di Pasquale Stigliani – E’ stato approvato da poco in Parlamento un nuovo decreto legge sull’energia. L’ennesimo provvedimento su un settore strategico, di rilevanza nazionale, e nel quale si conservano una parte consistente delle rendite economiche del nostro Paese.
Il provvedimento promosso dal Governo Meloni, contrariamente dal suo titolo, anziché promuovere la decarbonizzazione, la riduzione dei consumi energetici, colpire gli extraprofitti delle fossili, favorisce per l’ennesima volta un modello energetico centralizzato ed alimentato dai combustibili fossili che ferisce i beni comuni e gli interessi collettivi. Infatti, anche questa volta il prezzo sarà sostenuto non solo tra i cittadini e le imprese, che pagheranno in bolletta il costo delle garanzie necessarie alla copertura per gli investimenti degli operatori del gas, ma anche dall’ambiente e dalla salute, i quali subiranno gli impatti delle nuove trivellazioni e di altri 2 rigassificatori, in un periodo storico in cui i consumi di gas sono crollati del 10%. A peggiorare il quadro, anche altre iniziative di contorno presenti nel provvedimento che favoriscono lo sviluppo di termovalorizzatori in Sicilia, dello stoccaggio della Co2 nell’Adriatico, tecnologia di dubbia efficacia, e degli impianti bioliquidi.
Iniziative che legano ancor di più le mani e i piedi del nostro Paese, già fortemente dipendente dagli approvvigionamenti energetici dei Paesi esterni. Che ci espongono ad ulteriori rischi, indebolendo la sicurezza energetica e la competitività del comparto produttivo nazionale, aumentando le disuguaglianze sociali e i cittadini in povertà energetica.
Si compromette così il cammino europeo per la transizione giusta, l’unica scelta possibile capace di accompagnarci verso l’autonomia energetica.
Decisioni che non trovano ragione davanti ai gravi accadimenti che hanno comportato la guerra in Ucraina, in Medio Oriente ed il conflitto nel Canale di Suez, anche questo strategico per le fonti fossili: da quel braccio di mare passano infatti quasi il 5% del greggio mondiale, il 10% dei prodotti petroliferi e l’8% dei flussi marittimi di gas naturale liquefatto (GNL). I dati italiani sono ancora più netti: secondo FederPetroli, circa il 27% dell’import italiano di greggio e il 34% del GNL transitano dall’area interessata dal conflitto.
Nel Rapporto “Crisi del Mar Rosso: militari a tutela delle fonti fossili”, Greenpeace denuncia che dal 2021 circa il 64% della spesa per le missioni militari italiane è legato alla difesa di asset e rotte del petrolio e del gas.
La realtà mostra palesemente quanto la politica energetica nazionale e globale sia ancora fortemente influenzata da pressioni esterne. Dai poteri conservatori di un modello energetico che alimenta e garantisce rendite nel rispetto di antiche regole di formazione dei prezzi dell’energia, che mettono a rischio gli interessi economici nazionali.
Enrico Mattei lo aveva già capito. Era consapevole che per cambiare le regole del gioco bisognava perseguire, l’autonomia energetica. Solo in tal modo poteva essere riconosciuta al nostro Paese la condizione di indipendenza politica nelle scelte economiche utili per il progresso e la prosperità collettività.
La propaganda del premier Meloni sul Piano Mattei e le scelte energetiche del Governo non collimano certo con la visione di Mattei, che oggi, avrebbe saputo cogliere questo momento storico innovando l’ENI (la più importante società di Stato che qualcuno vorrebbe svendere). L’avrebbe profondamente trasformata per farla diventare campione della transizione energetica, nella decarbonizzazione dei processi industriali e fuori dalle fossili.
Perseguire l’autonomia energetica attraverso la transizione fa bene alle tasche della collettività:
- a novembre, il costo dell’energia nella borsa elettrica si è ridotto di un 9,3% rispetto ad ottobre sotto la spinta di un deciso incremento della produzione rinnovabile, salita di oltre il 12% grazie a un rimbalzo di idroelettrico ed eolico, che hanno sottratto ampie fette di mercato al gas;
- ENEA stima che gli interventi di efficientamento energetico nel 2022 hanno generato un risparmio record di 3 miliardi di euro nella fattura energetica nazionale. Se fossero contabilizzati anche gli impianti fotovoltaici e gli accumuli installati con il Superbonus il risparmio generato in bolletta sarebbe intorno a 4 miliardi. Benefici che saranno alimentai per molti anni di vita utile delle tecnologie impiegate.
Risparmi che drenano non pochi profitti alle compagnie che operano nel settore dell’Oil & Gas.
La transizione energetica comporterebbe sicuramente anche minori costi necessari per la ricostruzione dei territori colpiti dagli eccezionali eventi alluvionali, le cui cause principali sono riconoscibili anche nei cambiamenti climatici che qualcuno del Governo ancora ignora. Forse dovrebbe approfondire “The global costs of extreme weather that are attributable to climate change”, pubblicato sulla rivista Nature, secondo la quale gli eventi estremi come alluvioni, tempeste, ondate di calore, siccità e incendi in Italia hanno causato negli ultimi dieci anni danni per 35 miliardi di dollari.
La costruzione di un modello energetico autonomo e sostenibile contribuirebbe concretamente anche al superamento dei conflitti ponendo basi solide per la costruzione della pace. Una scelta che il Governo italiano non vuole percorrere. E’ impegnato invece a prepara missioni militari per fare scorta di gas e petrolio, senza preoccuparsi né dell’emergenza climatica in corso né dei rischi geopolitici in gioco come segnalato anche dalla BCE.
Infatti, contrariamente anche a quanto chiede l’Europa oggi, nel decreto energia sono scarse le misure presenti sulle rinnovabili e sulla riduzione dei consumi. Fortunatamente, si è evitato il peggio con la decisione di abrogare la tassa sulla produzione di energia rinnovabile, come hanno fortemente voluto i gruppi di opposizione sostenuti dagli operatori di settore. Ma non si è ancora intervenuti con decisione sulla semplificazione dei processi autorizzativi delle rinnovabili, vero freno allo sviluppo della transizione.
Per il 2023 si stima di raggiungere circa i 6 GW di installato da fonti rinnovabili. Nell’anno 2022 abbiamo installato circa 3 GW. Buona parte di questi impianti sono stati realizzati grazie al Superbonus che la maggioranza continua a demonizzare (nonostante solo per gli interventi del 2022 saranno risparmiati in bolletta 2 miliardi di euro).
Con queste performance siamo ancora lontani dall’essere sulla buona strada. Rispetto a quello che gli altri Stati europei stanno facendo siamo dei dilettanti. Eppure abbiamo le capacità professionali e imprenditoriali per tenere il passo. Per metterci in linea con il target 2030 dovremmo installare 10-12 GW di fonti rinnovabili: forse non è un caso che sulla proposta di aggiornamento del PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima), la Commissione europea ci ha inviato ben 25 raccomandazioni alle quali ancora il Governo non ha fornito ancora risposta.
Ancora una volta non si ascolta il grido delle nuove generazioni che da anni, in forme diverse, portano nelle piazze, su strade e monumenti. Ci chiedono di agire ora per il cambiamento con riforme significative e strutturali capaci di innovare il nostro modello energetico.
In attesa di risposte, tra un nuovo record di incremento della temperatura del Pianeta ed un altro, possiamo ugualmente renderci protagonisti del cambiamento energetico. Cambiamo subito fornitore di energia, sostituite il fornitore di energia con chi vi garantisce una fornitura pulita di energia rinnovabile. Sui territori, partendo dal basso, partecipiamo con i cittadini, le imprese, gli enti locali e le pubbliche amministrazioni nella creazione delle Comunità Energetiche Rinnovabili. Non serve molto. Basta volerlo!
L’AUTORE
Pasquale Stigliani – Laureato in Scienze Politiche all’Università di Bari e Masterizzato RIDEF al Politecnico di Milano e IUAV di Venezia. Esperto di politiche energetiche e sviluppo locale ha lavorato in ISES ITALIA ed ASSOSOLARE. Dal 2013 è stato collaboratore del Senatore Gianni Girotto, già Presidente della Commissione Industria. Attualmente collabora con l’Onorevole Enrico Cappelletti, membro della X Commissione Industria alla Camera.