
Oggi, 14 aprile, Meta ha annunciato ufficialmente che inizierà ad addestrare i suoi modelli di intelligenza artificiale generativa utilizzando i contenuti pubblici condivisi dagli utenti adulti sulle sue piattaforme nell’Unione Europea, Facebook e Instagram. Non solo: userà anche le interazioni con Meta AI, il chatbot recentemente sbarcato in Europa tramite Messenger, Instagram e WhatsApp.
La promessa è che i messaggi privati resteranno fuori e che i dati degli under 18 non saranno toccati. Agli utenti adulti verrà inviata una notifica con la possibilità di opporsi, tramite un modulo apparentemente semplice e accessibile. Ma sappiamo bene come funzionano queste “scelte”: pochi cliccano, pochissimi leggono. E così, giorno dopo giorno, pezzi della nostra vita digitale vengono assorbiti, elaborati, usati per addestrare tecnologie sempre più potenti. Da cui poi dipendiamo. Meta si dice “dispiaciuta” per aver dovuto aspettare quasi un anno prima di poter iniziare questo processo. Il motivo? Un quadro normativo europeo considerato troppo complesso. Ma alla fine, come sempre, la montagna si è mossa, e oggi Meta può iniziare a costruire la sua IA europea… con i dati degli europei. GRATIS!
In cambio, ci promette un’IA più “rilevante” per le lingue e le culture europee. Come se fosse un favore. Come se non fosse una nuova estrazione di valore, di conoscenza, di risorse invisibili. Perché oggi i dati non sono solo numeri: sono il capitale su cui si costruisce il potere. E mentre negli Stati Uniti si fanno profitti, e in Cina si sviluppano alternative nazionali, in Europa siamo ancora qui a discutere se un modulo è conforme al GDPR.
Serve svegliarci. Ne avevamo parlato pochi giorni fa in questo articolo sull’importanza dei nostri dati e sulla possibile strategia da attuare alla risposta dei dazi di Trump.
Vogliamo restare una colonia digitale o vogliamo tornare ad avere il controllo? Oggi più che mai, la risposta non è solo tecnica, è politica, culturale e soprattutto democratica.