di Marco Bella – Quando nel dicembre 2000 sono arrivato a The Scripps Resarch Institute di San Diego in California, al piano sotto dove lavoravo c’era lui. C’era Barry Sharpless, un mostro sacro della chimica organica.
Aveva ideato negli anni ‘80 delle reazioni asimmetriche catalitiche, una roba complicatissima solo da spiegare. E infatti nessuno al di fuori degli addetti ai lavori capiva bene che cosa fossero. Ma quando un chimico entrava in laboratorio e seguiva la ricetta di Sharpless… beh ecco che cambiava tutto. Si otteneva esattamente il prodotto desiderato con una facilità sconvolgente. Le reazioni asimmetriche di Sharpless erano un numero teatrale perfetto, che ogni volta riusciva alla perfezione e ogni volta strappava l’applauso del pubblico.
Ci sono due tipi di ricercatori e ci sono due tipi di comici. Ci sono quelli che trovate un po’ di battute che piacciono al pubblico e raggiunta una certa fama le ripetono uguali per tutta la vita, e ci sono invece quelli che invece sperimentano sempre cose nuove. Sbagliano, prendono delle strade errate ma non si fermano mai. Essere il comico che fa sempre cose diverse richiede anche una incredibile dose di coraggio, perché è difficile non abbattersi di fronte a un insuccesso. Non è facile affrontare la faccia delusa del pubbblico. Ma mai sottovalutare gli attori comici: non c’è performance più difficile che far ridere ogni volta le persone.
Nell’ottobre 2001, come tutti si attendevano, Sharpless vinse quello che sarà il suo primo Nobel, per le reazioni asimmetriche catalizzate da metalli. Insomma, aveva un repertorio che il pubblico adorava. Avrebbe potuto passare la vita a ripeterlo per gli applausi facili. E invece no. Sharpless aveva già abbandonato le sue reazioni asimmetriche e si era messo a sviluppare una nuova filosofia chimica ancor prima che una nuova reazione: quella della “click chemistry”. Le reazioni che funzionano sempre in modo semplice. Ecco la reazione che aveva sviluppato. Si montano due pezzi che si chiamano “alchino” e “azide” su due molecole diverse e aggiungendo un pochino di rame “click!” i due pezzi si uniscono in una reazione che si chiama “cicloaddizione” con una facilità sconvolgente. Addirittura, era sufficiente semplicemente rimestare con una barra di rame i reagenti.
All’inizio questa svolta di Sharpless non piaque agli addetti ai lavori, abituati alle reazioni che gli valsero il primo Nobel. Sembrava essere di fronte al comico famosissimo per il quale il suo pubblico sorride solo ricordando il suo passato, anche se l’ultima performance non fa ridere per niente. La reazione di cicloaddizione non era nuova, era persino nota: era stata scoperta da un signore tedesco di nome Huisgen negli anni ‘60, venuto a mancare a 99 anni nel 2020, e che a detta di tutti avrebbe meritato anche lui il Nobel. Alla reazione di Huisgen però mancava un dettaglio fondamentale: quella piccolissima quantità di rame, senza la quale erano necessarie temperature alte incompatibili con molecole delicate come quelle biologiche.
Grazie alla scoperta di Sharpless (e in modo indipendente, dell’altro vincitore del Nobel Morten Medal) quel poco di rame cambiava tutto. Si potevano “sposare” tra loro non solo molecole molto stabili, ma persino delle molecole di origine biologica come proteine, frammenti di DNA, intere cellule… insomma si poteva unire di tutto. Era una reazione fantastica, e la terza vincitrice, Carlolyn Bertozzi si è occupata proprio di questo aspetto.
“Prendendo solo sei atomi, carbonio idrogeno, ossigeno, fosforo, zolfo, azoto e rispettando le regole base della chimica potreste preparare un numero di 10 seguito da 60 zeri di molecole con peso molecolare sotto 400 Dalton. Per confronto, l’età dell’universo espressa in secondi è dell’ordine di 10 seguito da solo 17 zeri. Perché volete davvero fare proprio quelle molecole che sono difficili da sintetizzare?”
La realtà era che Sharpless aveva di nuovo visto più lontano di tutti, prima di tutti. E aveva intuito che il nuovo numero a cui stava lavorando avrebbe di nuovo sorpreso il pubblico. Perché se il pubblico non lo stupisci ogni volta è sicuro che alla fine ti abbandona.
E aveva anche capito prima di tutti l’importanza della semplicità. Quanto sia tremendamente difficile e che sforzo immenso richieda trovare qualcosa di semplice che funziona, dalla battuta alla reazione chimica. La semplicità è un mare immenso. È fin troppo facile perdersi. Si sbaglia strada cento volte. Ma quando si trova la strada giusta ecco che gli sforzi sono ripagati mille volte.
Questa è la storia di come è nata la click chemistry. Questa è la storia di chi dopo raggiunto un’impresa incredibile come quella di vincere un Nobel e anziché sedersi si è messo a inseguirne un altro. Questa è la storia di come non bisogna mai, mai fermarsi ma sempre esplorare un mare ampio e pieno di cose bellissime che nemmeno immaginiamo.
L’AUTORE
Marco Bella, già deputato M5S, è Professore associato di chimica organica alla Sapienza. Tra il 2000 e il 2005 ha lavorato prima presso The Scripps Research Institute in California con KC Nicolaou e poi presso Aarhus Universitet con KA Jørgensen. Ha un seguito blog di divulgazione scientifica su “Il Fatto Quotidiano”.