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Non ha senso parlare di clima senza parlare di disuguaglianze

beppegrillo.it - Febbraio 7, 2023

Ridurre le disuguaglianze non è solo un problema di equità, è un problema di efficienza nella lotta ai cambiamenti climatici. E’ questo il tema del Climate Inequality Report 2023 redatto dagli economisti del World Inequality Lab, co-diretto dall’influente economista Thomas Piketty.

Nel rapporto, recentemente pubblicato, emerge che “I modelli di consumo e investimento di un gruppo relativamente piccolo della popolazione contribuiscono direttamente o indirettamente in modo sproporzionato ai gas serra”, scrivono gli autori del documento. “Sebbene le disuguaglianze nelle emissioni tra i paesi rimangano considerevoli, la disuguaglianza complessiva nelle emissioni globali è ora spiegata principalmente dalle disuguaglianze all’interno dei Paesi secondo alcuni indicatori”.

Secondo gli studiosi, il 10% più ricco del pianeta contribuisce per quasi la metà (48%) alle emissioni di gas serra. La metà più povera partecipa solo al 12% di queste emissioni. Quanto all’1% più ricco, è responsabile di quasi il 17% delle emissioni annuali. “Questi numeri implicano che le emissioni totali di carbonio da parte del top 1% superano ampiamente le emissioni dell’intera metà inferiore della popolazione mondiale. Per dirla in modo più drastico, le scelte di consumo e di investimento di una frazione della popolazione stanno causando un danno ecologico significativamente maggiore rispetto all’intera metà inferiore della popolazione mondiale messa insieme”.

Mentre le disuguaglianze storiche tra i paesi rimangono significative (l’impronta di carbonio media di un americano rimane circa dieci volte superiore a quella di un indiano), il rapporto sottolinea che le disuguaglianze si stanno ampliando anche all’interno dei paesi, a seconda delle diverse classi di reddito. L’impronta di carbonio del 10% più ricco del Nord America (la più alta al mondo, con 69 tonnellate di CO2 equivalente per persona all’anno), è quasi sei volte superiore a quella del 50% più povero di questa regione (10 tonnellate di CO2 ). Anche in Europa il divario è significativo: 29,4 tonnellate per il 10% più ricco, 5 tonnellate per il 50% più povero.

L’impronta di carbonio dovrebbe essere ridotta a 1,9 tonnellate per persona nel 2050 per mantenere la speranza di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C entro la fine del secolo.

Tuttavia, se la maggior parte delle emissioni di gas serra sono generate dai più ricchi, i più poveri, meno responsabili, rimangono i più colpiti dal cambiamento climatico; la metà più povera della popolazione mondiale subisce il 75% delle perdite di reddito legate agli impatti del cambiamento climatico.

“Il nostro rapporto mostra che esiste una tripla crisi delle disuguaglianze climatiche – disuguaglianze nelle emissioni, perdite causate dal riscaldamento globale e capacità di agire – e che la ricchezza globale contribuisce troppo poco alla soluzione della crisi climatica ”, ha riassunto per Le Monde l’economista Lucas Chancel, co-direttore del World Inequality Lab “ L’idea non è quella di incolpare i ricchi o assolvere i poveri. Si tratta di capire meglio quali gruppi saranno i vincitori e i perdenti della transizione energetica, per accelerarla ”.

Nel loro rapporto, gli autori chiedono una revisione della tassazione globale, in particolare tassando i più ricchi, al fine di risolvere due problemi: accelerare la lotta al cambiamento climatico e ridurre la povertà.

Vengono presentate due versioni di una tassazione degli “ultra-ricchi”. La più “leggera” riguarderebbe solo lo 0,001% più ricco, con una tassazione del patrimonio all’aliquota dell’1,5% (aliquota che aumenterebbe per i patrimoni più consistenti). Quanto basta per raccogliere 295 miliardi di dollari l’anno.

Il secondo regime proposto consisterebbe nel tassare beni da un patrimonio netto di 5 milioni di dollari. Lo 0,1% più ricco della popolazione mondiale sarebbe quindi colpito. Il che porterebbe a 1,1 trilioni di dollari. Abbinati a una tassa sul trasporto aereo (che raccoglierebbe da 132 a 392 miliardi di dollari), questi nuovi prelievi permetterebbero, a livello globale, di avvicinarsi al fabbisogno finanziario dei Paesi in via di sviluppo (1.800 miliardi, nel 2030).

A questo link è possibile scaricare il rapporto completo, in Pdf

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