Un ragazzo è morto fulminato mentre lavorava. Si chiamava Giuseppe Gatì. A lui ho dedicato il primo post dell’anno. Mi aveva colpito il suo grido disperato a favore del giudice Caselli e del pool antimafia nell’indifferenza e nell’ostilità di decine di persone. Giuseppe fu bloccato, identificato e trattenuto per ore in una stanza. E’ stato riportato che la sua morte è dovuta a un incidente e che è stata aperta un’inchiesta. Il blog ne seguirà gli sviluppi.
Mentre scrivo ho in mente le parole della “Canzone del maggio” di Fabrizio De Andrè:
“E se credete ora – che tutto sia come prima – perché avete votato ancora – la sicurezza, la disciplina – convinti di allontanare – la paura di cambiare – verremo ancora alle vostre porte – e grideremo ancora più forte – per quanto voi vi crediate assolti – siete per sempre coinvolti…“.
Ieri è stato inserito un commento dedicato a Giuseppe che riporto.
“Stamattina Giuseppe Gatì è morto.
Incredibile, vero? Noi labbiamo visto con i nostri occhi e ancora non ci crediamo.
Giuseppe è morto mentre lavorava: era andato a prendere il latte da un pastore ed è morto fulminato mentre apriva il rubinetto della vasca refrigerante del latte. E morto dentro una bettola di legno, sporca.
E morto un amico, una persona pulita, con sani principi. Chi ha avuto modo di conoscerlo sa che raro fiore fosse.
Voleva difendere la sua terra, non voleva abbandonarla, era rimasto a Campobello di Licata, un paesino nella provincia di Agrigento che offre poco e dal quale è facile scappare. Lavorava nel caseificio di suo padre, con le sue signorine, le sue capre girgentane, che portava al pascolo. Era un ragazzo ONESTO, con saldi principi volti alla legalità e alla giustizia. Aveva fatto di tutto per coinvolgere i dormienti giovani Campobellesi, affinchè si ribellassero contro questa società sporca e meschina.
Era troppo pulito per vivere in mezzo a questo fetore e a questo schifo.
Aveva urlato VIVA CASELLI! VIVA IL POOL ANTIMAFIA! era stato anche criticato per questo, ma aveva smosso queste acque putride e stagnanti che ci stanno soffocando.
Era un ragazzo dolcissimo, dava amore, desiderava amore.
Suo padre oggi ha detto, distrutto dal dolore, in lacrime: Sono sempre stato orgoglioso di mio figlio, anche se a volte ho dovuto rimproverarlo, solo perchè mi preoccupavo per lui. Ma sono orgoglioso di lui per tutto quello che ha fatto. Giuseppe questo lo sapeva.
Anche noi, Alessia, Alice e tutti i suoi amici siamo orgogliosi di lui. Non sappiamo come esprimere il nostro dolore. Ancora non riusciamo a crederci.
Vi lasciamo con le sue parole:
‘E arrivato il nostro momento, il momento dei siciliani onesti, che vogliono lottare per un cambiamento vero, contro chi ha ridotto e continua a ridurre la nostra terra in un deserto, abbiamo lobbligo morale di ribellarci’.”
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