di Farida Nabourema – Sono un’attivista e vengo dal Togo. È un bellissimo paese situato nell’Africa occidentale. Ci sono alcuni fatti interessanti sul mio paese. Per esempio il Togo è governato dalla stessa famiglia da 51 anni, rendendoci la più antica autocrazia in Africa. Un record.
Ma c’è un altro record: siamo stati classificati tre volte come il paese più infelice della terra. Il bello però è che ogni volta che racconto tutto questo alle persone, quando parlo del Togo, la loro reazione è sempre: “come potete permettere una cosa simile per 51 anni?”
Chi vive in un paese libero, tende a supporre che, chi vive in una dittatura, in qualche modo tolleri l’oppressione o che si senta a proprio agio con essa. Mentre la democrazia è immaginata come una forma di governo illuminata. Così quelle persone che non vivono sotto la democrazia sono viste come persone intellettualmente, e forse anche moralmente, primitive.
Ma non è così. Il motivo per cui le persone hanno questa percezione ha a che fare con il modo in cui sono raccontate le nostre storie. Nel corso del mio attivismo, sono stata intervistata da tante agenzie di stampa. Di solito l’intervista iniziava sempre con: “Come sei diventata una attivista? Che cosa ti ha ispirato?”. E io rispondo: “Non sono stata ispirata. Sono stata attivata”. E poi: “Bene, cosa ti ha attivato?” Così proseguo su come mio padre fu arrestato quando avevo 13 anni e torturato. Ma la cosa che alla fine della giornata gli interessa di più è: Come è stato torturato? Per quanti giorni? Quante persone sono morte? Sono interessati all’abuso, all’omicidio, alla notizia sensazionalistica perché credono che otterrà attenzione. Ma in realtà, serve solo allo scopo dei dittatori. Li aiuta a pubblicizzare la loro crudeltà.
Nel 2011 ho fondato un movimento chiamato “Faure Must Go”, perché Faure è il nome del nostro presidente. Quando ho iniziato, ho fatto un video e ho detto: “Faure Gnassingbé, ti do 60 giorni per dimetterti da presidente, se non lo fai, tutti i giovani del Togo si organizzeranno e ti batteranno. Hai ucciso oltre 500 dei nostri connazionali per impadronirti del potere quando tuo padre è morto. Noi non ti abbiamo scelto. Sei un impostore e ti rimuoveremo”. Ma ero l’unico volto noto del movimento. Perché? Perché ero l’unica stupida. Così la mia famiglia ha iniziato a ricevere minacce. I miei fratelli mi hanno chiamato una mattina e mi hanno detto che se fossero venuti per uccidermi, non volevano morire con me. Così mi dissero di andarmene. E ho dovuto farlo.
Negli ultimi nove anni, ho lavorato per aiutare ogni singolo cittadino togolese a capire che, in quanto cittadini, abbiamo il potere, siamo il capo e noi decidiamo. Ho ricevuto molte minacce, molti abusi, psicologicamente. Una delle primissime azioni del nostro movimento Faure Must Go è stata quella di presentare una petizione, chiedendo ai cittadini di firmare in modo da poter chiedere nuove elezioni, come consentito dalla costituzione. Però le persone avevano paura di mettere i loro nomi, perché non volevano mettersi nei guai. Ma una donna di 60 anni, ha preso la petizione, è andata a casa e da sola ha raccolto oltre 1.000 firme. Questo mi ha ispirato tanto, se una sessantenne, che non ha più nulla da guadagnare in un nuovo regime, può fare questo per noi giovani, allora perché dovrei smettere?
Sono le storie di resistenza, le storie di sfida, le storie di resilienza, che ispirano le persone a mettersi in gioco, non le storie di abusi, uccisioni e ferite, perché come esseri umani è naturale essere spaventati.
Vorrei condividere con voi alcune caratteristiche delle dittature, in modo che possiate valutare il vostro paese e vedere se anche voi correte il rischio di unirvi a noi. La cosa numero uno da guardare è se c’è concentrazione di potere. Il potere nel tuo paese è concentrato nelle mani di pochi, un’élite? Può essere un’élite politica, un’élite ideologica. Il secondo punto è la propaganda. I dittatori si nutrono di propaganda. A loro piace dare l’impressione di essere i salvatori di un paese che senza di loro cadrà a pezzi. Per farlo inventano un nemico, di solito straniero. I cristiani, gli ebrei, i musulmani, i sacerdoti voodoo, gli alieni, i comunisti, questo genere di cose. Il nostro presidente, in particolare, combatte i pirati. L’anno scorso ha comprato una barca da 13 milioni di dollari per combattere i pirati e il 60% della nostra gente muore di fame. E questo porta al terzo punto: la militarizzazione. I dittatori sopravvivono istigando alla paura e usano i militari per sopprimere le voci dissidenti, anche se provano a dare l’impressione che i militari debbano proteggere la nazione.
È importante riconoscere la libertà che hai oggi, perché alcune persone hanno dovuto dare la vita per averla. Quindi non darla per scontato. Ma allo stesso tempo, devi anche sapere che nessun paese e nessun popolo sono immuni alla dittatura. Nemmeno il tuo.