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Mancino non si ricorda di avere incontrato Paolo Borsellino prima della strage di via D’Amelio. Uno era ministro dell’Interno, l’altro il più famoso magistrato d’Italia. Violante presidente dell’Antimafia non sapeva nulla della trattativa con la mafia. Martelli, ministro della Giustizia, rivela dopo 17 anni che era al corrente di qualcosa. Il figlio di Ciancimino tira in ballo Mori, generale dei Carabinieri, come riferimento per il negoziato con Riina. Gira da anni un papello che indica le condizioni poste dalla mafia perché cessassero gli attentati. Caso curioso: gli attentati a un certo punto cessarono davvero e parte del papello venne applicato.
Il mafioso Mangano viveva con la famiglia Berlusconi ad Arcore. Dell’Utri, fondatore di Forza Italia, è stato condannato a nove anni in primo grado per relazioni con la mafia. E’ in corso il processo di appello e la condanna potrebbe essere confermata. Cuffaro è senatore UDC, ma anche condannato in primo grado per relazioni con mafiosi. Andreotti, il capostipite, non fu condannato per i suoi contatti con la mafia solo perché prescritto, come premio fu fatto senatore a vita da Cossiga. L’abitazione di Riina, dopo il suo arresto, venne lasciata a disposizione della mafia che fece piazza pulita di ogni documento. E ci vengono a parlare di processi? Di prove? Non è più un problema giudiziario, non lo è mai stato.
E’ chiaro che una parte dei politici ha avuto relazioni con la mafia ed è indubitabile che molti le abbiano ancora, anche in assenza di condanne, giudici e tribunali. La Sicilia è un serbatoio di voti per il partito politico che ne accetti le condizioni, in tutte o in parte. Lo è dalla nascita della Repubblica Italiana, dalla strage di Portella della Ginestra. Chi ha governato in Italia ha fatto sempre patti taciti o espliciti, consensuali o meno con la mafia. O ci dimentichiamo l’omicidio di Salvo Lima, plenipotenziario di Andreotti, per non aver rispettato i patti e non essere riuscito, una volta ancora, a impedire le condanne in Cassazione? Le bloccava Carnevale, giudice delle procedure e dei regolamenti. Ora promosso da questo Governo. Insomma, basta, basta.
Lo Stato è riuscito nell’impresa di fare ammazzare i siciliani migliori, giornalisti, giudici, carabinieri poliziotti e anche politici come Pio La Torre per non aver dato loro protezione. E come poteva, se una parte dello Stato era sempre lì a trattare dal 1946? Dal ritorno dei mafiosi in Italia insieme alle truppe americane che li insediarono in posti di responsabilità pubblica. Basta con questa commedia. La Sicilia si dichiari indipendente. Da sola ha più possibilità di farcela che con i cosiddetti continentali, riuscirà a proteggere meglio i suoi uomini migliori. Meglio sola che male accompagnata da chi è peggio dei mafiosi.