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Mario Ciaccia, vice ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, ha avuto un’idea geniale grazie all’esperienza maturata come magistrato della Corte dei Conti (che in questi anni ha visto il debito pubblico salire a 1976 miliardi di euro senza battere ciglio). L’idea è defiscalizzare in parte le Grandi Opere per rilanciare l’economia. Neppure Tremorti osò tanto. Ha detto proprio “Così possono decollare quei progetti che oggi non sono bancabili“. Bancabili? In altre parole progetti insostenibili dal punto di vista economico. E quali sarebbero questi progetti in perdita prima di cominciare? Quelle infrastrutture di cui il Paese ha disperatamente bisogno? La Gronda? La Tav in Val di Susa? Un rilancio del Ponte di Messina? Tutte infrastrutture realizzate con il meccanismo del project financing. In sostanza, in caso di mancato ritorno economico, si consente alle imprese di scaricare i costi delle cosiddette Grandi Opere sullo Stato. Inoltre, di solito le imprese sono finanziate da banche compiacenti. Ciaccia, che ha un senso dell’umorismo britannico, ha proclamato “Penso ad una sterilizzazione totale dell’Iva con un impatto di 5-6 punti di Pil e la creazione di centinaia di posti di lavoro“. La Confindustria di Stato ha applaudito senza freni. Più PIL e Pilu per tutti. La prima Grande Opera che dovrebbe far ripartire il Paese è la fondamentale Orte-Mestre (mai più senza), di 10 miliardi di euro, per interconnettersi con il corridoio transeuropeo n. 5 Lisbona-Kiev. Poi di autostrada in tunnel, in sopraelevate e ponti, scavi e raccordi, tangenziali e triple corsie, di cui nessuno sente il bisogno, dovrebbero essere investiti 300 miliardi di euro in 7 anni. Defiscalizzati. E il cui costo finale graverà quasi sicuramente per intero sulle spalle degli italiani.
Il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi ha detto in preda a un orgasmo: ”Puntare in modo deciso sull’utilizzo della fiscalità come leva per favorire gli investimenti in infrastrutture è una scelta che Confindustria condivide pienamente (e ci credo, ndr)”. Queste opere di grande non hanno nulla e soprattutto di utile. Faranno aumentare il debito pubblico e arretrare l’Italia. Se il Governo dispone di risorse finanziarie diminuisca le imposte sulle imprese (in particolare le piccole e medie imprese), elimini l’Irap, non richieda l’anticipo dell’IVA, renda deducibili i costi dei progetti di ricerca e restituisca alle imprese i 120 miliardi di cui è debitore. Questo serve per far ripartire l’economia. Forse Rigor Montis non lo sa, e neppure l’ovetto kinder Passera, ma nella pancia delle imprese che hanno finora sviluppato infrastrutture con il meccanismo parassitario del project financing ci sono 150/200 miliardi di euro che potrebbero essere scaricati sul debito pubblico a breve e a medio termine. La via dell’inferno è lastricata di infrastrutture inutili a carico del contribuente. Ci vediamo in Parlamento. Sarà un piacere.