“Cosa posso darti?” chiede il barista. “Ho bisogno di qualcosa per rilassarmi”, dice il robot. Quindi il barista gli serve un cacciavite. Non esattamente una battutona ma nemmeno poi così male, se pensiamo che ad averla inventata è stato un robot.
Come può l’Intelligenza Artificiale (AI) raccontare barzellette? All’università di Edimburgo, il computer twitta una battuta al giorno. Sono i primi giorni per il computer per la creazione di battute e molte frasi hanno un non so che di umoristico.
Il problema è che non solo non esiste una teoria computazionale accettata dell’umorismo, non esiste una singola teoria accettata dell’umorismo, nonostante gli sforzi nel corso dei secoli da parte di Platone, Aristotele e Freud.
Stando così le cose, come possiamo iniziare a istruire i computer sull’arte dell’umorismo?
I computer possono battere i campioni del mondo in giochi complessi come gli scacchi o trovare soluzioni in enormi serie di dati, eseguire calcoli di massa, persino riconoscere volti tra la folla. Ma tali imprese si svolgono all’interno di una macchina con accesso limitato al mondo esterno, in particolare per quanto riguarda la conoscenza e i sentimenti. È un sistema chiuso.
L’umorismo è l’ultima frontiera su cui si stanno cimentando i ricercatori. Fare uno scherzo o dire una battuta usando sarcasmo, tempismo, ironia, richiede consapevolezza sociale e una base di conoscenza piuttosto ampia. L’umorismo è un’attività altamente creativa, che richiede una mente brillante, che può capovolgere situazioni, minando luoghi comuni e toccando svariati argomenti.
Facciamo un esempio di una battuta “umana”: La persona che ha inventato il batacchio ha ricevuto un premio No Bell.
Semplice no? La battuta implica la conoscescenza del premio Nobel e che cos’è un batacchio, nonché l’accostamento di parole con suoni simili, ovvero la paronomasia. Questa conoscenza dovrebbe o essere programmata in un computer – programmazione di tutto lo scibile del mondo – oppure il computer dovrebbe scansionare il Web abbastanza bene da comprendere il linguaggio umano in tutta la sua complessità, tra cui metafore, ironie, sarcasmo, giochi di parole, controsensi, equivoci.
I ricercatori per ora, visto l’immenso lavoro, preferiscono limitarsi a ipotesi di battute ben definite. Come spiega Julia Taylor Rayz, ricercatrice di umorismo al Purdue Polytechnic Institute di West Lafayette: “Ci sono due aspetti dell’umorismo su cui ci stiamo concentrando: i computer che generano barzellette e i computer che riconoscono barzellette.”
Il primo passo è istruire il computer con un database di battute in modo che impari a creare battute proprie. Il prossimo passo è molto più impegnativo: lasciando che il computer impari dagli esempi. Questo è il modo in cui funzionano le reti neurali artificiali. La macchina potrà mai imparare a capire che ha fatto uno scherzo o sapere il momento giusto per entrare in una conversazione e fare un’arguta osservazione?
Per insegnare ai suoi computer l’umorismo, Rayz ha raccolto un gran numero di battute, tra cui alcune dal sito Web “111 Knock Knock Jokes”, (tipiche battute del toc toc, chi è?) quindi le ha raggruppate per creare modelli per dimostrare come funziona il gioco di parole, per associazione. Rayz è “interessata a cercare schemi nell’umorismo”. Separa diversi tipi di battute e li mette alla prova per vedere come le persone reagiscono. “Non è necessario disporre di una grande quantità di dati” per questo, dice. Molto è già stato pubblicato, il che significa che ora può confrontare le battute generate dal computer con le battute della vita reale e studiarle.
Oggi il campo dell’umorismo computazionale sta fiorendo con conferenze dedicate all’umorismo e sessioni alle riunioni dell’IA.
Se comunicheremo con le macchine in modo piacevole, un giorno dovranno sviluppare per forza un senso dell’umorismo simile a quello che possiedono gli umani…alcuni!