La vittoria nel referendum contro il nucleare (97,13%) in Sardegna è solo l’antipasto. Il 12 e il 13 giugno bisogna seppellire il nucleare per sempre. Passate parola.
“Faccio parte di quel quasi 60% di sardi che fra il 15 e 16 maggio sono andati a mettere una croce sul SI contro il nucleare. Sono una di quelli che ha passato la settimana precedente al referendum a informare quante più persone possibile, e a convincerle che sì, era solo un referendum consultivo, ma con quel referendum avevamo l’enorme responsabilità di dare uno scossone all’Italia, di dire a tutta l’Italia “riprendiamoci la nostra terra, non lasciamola in mano a questi vecchi che cercano di lucrarci su”. Sono fra quei sardi che lunedì sera si sono sentiti profondamente orgogliosi dei propri conterranei, e fiduciosi nel fatto che la rivoluzione parte dal basso, che il giorno dopo se ne sarebbe parlato, che avevamo innescato una bomba che sarebbe senz’altro esplosa. Sono fra quei sardi che martedì mattina hanno avuto la conferma che i “giornalai” non possono saper cambiare mestiere, e che la nostra rivoluzione era stata relegata lontana dalle prime pagine. Ma non mi aspettavo molto di più. Sono invece molto amareggiata di vedere che anche qua, nonostante si parli tanto di antinuclearismo, di rivoluzione dal basso, dei media che non danno il giusto risalto alle cose importanti, anche qua non si sia fatto il minimo accenno alla notizia. Capisco l’importanza del risultato elettorale ottenuto dal Movimento, ma onestamente mi aspettavo almeno due righe”. Sarda Amareggiata
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