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L’immigrazione è un tabù. Cos’è un tabù? Un fatto di cui non si può parlare o di cui si deve dare sempre la stessa interpretazione. Il tabù esige che sia perpetuato con frasi di nessun significato che hanno, come unico obiettivo, il rafforzamento del tabù stesso. Infrangere un tabù è considerato ripugnante e degno di biasimo da parte della comunità. Un tabù si alimenta di sentenze nobili come “Ricordiamoci di quando eravamo noi a varcare il mare, spesso in condizioni estreme, e teniamo a freno gli eccessi di reazioni di fronte a quanti vengono a cercare futuro in Italia” pronunciata in modo diversamente responsabile da Giorgio Napolitano. Gli Stati Uniti, terra di immigrazione degli italiani soprattutto dopo l’annessione del Sud e del Veneto da parte dei Savoia, erano un’immenso spazio spopolato, con ricchezze naturali incredibili e per entrarvi dovevi prima chiedere il permesso. Se sbarcavi senza autorizzazione a Boston o a Miami ti sparavano addosso. Il mondo è cambiato, fare paragoni con il passato serve solo a mantenere in vita un tabù. L’Italia di oggi è sovrappopolata, uno degli Stati a maggior densità abitativa del mondo. La Francia ha il doppio del nostro territorio, con pochi rilievi montuosi, e circa lo stesso numero di abitanti. Il Maine, uno dei più piccoli Stati americani, ha le dimensioni del Nord Itala con solo 1.230.000 abitanti.
L’Italia dell’imbonitore Berlusconi, che promise casa e lavoro per gli immigrati alla televisione tunisina, ha il 20% di disoccupazione e almeno 100.000 extracomunitari disoccupati che diventeranno il doppio dopo il crollo ampiamente previsto del mercato immobiliare. Dove li mettiamo? Con che risorse li gestiamo? Gli daremo una casa, un lavoro? Li ospiterà D’Alema sul suo Ikarus o faranno compagnia ai nostri “ultimi“, pensionati e disoccupati delle periferie? Non riusciamo a fare un cazzo per gli aquilani e ci illudiamo di nutrire il pianeta?
Il tabù immigrazione ha effetti indesiderati, ma anche desiderati. Quelli indesiderati sono sotto gli occhi di tutti, con migliaia di miserabili lasciati a sé stessi e alle mafie. Quelli desiderati sono una manodopera a basso costo, spesso in nero, destinata di frequente alla morte sul lavoro per il profitto dei padroncini e della Confindustria. Il trionfo della globalizzazione degli schiavi. I rifugiati politici devono trovare sempre accoglienza, chi viene dalle zone di guerra deve trovare sempre accoglienza, gli altri sono benvenuti solo se ci sono le condizioni per ospitarli, casa e lavoro, altrimenti si fa demagogia elettorale a vantaggio non delle sinistre buoniste e cialtrone, ma della Lega. Un’invasione, perché di questo si tratta, darà alla Lega il controllo assoluto del Nord Italia. La Lega, in questi anni, si è nutrita di immigrazione. Ogni immigrato irregolare, un voto in più. La destabilizzazione degli Stati è avvenuta da sempre anche grazie al fattore immigrazione. La Lega è la più interessata a mantenere in vita il tabù dell’accoglienza senza risorse giustificata dal mito dell’italiano con la valigia di cartone. Il problema della Lega, e dell’immigrazione che la alimenta, non è solo italiano, ma europeo. Il fascismo non fu un problema solo italiano, non lo sarà la Lega. Ma l’Europa dorme sonni beati e, come si è visto in Libia, in realtà non esiste. Quale unione di Stati può continuare a esistere senza una politica estera e un esercito comuni? E quale Stato può permettersi il tabù dell’immigrazione senza disintegrarsi?