Liniziativa Gli schiavi moderni continua con questa lettera di Mauro Gallegati della Facolta’ di Economia Giorgio Fua’ dellUniversita’ Politecnica delle Marche, che si è preso la briga di dimostrare con numeri e tabelle quello che è sotto gli occhi di tutti: che i posti di lavoro diminuiscono e che il precariato aumenta insieme ai nuovi poveri, quelli che in Francia sono stati chiamati generazione low cost.
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Caro Grillo,
aiutami. Passo il giorno a spulciare e produrre statistiche sulleconomia, e sotto campagna elettorale non so se spararmi a un piede o chiedere a lui di sparare a me. So che non è facile fidarsi di uno che per mestiere dà i numeri, ma vorrei solo dare due chiarimenti su cosa è successo a lavoratori e disoccupati negli ultimi 10 anni, da quando è andato al governo Prodi, a quando ci è andato Berlusconi, a oggi.
Se su deficit e debito pubblico, Pil, competitività internazionale e indebitamento delle famiglie siamo tutti unanimi nel dire che le dinamiche sono state tra il bruttino e il disastroso, quelle sulloccupazione sono statistiche che il centro destra porta con sicurezza a vanto del proprio operato. Almeno sinora. Poi qualche giorno fa lIstat ha detto che lanno scorso loccupazione è calata e Tremonti ha ribattuto che non è vero, e che per lui conta solo lEurostat (dimenticandosi che allEurostat i dati li dà lIstat). Bankitalia ha detto che il problema è che i posti di lavoro durano poco, e un giovane su quattro è precario e Maroni ha ribattuto che i posti a termine sono astrazioni statistiche. Mi prude, ti dicevo, qualche numero di chiarimento.
Loccupazione si misura in due modi: contando quante sono le persone che stanno lavorando, e quante sono le unità di lavoro equivalenti, che tengono conto di quante ore lavora ognuno. Se ci sono due idraulici che lavorano 60 ore alla settimana, gli occupati sono due, ma visto che entrambi fan lequivalente di un tempo pieno e mezzo le unità di lavoro sono tre. Se poi il lavoro va male, ed entrambi lavorano solo 20 ore, i lavoratori sono sempre due, ma le unità di lavoro sono solo più una. In pratica, in un caso si contano le teste, nel secondo quanto lavoro cè.
Nel grafico allegato si vede cosa è successo a lavoro e lavoratori nel decennio che si apre con Prodi e si chiude con Berlusconi. La prima cosa da dire è che loccupazione è cresciuta durante il centro destra. Ma la crescita era già in atto con il centro sinistra. La piccola differenza, è che durante il centro sinistra loccupazione parte fiacca e poi cresce, durante il centro destra parte crescendo, e rallenta bruscamente negli ultimi due anni. Guardando alle unità di lavoro poi il rallentamento è ancora più drastico, e diventa un calo nellultimo anno (quello che sottolineano sia Istat che Bankitalia). Da notare che per la prima volta nella storia repubblicana sono più i lavoratori che le unità di lavoro: cè più gente che lavora, sì, ma di lavoro ce nè poco.
Nel secondo grafico che allego si vede che anche la disoccupazione è calata negli ultimi cinque anni. Di nuovo, non è un dono del centro destra, il calo è in corso (fortunatamente) da circa un decennio. Il numero dei disoccupati non è una statistica da guardare da sola. Ci sono casi in cui le cose vanno bene, ma la disoccupazione aumenta: quel che capita è che molti sono presi da un turbine di ottimismo e si mettono a cercar lavoro, e finché non lo trovano il numero di disoccupati aumenta. E ci sono casi in cui il mercato è talmente depresso che molti alzano bandiera bianca, smettono di cercar lavoro, e il numero di disoccupati diminuisce. Nel grafico ho riportato il numero dei cosiddetti scoraggiati, cioè persone senza lavoro che a domanda dellIstat Perché non sta cercando lavoro? barrano la X su Ritiene di non riuscire a trovarlo. Il numero di scoraggiati 600 mila fin verso il 2003 nel 2004 ha una prima impennata che li porta al milione, per poi salire ancora a circa 1.250.000. Basta convincere un altro mezzo milione di persone che è inutile stare a cercarsi un lavoro e porteremo la disoccupazione ad un confortante 5.5%.
Infine, i precari. Dai dati Eurostat, risulta che Berlusconi prende il testimone del precariato, nel secondo trimestre del 2001, a circa il 9.5%: questa era la percentuale dei lavoratori con contratto temporaneo sul totale dei dipendenti. Nel secondo trimestre del 2005 eravamo già al 12.5% (e non stiamo contando i co.co.co.). Un Maroni potrebbe sostenere però che il fatto che un contratto a termine non cambia un granchè, che sapere che il tuo posto di lavoro è solido salvo contrordine, o che è a termine salvo contrordine, non cambia nulla. Questa è una tale eresia che ho sacrificato il sabato sera, ed ho calcolato da dati di fonte Inps una semplice statistica: la correlazione che si osserva tra il tipo di contratto che ha una lavoratrice, e il fatto che questa decida o meno di fare un figlio. Bene, avere un lavoro precario riduce di dieci volte la probabilità che una lavoratrice faccia un figlio.
Grazie per lospitalità.
Mauro Gallegati