Un problema sorge quando un essere vivente, motivato a raggiungere un obiettivo, non può farlo in forma automatica o meccanica, cioè mediante un’attività istintiva o attraverso un comportamento appreso.
E’ interessante applicare questo assioma al caso della mobilità elettrica: i comportamenti da tenere nel caso di ricarica elettrica di un veicolo elettrico non sono assimilabili a quanto appreso per il rifornimento di un veicolo convenzionale, anche solo perché il tempo necessario per una ricarica elettrica, circa un’ora, è notevolmente maggiore rispetto ad un rifornimento tradizionale, circa 5 minuti.
Ad aggravare il problema emergente si aggiunge la mancanza cronica di parcheggi nelle aree urbane. Il modello dominante nello sviluppo della rete di infrastruttura di ricarica privilegia la conversione delle aree di sosta pubbliche in piazzole dotate di colonnine di ricarica, quindi il numero di parcheggi disponibili per tutti tenderà fatalmente a diminuire.
Tutte queste limitazioni funzionali, aggiunte al costo della ricarica per km assimilabile al diesel, vengono percepiti come una reale limitazione alla libertà di spostamento, la cui reazione sta favorendo soluzioni di micromobilità che, dai monopattini alle e-bike, vengono vissute appunto come un recupero della libertà di movimento.
Gli operatori che gestiscono le infrastrutture di ricarica lamentano il problema di dover gestire chi, lasciando l’auto sul sito di ricarica per un tempo superiore alla ricarica stessa, ne impedisce l’utilizzo ad altri utenti, riducendo il fatturato potenziale della colonnina di ricarica.
Il problema è noto, le soluzioni deprimenti soprattutto se, come sembra, si conferma un approccio “compensativo”.
Enel X intende imporre una sorta di tariffa aggiuntiva a chi non lascia libera la piazzola di ricarica dopo 30 minuti terminata la ricarica stessa. Tale tariffa, che può arrivare a 10€/ora, confligge con due considerazioni di base:
- Le piazzole di ricarica sono parcheggi pubblici che Enel X (o altri operatori) hanno avuto dai Comuni per installare il servizio di ricarica. Il costo del “servizio” consiste nella remunerazione dell’energia + l’ammortamento dell’installazione + profitto dell’operatore. Ma in base a cosa viene applicata un extra costo di 10€/ora se non si lascia libera la piazzola? Quale sarebbe il servizio? Mica si può “multare” l’utente se non se ne va, è comunque uno spazio pubblico sul quale l’operatore non paga diritti di concessione nè tasse.
- Le colonnine attuali non sono altro che “prese in mezzo ad una strada”, non sono presidiate e non offrono alcun servizio aggiuntivo, neanche una pensilina per ripararsi dalla pioggia o un wc. Il tempo di ricarica medio è di un’ora, per cui l’utente, non avendo servizi a disposizione in loco, si deve comunque allontanare per sbrigare le sue faccende. Se per qualsiasi motivo non dovesse tornare in tempo alla fine della ricarica, sulla base di cosa si vuole penalizzarlo? Non gli si offre niente in termini di servizi, l’energia costa più del gasolio equivalente a percorrere gli stessi km ed in più deve pure andarsene di corsa appena finito!
Questo modello di business “paghi tanto, non ti offro niente e te ne devi andare di corsa!” inibisce pesantemente lo sviluppo della mobilità elettrica e favorisce fenomeni di rigetto.
A Roma un parcheggio costa 4€ in tariffa agevolata per 8 ore. Un impiegato può parcheggiare ed andare al lavoro spendendo 80€/mese. Lo stesso parcheggio, munito di colonnina di ricarica, costerebbe allo stesso impiegato che magari nel frattempo ha investito in un’auto elettrica, circa 1.600 €/mese. In alternativa, ricevuto l’alert da Enel X tramite app, può lasciare il posto di lavoro per recarsi con urgenza a parcheggiare l’auto altrove. Dove non è affare di Enel X. Sarebbe questo un modello incentivante alla mobilità sostenibile?
Gli operatori dovrebbero invece ragionare sul proporre qualcosa di “diverso e migliore” rispetto a quanto siamo abituati, ed educare gli utenti in tal senso.
Interpretare il veicolo elettrico come un mezzo di sostituzione rispetto all’auto convenzionale è riduttivo, bisognerebbe invece proporlo come una piattaforma tecnologica che, in simbiosi con una rete infrastrutturale adeguata, consenta una mobilità non solo intesa come spostamento spaziale ma nelle diverse dimensioni della vita quotidiana, dalla produttività personale del telelavoro al fitness, dalla convenienza economica dello scambio energetico al wellness. Gli operatori petroliferi, forti dell’esperienza “non oil” delle grandi stazioni di servizio pare ci stiano pensando, gli elettrici ancora no, sono ancora ancorati alla “bolletta”.
Eppure le soluzioni ci sono ed un modello esiste; è già in via di sperimentazione nel progetto europeo USER-CHI (innovative solution for USER centric CHarging Infrastructure). Ne abbiamo già parlato in questo blog il 13 Febbraio.
Attraverso questo progetto, che oltre Roma vede coinvolte altre grandi realtà metropolitane europee, si cerca appunto di sperimentare un modello di “stazione di servizio” progettata non soltanto per i veicoli elettrici, ma soprattutto per chi li utilizza, cioè le persone. Uno hub che ottimizzi il tempo di ricarica offrendo servizi reali alle persone.
Perché per le persone la risorsa principale è il tempo, non l’energia elettrica!