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La fragilità delle città “auto-centriche”

beppegrillo.it - Aprile 23, 2020

di Ben Holland – Il coronavirus ha messo a nudo i mali delle continue pratiche di pianificazione urbana incentrata sull’automobile che hanno un impatto negativo sull’uguaglianza, sulla salute e sul clima. Chi di noi lavora da casa, possiede un’automobile e può comodamente fare la spesa, trascura molte volte il fatto che molti cittadini non sono così fortunati. Molte famiglie si affidano a sistemi di trasporto pubblico che faticano a fornire il servizio, oppure non possono sostenere gli elevati costi del trasporto.

Nessuna soluzione tecnologica risolverà i problemi sistemici di politiche errate. Dobbiamo semplicemente impegnarci per lo sviluppo di quartieri e comunità in cui ci siano tutti i servizi, che garantiscano l’accesso al cibo, all’assistenza sanitaria, all’istruzione e al lavoro, senza fare affidamento su trasporti privati.

I quartieri compatti, con livelli di densità medi sono, per loro natura, resilienti ed efficienti dal punto di vista energetico. Questi quartieri superano di gran lunga le comunità suburbane per quanto riguarda l’accesso al cibo e altri bisogni critici in occasione di crisi come quella che stiamo vivendo adesso.

Allora perchè continuiamo a bandire questa resilienza nella maggior parte delle nostre città?

L’insistenza delle città americane sul mantenimento della zonizzazione antiquata e sulle politiche di pianificazione non permette alle comunità opportunità economiche, peggiora la salute pubblica e aumenta le emissioni di CO2 a causa di un maggiore utilizzo dell’automobile. Molti potrebbero affermare che i cittadini semplicemente amano usare le proprie auto, ma questo significherebbe ignorare il fatto che siamo stati noi ad aver essenzialmente imposto la proprietà dell’auto attraverso le nostre politiche e pratiche di pianificazione.

Infatti, il 75% delle aree residenziali urbane (negli Stati Uniti) è suddiviso in zone con case unifamiliari indipendenti che non prevedono alloggi per più famiglie e l’edificazione di spazi commerciali. Le conseguenze di queste politiche sono diventate dolorosamente ovvie con questa crisi, dato che il servizio di trasporto pubblico peggiora, le attività commerciali crollano e i meno fortunati sono fondamentalmente bloccati in ambienti progettati appositamente per segregare abitudini e persone.

Molti di noi che hanno la fortuna di lavorare da casa stanno riconoscendo il potenziale del “telelavoro”, poiché i volumi di traffico stanno diminuendo notevolmente nelle città di tutto il mondo e la qualità dell’aria migliora drasticamente.

Sebbene vi siano alcune opportunità per ridurre i chilometri percorsi dai veicoli con il telelavoro, questi sono però limitati dal numero di lavori che richiedono invece la presenza fisica dei dipendenti, come il settore dell’edilizia e quello alberghiero, e dal numero limitato di viaggi rappresentati dal pendolarismo.

Allo stesso modo, una strategia per ridurre le emissioni del settore dei trasporti con il solo utilizzo dei veicoli elettrici, non riuscirà da sola ad ottenere le riduzioni necessarie nel tempo. Molti, riguardo le discussioni ambientali, minimizzano il ruolo dell’utilizzo del suolo perché presumono che il mercato dei veicoli elettrici crescerà abbastanza rapidamente da compensare le nostre emissioni nei trasporti.

Queste persone spesso rafforzano le loro argomentazioni supponendo che le politiche di ripianificazione urbana siano troppo complesse da essere modificate e che queste impieghino troppo tempo prima di mostrarne il loro vero impatto. Intendo affrontare questa ipotesi errata in un altro articolo, nel frattempo, facciamo un po’ i conti con la realtà per quanto riguarda l’impatto dei veicoli elettrici.

Affrontare le cause che stanno alla base di tale vulnerabilità migliorerà la salute, il patrimonio e, naturalmente, il clima. Se non facciamo nulla per migliorare le problematiche che stanno dietro alle nostre politiche sull’utilizzo del territorio e dei trasporti, probabilmente torneremo ai nostri lavori come se niente fosse successo, una volta che la polvere di questa crisi sarà stata spazzata via. Tuttavia, dal momento che vediamo dei miglioramenti nella qualità dell’aria e nella riduzione dei km percorsi dai veicoli, dovremmo chiederci in che modo potremmo rendere permanenti queste riduzioni delle emissioni. A tal fine, ecco un elenco di strategie efficaci che possiamo perseguire oggigiorno.

Con il trasporto pubblico in caduta libera, l’utilizzo delle biciclette sta invece aumentando in molte città. La CitiBike di New York ha visto un aumento del 67% degli utenti prima dell’entrata in vigore delle rigide regole di autoisolamento. Città del Messico sta attualmente valutando la possibilità di vietare l’uso delle auto nelle strade principali e di sostituirle con una rete ampliata di biciclette.

Se dobbiamo credere che il telelavoro prenderà piede per molte persone, perché non integrare tale iniziativa togliendo spazio alle automobili e offrendo invece quello stesso spazio a pedoni e ciclisti? Oltre a ridurre le emissioni, dovremmo anche considerare i benefici, per la salute pubblica, di rendere il trasporto attivo (ovvero quello realizzato a piedi e in bicicletta) più facile e conveniente in questi tempi di isolamento e di distanziamento sociale.

Nonostante le pressioni che questa pandemia ha esercitato sul trasporto pubblico, quest’ultimo deve e continuerà ad essere una componente fondamentale delle nostre città. Per garantire la ripresa economica, dobbiamo essere in grado di offrire dei trasporti convenienti. Poco più di un anno fa, la Federal Reserve Bank di New York ha annunciato che 7 milioni di americani erano in ritardo di oltre tre mesi nei pagamenti dei con le rate delle proprie auto. Quanto cambierà quel numero quest’anno, e quanti di questi americani passeranno al trasporto pubblico?

Il trasporto pubblico può svolgere un ruolo cruciale nella sostituzione del veicolo personale, ma deve avere uno spazio prioritario che si merita sulle nostre strade. Un autobus che trasporta da 40 a 80 passeggeri durante le ore di punta non dovrebbe rimanere bloccato nel traffico dietro a delle automobili con un solo passeggero.

Quando viene data priorità al diritto di precedenza, il trasporto pubblico funziona molto bene. La riprogettazione della Market Street di San Francisco e della 14esima strada di New York hanno entrambe dimostrato un grande successo vietando l’accesso delle auto e dando spazio a autobus, biciclette e veicoli di micromobilità come i monopattini elettrici.

Da quell’implementazione, la 14a strada di New York ha avuto un aumento del 17% nelle corse in autobus, riducendo i tempi di viaggio del 30%. Allo stesso modo la Market Street di San Francisco ha avuto un aumento del 20% dei passeggeri, con una riduzione del 12% dei tempi di viaggio.

Con le strade in gran parte vuote durante questo periodo di emergenza è proprio questo un ottimo momento per ridefinire le corsie riservate agli autobus nelle città dell’intera America. Dobbiamo apportare queste modifiche il prima possibile, in modo che i guidatori possano trovarsi a proprio agio con una nuova normalità di transito prioritario.

È ora che le città e gli stati rinuncino a politiche e regolamenti complicati che impediscono o rendono assolutamente proibitivo lo sviluppo di qualcosa di diverso da una casa unifamiliare.

Non è semplicemente una questione di aumentare l’offerta immobiliare, come hanno fatto recentemente Minneapolis e Portland. Dobbiamo prima consentire e poi incoraggiare apertamente il commercio al dettaglio, la spesa, l’assistenza sanitaria e le scuole su scala locale, in modo da fornire alle famiglie di qualsiasi livello demografico e socio-economico l’accesso a risorse molto semplici che sono state loro negate.

Abbiamo bisogno di una visione del trasporto che non si fermi ai veicoli elettrici e che sia accessibile a tutti. Dobbiamo fare in modo di non trascurare approcci semplici, collaudati e reali, che si basano sul principio del “back-to-basics” per fornire ai cittadini alternative economiche e a basse emissioni .

 

Traduzione dell’articolo pubblicato su Rocky Mountain Istitute

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