Le navi americane stazionano davanti a Tripoli, a uno sputo, a 50 km in linea d’aria.Sono arrivate ufficialmente per scopi umanitari. Non ci sono navi indiane, cinesi, iraniane e neppure russe, coreane, brasiliane, islandesi o sudafricane. Solo americane più un po’ di flottiglia di qualche alleato minore.
Quando c’è un conflitto nel mondo, l’aiuto pronto, immediato e soprattutto armato arriva dagli Stati Uniti d’America. Un aiuto disinteressato e a lungo termine come nella guerra dei Balcani o in Iraq e in Afghanistan. Si trovano così bene nei luoghi in cui hanno esportato la democrazia che non se ne vanno più. Ci piantano le basi e la bandiera come in Kosovo e ci soggiornano per decenni. Sono gente simpatica e generosa, ragazzoni sempre sorridenti. In Italia gli yankee regalavano sigarette e cioccolato che ancora ce ne ricordiamo. Certo, bombardarono anche i civili delle principali città italiane, da Roma a Milano, ma sono incidenti di percorso che possono succedere in guerra. Alleati che sbagliano. Nostri graditi ospiti (nessun governo gli ha mai negato il permesso di soggiorno nel nostro Paese) nelle cento basi (e sessanta testate nucleari) e sedi in giro per l’Italia, diventata la loro portaerei nel Mediterraneo.
Gli americani ci credono davvero al loro ruolo di gigante buono, di sceriffo del mondo, ma se la nazione in difficoltà è proprietaria di giacimenti di petrolio o di gas, allora ci credono ancora di più. Nel Darfur o in Tibet, per fare un esempio, dove non c’è l’oro nero, non si è fatto vedere nessuno. Se gli amici si vedono nel momento del bisogno, gli americani si vedono nel momento del petrolio. Come una volta per i Pavesini, si può dire che è sempre l’ora degli americani quando sono in gioco i loro interessi. In Libia esiste un sanguinoso dittatore con cui l’Occidente ha fatto affari fino a poche settimane fa. Tutti sapevano chi fosse, ma l’odore dei soldi copriva qualunque miasma. La Libia è ora spaccata in due. Non si sa chi prevarrà. E’ una guerra civile, un fatto interno al Paese. E’ necessario intervenire con aiuti umanitari, con forze di interposizione dell’ONU, accogliendo i profughi dalle zone di guerra. Non è necessario, e neppure auspicabile, che intervengano le Forze Armate dello zio Sam. Chiunque vincesse, alla fine vincerebbe solo lui.
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