di Giovanni De Palma – Daryl Davis, musicista afroamericano, è riuscito ad “infiltrarsi” nel Ku Klux Klan, uno dei più spietati clan di suprematisti bianchi ancora oggi attivo negli Stati Uniti.
Ma come è riuscito Davis ad entrare nelle vite dei vari adepti di questa setta che disprezzano i neri e li ritengono inferiori, addirittura divenendo il miglior amico dell’allora leader del KKK Robert Kelly e partecipando ai comizi della confraternita incappucciata?
Semplice: con il dialogo. Davis ha dimostrato che la paura verso qualcosa o qualcuno nasce per la mancanza di conoscenza di quel qualcosa o qualcuno. “Piantando il seme del dialogo” (come ama ricordare lui stesso), Davis è riuscito a far mollare la setta razzista a ben 200 adepti, che adesso non odiano né disprezzano più le persone semplicemente per il colore della loro pelle, l’orientamento sessuale o il proprio credo.
La potenza incredibile del dialogo dimostrata con i fatti da un uomo coraggioso; una storia straordinaria, che tutti dovrebbero conoscere. Gli insegnanti dovrebbero proiettare i video dei suoi speech nelle scuole e i politici dovrebbero diffondere il messaggio potentissimo che vale più di mille persone inginocchiate che mostrano il pugno o di scritte, anche elefantiche, presenti in varie città che recitano lo slogan “Black lives matters”.
Davis ha ricevuto moltissime critiche all’inizio, quando divenne d’un tratto il miglior amico del “Grand Dragon” Robert Kelly, fino ad essere invitato a casa sua e alle manifestazioni del clan. Questo perché chi ragiona con un sistema dualistico fatto di dicotomie contrapposte (buono/cattivo, bianco/nero) non poteva comprendere ciò che Davis stava realmente realizzando. Attraverso le sue domande, i suoi commenti e le sue osservazioni rivolte a Kelly aveva instillato in lui il dubbio su quei preconcetti razziali e razzisti, sradicandoli pian piano, giorno dopo giorno, domanda dopo domanda. A seguito di quella “conversione”, a cui ne seguirono tante altre (secondo Davis stesso circa 40-60 persone sono state convinte direttamente da lui a lasciare il KKK e ben 200 indirettamente), Davis è divenuto un vero e proprio punto di riferimento per l’antirazzismo negli Stati Uniti. Questo perché la sua lotta al razzismo è portata avanti con i fatti e soprattutto con un concetto fondamentale di base: l’incontro tra “diversi” e la conoscenza dell'”altro”.
La vera arma che abbiamo contro il razzismo è quella che ci consente di arrivare alla conoscenza dell’altro: il dialogo. Perciò, usiamola e smettiamo di avere paura di ciò che semplicemente non conosciamo.
L’AUTORE
Giovanni De Palma, laureato in Lingue, lettere e culture comparate (inglese e giapponese); e in Relazioni e Istituzioni dell’Asia e dell’Africa con focus sul Giappone (con tesi sulla strategia di sicurezza nazionale del Giappone di Abe); Master SIOI in Studi Diplomatici e Politici. Iamatologo e Orientalista. Si occupa di comunicazione social e political advisoring.