Immagine di Luis Harding
Il cielo di carta sopra alle nostre teste appare immutabile con i suoi colori. Nel suo minimizzare, occultare, sminuire ogni piccola o grande verità. Nella celebrazione quotidiana di vecchi arnesi della politica che vivono solo grazie a una ragnatela di interessi economici e mafiosi. Chi osserva il cielo lo trova rassicurante, come un’immagine sacra a cui affidare la propria serenità. Il dubbio che si tratti di una colossale farsa, di una messa in scena in cui spettatori e attori protagonisti devono necessariamente essere complici, talvolta assilla la mente di qualcuno, ma i giornali, le televisioni lo rassicurano. La mente vacilla di fronte all’ipotesi di un accordo che riguardi ogni giornale, ogni partito, ogni istituzione. Non possono avere TUTTI, o quasi tutti, torto. E quindi i dubbi si riavvolgono come un nastro, come succede a chi è colpito dal fenomeno della memoria immobile e dimentica continuamente ciò che vive. Disse Bunuel “Si deve incominciare a perdere la memoria, anche solo brandelli di ricordi, per capire che in essa consiste la nostra vita. La nostra memoria è la nostra coerenza, la nostra ragione, il nostro sentimento, persino il nostro agire. Senza di essa non siamo nulla“.
Nel Paese sotto il cielo di carta, i fatti, quelli squarci che fanno filtrare una luce all’improvviso diversa, sono negati. Il fatto, dopo la sua rivelazione, scompare sotto un diluvio di falsità e di insulti verso chi lo ha reso pubblico. L’enunciazione della verità produce isolamento sociale, scie di omicidi e di morti inspiegabili, l’affermazione del Potere delle Istituzioni e della loro inviolabilità. Chi sa spesso si ritrae e i più diventano servi, cani rabbiosi che attaccano, al di là di ogni decenza, il cambiamento. Ma questo, e lo sanno o lo presagiscono, non gli porterà alcun vantaggio. Il cielo di carta, questa Seconda Repubblica costruita su pilastri di sangue, come disse Ingroia, sta per cadere sopra le loro teste. Ci vediamo in Parlamento, sarà un piacere.