“Ci sedemmo dalla parte del torto, visto che tutti gli altri posti erano occupati“. Bertold Brecht.
Io mi siedo dalla parte del torto.
I piloti sono la causa di tutti i mali d’Italia, prima erano gli zingari, poi gli abitanti di Chiaiano, quindi i vicentini che non vogliono nuove basi miltari americane, dopodichè gli abitanti della Val di Susa, infine gli insegnanti. Ora piloti, hostess, steward sono il cancro che non ci fa volare.
I media sono il bastone del potere. Hanno il compito che una volta era del boia. I politici invece sono una categoria a parte. Super partes. Continuano a fare il c…o che gli pare. Ad aumentarsi lo stipendio. Ad avere doppi incarichi e doppi stipendi. A sfuggire alla legge. A non timbrare il cartellino in Parlamento. Chiedete allo psiconano o a Fassino quante volte hanno marcato presenza in questa legislatura. Nessuno può licenziarli. Ormai si assumono da soli. Si fanno le liste chiuse senza voti di preferenza. Mogli, amiche, sodali, condannati. Sei persone hanno eletto i parlamentari, non gli italiani. Non siamo più in democrazia.
Il blog ha intervistato Paolo Maras, segretario del sindacato SDL, che rappresenta, insieme ad altre sigle, piloti e assistenti di volo. Dice cose molto interessanti che gli italiani non sanno. Per esempio che solo 12.600 dei 24.000 lavoratori Alitalia e Air One saranno assunti. 11.400 perderanno il posto di lavoro, saranno licenziati, cassintegrati. Disoccupati. Ma Air France non doveva tagliare solo 2.000 posti?
Il progetto di CAI è finanziario, secondo Madras, senza conoscenza del trasporto aereo, e riferisce che Rocco Sabelli, amministratore delegato di CAI, accolse i rappresentanti Alitalia con queste parole durante il primo incontro: “Quello di cui abbiamo bisogno è il miglior materiale umano al minor costo“. Loro non molleranno mai (ma gli conviene?), noi neppure.
Testo:
Alitalia esisterà ancora a lungo perché questa procedura avrà tempi lunghissimi, ben più lunghi di quelli che ha avuto la Parmalat perché è di una complessità straordinaria. Sostanzialmente con un atto che è stato poi sancito col DL 134 col quale s’è stabilito che Alitalia era in una situazione di commissariamento per stato di insolvenza, certificata dal giudice il 5 settembre e da quel momento è partita la vicenda che si sta consumando in questi giorni con la costituzione della CAI, come soggetto nuovo, candidato a prendere il ruolo di riferimento della compagnia nazionale. A nostro avviso questo procedimento è stato avviato soprattutto perché andava confermato il ruolo di salvatore della patria di Alitalia proposta dal presidente Berlusconi, che aveva individuato in una cordata italiana l’elemento salvifico per riportare la compagnia agli splendori di un tempo.
E’ un’operazione costruita attraverso la raccolta puntuale di una serie di soggetti che hanno risposto alla chiamata, la situazione di commissariamento dava già l’imminenza di una fine, tra l’altro di responsabilità costantemente rilanciata da soggetti istituzionali che ripetevano ogni giorno che Alitalia era chiusa, danneggiando enormemente l’attività stessa della compagnia perché è chiaro che in questo modo si disincentivava la scelta di Alitalia come vettore, nei confronti di chi parte che, a sua volta, vuole essere certo di poter tornare, creando condizioni di allarme, e allo stesso tempo drammatizzando la situazione dei lavoratori. Quando abbiamo avuto i primi rapporti con la CAI nei primi giorni di settembre, abbiamo capito con chi avevamo a che fare. Ovverosia con una compagnia che diceva di candidarsi per fare questo lavoro con atteggiamento di chiusura quasi immediato nel senso che gli obiettivi dichiarati erano quelli di avere una compagnia, secondo le dichiarazioni dell’ad Sabelli, tanto brutta come effetti quanto brutta a sentirsi dire.
La dichiarazione ufficiale è stata: “quello di cui abbiamo bisogno è il miglior materiale umano al minor costo”. Questa affermazione la dice lunga sull’approccio da parte di chi probabilmente venendo dal mondo dell’industria, trattandosi di servizi complessi rivolti a passeggeri per i quali si offre, per certi versi, un servizio di carattere immateriale, la componente umana è fondamentale e altrettanto il rapporto che si ha con i dipendenti che sono poi la componente terminale di contatto tra la clientela e la compagnia. In questo lasso di tempo si sono consumate tutta una serie di trattative nominali, nel senso che si è capito che l’atteggiamento della CAI era quello di portare a casa un risultato precostituito, dove spazio per tutele, per diritti, per mantenimento di condizioni contrattuali accettabili, non sto parlando di condizioni straordinarie, non avev a spazio.
Abbiamo chiuso a Palazzo Chigi il primo accordo, faticosissimo, che rappresentava la chiusura di tutti gli elementi contrattuali che dovevano rappresentare il furuto di CAI per tutti i dipendenti, e si è poi avviata, come previsto, una fase di confronto con le organizzazioni sindacali e direttamente con la CAI, che doveva servire a definirne, in modo scritto, i contenuti. La trascrizione dei contenuti di quello che era stato condiviso. La CAI non ha fatto nulla di tutto ciò, la trattativa non è stata tale, il confronto si è sviluppato in modo completamente asfittico e perciò abbiamo capito che CAI ha avuto intenzione di disattendere fin da subito quanto concordato. Questo ha creato una condizione di estremo disagio e tensione tra i lavoratori, dove bisogna unire alle violazione del discorso di Palazzo Chigi, anche una condizione, che va detta perché va capita.
Quello che CAI offre, lo ricordo la questione non riguarda soltanto Alitalia ma anche il gruppo Air One, la somma dei lavoratori è di circa 24 mila, di cui 21 mila a tempo indeterminato e tremila precari. Ebbene, il risultato finale dell’operazione di cui la CAI si vanta come soggetto che crea posti di lavoro, ne crea 12.600. In termini assoluti vuol dire che ci sono circa 11 mila e spicci di persone, che nell’ordine: non hanno nessuna prospettiva di futuro, per quello che riguarda tutto il personale precario; una enorme massa di persone non rientrerà nei piani di assunzione, e quindi gli si preannuncia un lungo periodo di cassa integrazione in una situazione già aggravata dalla recessione che si è scatenata, e quindi in una situazione di mercato completamente chiuso per quello che riguarda il lavoro.
A questo quadro di per sé già drammatico, va aggiunto il fatto che CAI si è permessa di rifiutare, la chiamo un’offerta che poi spiego, una disponibilità che il sindacato aveva offerto in questi termini: il sindacato aveva chiesto di procedere ad assunzioni part time che avrebbe consentito da parte del lavoratore assunto la disponibilità di guadagnare meno e di assumere più persone, distribuendo i sacrifici in modo solidale, in modo da mettere in condizioni anche altri lavoratori di disporre di un posto di lavoro. Debbo dire che mentre si parla tanto di assistenza, di cassa integrazione, strumenti di ammortizzatore sociale, questo aspetto avrebbe avuto un diretto interesse per ciò che riguarda il contributo a carico di tutti gli italiani. Perché? Perché se c’è un lavoratore in più che viene assunto a part time è un lavoratore in meno che beneficia dell’assistenza in cassa integrazione e di fondi speciali. Quindi questa scelta avrebbe avuto un effetto benefico anche nei confronti della spesa pubblica. Tant’è vero che noi crediamo che su questo aspetto la grave difficoltà non è tanto della CAI, ma del governo, che in particolare, sotto questo profilo, ha dimostrato ancora una volta che evidentemente è ancora la CAI che detta le condizioni. E il governo lascia fare, perché è evidente che la situazione che si è creata va al di là delle regole per ragioni di opportunità e di convenienza.
Veniamo ai giorni nostri: noi il 31 ottobre scorso non abbiamo sottoscritto gli accordi che ci sono stati presentati perché completamente difformi da quanto concordato. Debbo ricordare che solo due giorni prima tutte le sigle sindacali, di fronte alla proposta di Sabelli di sottoscrivere, hanno dichiarato inaccettabili quei contenuti, è bastato soltanto un giorno e alla convocazione a Palazzo Chigi del 31 ottobre Cgil Cisl e Uil e Ugl hanno sottoscritto quelle intese, mentre Ampac, Unione piloti, Sdl intercategoriale, Ampad e Avia, che sono sigle fortemente rappresentative non soltanto dei piloti, ma anche degli assistenti di vol o e del personale di terra, hanno ritenuto quelle intese inaccettabili per i motivi che dicevo poc’anzi. E’ chiaro che si è sviluppato un movimento di grande tensione fra i lavoratori, abbiamo avviato delle mobilitazioni e delle consultazioni tra i lavoratori e tra le assemblee a un rispetto rigido dei comportamenti e delle procedure, perché noi crediamo sia una battaglia che va al di là della semplice vertenza Alitalia. Crediamo che si stia tentando di mettere in piedi una sorta di blocco sociale. Una sorta di santa alleanza, dove all’interno ci sono i poteri forti rappresentati da: governo, Confindustria e organizzazioni sindacali complici, così come le ha definite Sacconi, lui in termini positivi, per noi, chiaramente, definire un sindacato complice non è positivo, e dall’altra parte la cancellazione anche di diritti, da parte di organizzazioni sindacali fortemente rappresentative ma non allineate. Questo è un tema che, molto probabilmente , vedremo riproporsi in mille altre vertenze che ormai in questo paese ci sono, e che riguardano l’intero mondo del lavoro.
La precettazione è un fatto scontato. Non è un caso che, come quando ieri è stato proposto uno sciopero immediato da parte di un comitato, noi abbiamo ritenuto opportuno dire ai lavoratori che quella era una scelta sbagliata. Si può uscire da questa situazione soltanto con la massima unità possibile di tutti i lavoratori, a prescindere dalla categoria sindacale di appartenenza, e una massima unità delle sigle rappresentative. Quello di ieri è stato uno sciopero dichiarato da un’assemblea di 200 persone, su 18 mila dipendenti, tra l’altro anche il risultato della votazione avrebbe dovuto suggerire una valutazione attenta poché quando una proposta del genere viene votata da 200 persone, delle quali 110 votano si e 90 votano no, vuol dire che si sta facendo una forzatura priva di senso.
Quando si parla con questa leggerezza della soluzione del problema Alitalia, non si fa altro che tacere su quelli che sono effettivamente i disastri che questo processo genererà. Con un’aggravante! Sarebbe uguale se dall’altra parte si potesse dire di aver creato le condizioni di una grande compagnia forte, efficace, presente sul mercato, nell’interesse anche del paese. Noi siamo convinti che questo sia un progetto asfittico, tutto finanziario, con una conoscenza del know how del trasporto aereo assolutamente residuale, tant’è vero che al di fuori di auspicate e, a questo punto, arrivi di partner esteri veri, parlo di grandi compagnie di trasporto aereo competenti, forse potrà portare un grande beneficio da un punto di vista manageriale e di risultati. Purtroppo, per i numeri che vediamo e per come è impostata la partita, crediamo che non solo non ci sia futuro per gli espulsi, ma coloro che rimarranno dentro avranno vita grama.” Paolo Maras, segretario SDL Trasporto
venerdì 14 novembre invito tutti i milanesi ad andare in ufficio e a scuola in bicicletta. E’ il mezzo più veloce, pulito e economico. Chi va in bicletta non dipende dal prezzo del petrolio o dai disservizi dei mezzi pubblici. La bicicletta è rivoluzionaria. Io ci sarò a Milano nel primo pomeriggio con la mia bicicletta e i miei potenti garretti. No alle macchine inquinanti a pagamento. No alle leucemie infantili. Si all’aria pulita e alla libertà di muoversi senza rischiare di essere investiti. Quanti assessori o consiglieri comunali milanesi vanno in ufficio in bicicletta? Se ci fosse qualcuno lo aspetto per farmi da Cicerone. Beppe Grillo <<