appartenenti alla P2 di Licio Gelli
1989: A Pavia, crolla la Torre civica dopo 800 anni, quattro morti e quindici feriti.
Mi si obietterà che non si poteva fare altrimenti perché proprio il 17 marzo Vittorio Emanuele II di Savoia veniva proclamato a Torino re d’Italia. Forse era meglio cambiare data con una più degna, il 2 giugno 1946, nascita della Repubblica Italiana, per esempio. Il 17 marzo 1861 si celebrò l’annessione al Regno di Sardegna di una parte d’Italia, non c’erano Roma e parte del Triveneto. Si celebrò la perdita di Nizza e Savoia, certamente più italiane del Sud Tirolo austriaco che occupammo in seguito. Si celebrò il massacro, che assunse le dimensioni di un genocidio, delle popolazioni del Sud. Insomma cosa c’è da celebrare? Nel 1861 non fu celebrata la nascita di uno Stato, ma l’estensione del dominio dei Savoia sul resto dell’Italia. L’articolo approvato dal Parlamento di Torino riportò infatti: “Vittorio Emanuele II assume per sé e per i suoi successori il titolo di re d’Italia“. In Piemonte non si parlava l’italiano, ma il francese. Un mondo a parte rispetto al resto della Penisola.
L’Italia arriva ai suoi 150 anni sfiancata, sfinita di corruzione e di mafie, divisa su tutto, con un partito secessionista al Governo, con il Parlamento ridotto a un suk, un presidente del Consiglio impresentabile. Il presente è figlio del nostro passato, molto poco glorioso, mai messo in discussione insieme ai suoi cosiddetti padri della Patria.
Il 17 facciamo pure festa, in fondo è l’inizio di un lungo fine settimana di primavera, un super ponte di quattro giorni, ma subito dopo osserviamo un minuto di silenzio.
Ps: Il 17 succede di tutto. Mi era sfuggito il 17 febbraio “Giornata della collera libica“, segnalato da mavalà. Segnalate tutti i 17 che conoscete.
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