
All’interno dell’intestino umano si trova un ecosistema complesso composto da migliaia di specie microbiche che svolgono funzioni vitali per la salute. Questi batteri aiutano a digerire fibre, carboidrati e proteine difficili da metabolizzare, producono vitamine del gruppo B e acidi grassi a catena corta che contrastano l’infiammazione, sostengono il sistema immunitario e regolano il metabolismo. Un microbioma diversificato è stato associato a minore incidenza di obesità, diabete di tipo 2, sindrome dell’intestino irritabile, complicanze post-operatorie, infezioni respiratorie, disturbi cognitivi e sintomi depressivi.
L’industria dei probiotici sfrutta questi legami e su scala globale sta crescendo rapidamente. Nel 2023 il mercato mondiale ha raggiunto circa 87,7 miliardi di dollari. Le proiezioni stimano un’espansione fino a 220 miliardi entro il 2030, con una crescita annua media del 14 %.
Nel 2024 in Europa il valore del mercato dei probiotici è stato stimato intorno ai 23,3 miliardi di dollari. L’e-commerce nel settore degli integratori ha segnato un incremento del 20 % annuo in otto Paesi dell’Unione Europea, con un fatturato pari a circa 142 milioni di euro nel 2023.
L’Italia rappresenta il primo mercato europeo per consumo di probiotici. Il settore ha raggiunto i 560 milioni di euro nel 2021 e ha continuato a crescere con un tasso del 5 % annuo. Nel 2024 ha superato 1 miliardo di dollari. Le stime parlano di un mercato che nel 2032 potrebbe toccare 1,73 miliardi. Una proiezione alternativa fissa il valore a 610 milioni entro il 2030. Il 41 % della popolazione italiana consuma regolarmente probiotici alimentari o integratori. L’89 % conosce il concetto di culture vive. Il 62 % è in grado di definire cosa siano i probiotici se ne viene informato.
L’efficacia di questi prodotti è molto variabile. Non essendo considerati farmaci, i probiotici non sono soggetti a studi clinici obbligatori. Alcuni prodotti non contengono quantità sufficienti di batteri vivi. Altri non sopravvivono all’ambiente acido dello stomaco. L’effetto dipende anche dalla composizione del microbioma individuale. Per orientare i consumatori, università e centri di ricerca in Canada, Regno Unito e Stati Uniti hanno sviluppato strumenti come The Probiotic Guide, app gratuite che raccolgono e confrontano le evidenze scientifiche disponibili per ogni prodotto. Non esistono strumenti analoghi per i prebiotici.
Gli studi indicano che la varietà microbica ha effetti che vanno oltre la sfera intestinale. Un lavoro pubblicato nel 2023 sulla rivista Brain ha mostrato che il trapianto del microbioma di pazienti affetti da Alzheimer in ratti da laboratorio ha provocato nei roditori un peggioramento delle funzioni cognitive. È stata osservata una correlazione tra depressione e ridotta varietà microbica intestinale. In modelli animali si è visto che una riduzione drastica del microbioma espone a un rischio maggiore di polmonite e influenza. Una popolazione batterica ricca sembra avere anche un ruolo protettivo contro agenti patogeni, competendo con essi per nutrienti e spazio.
Dal punto di vista della sicurezza, l’assunzione di probiotici non presenta rischi significativi. Non sono stati segnalati casi di sovradosaggio. Un uso eccessivo di prebiotici può causare disturbi temporanei come la produzione di gas. Un effetto collaterale contenuto, descritto dai ricercatori come più fastidioso che pericoloso.
La dieta rimane il fattore più incisivo sul microbioma. Gli alimenti ricchi di fibre e amido resistente alla digestione favoriscono la crescita dei batteri benefici. Frutta fresca, verdura, legumi e noci rappresentano il nutrimento ideale per il microbiota intestinale. Gli alimenti fermentati come yogurt, crauti e kombucha introducono direttamente microrganismi utili come il Lactobacillus. Ridurre il ricorso a terapie antibiotiche inutili aiuta a preservare l’equilibrio della flora intestinale.
I probiotici possono avere un’utilità concreta in situazioni precise, come dopo una terapia antibiotica o in presenza di disturbi gastrointestinali specifici. Al di fuori di questi contesti, il beneficio è incerto. I dati disponibili non giustificano un uso generalizzato. La scelta del prodotto andrebbe sempre guidata da informazioni affidabili e aggiornate. Non è possibile migliorare il microbioma semplicemente assumendo una compressa senza intervenire sulla qualità dell’alimentazione e sulle abitudini quotidiane. Servono più studi clinici indipendenti, maggior trasparenza sulle formulazioni commerciali, strumenti accessibili per distinguere tra ciò che è utile e ciò che è solo pubblicità.