di Danilo Della Valle – Il popolo boliviano sconfigge multinazionali e golpisti in un sol colpo. Luis Arce, candidato con il partito MAS (Movimiento Al Socialismo), con il 52% dei voti stacca di 20 punti il rivale Mesa del “cartello delle destre” Comunidad Ciudadana, e diventa il nuovo Presidente della Bolivia, ribaltando in poco meno di un anno il golpe messo in atto da militari e reazionari ai danni dell’ex Presidente Evo Morales.
Era il Novembre 2019 quando, come gli avvoltoi, gli oligarchi del litio mettevano le mani sulla Bolivia sostenendo un colpo di Stato ai danni del Presidente Evo Morales, con l’accusa di aver inquinato le elezioni che lo vedevano vittorioso con il 40% delle preferenze sul candidato Mesa.
Il colpo di Stato boliviano portò alla Presidenza del Paese la senatrice, semisconosciuta ai più, Jeanine Añez, alla guida della Bolivia ad interim con l’obiettivo di “distruggere il ruolo del MAS”, che aveva dato voce e spazio nei 14 anni di governo agli ultimi e agli indigeni.
E così i primi provvedimenti del nuovo governo furono ben chiari a tutti: reprimere gli indigeni che protestavano per la “cacciata del loro Presidente”. “Gli indios non devono più vivere in città, non è il loro habitat”, si lasciò scappare in una delle prime uscite la Presidente Añez. Diversi furono i deputati, dirigenti e amministratori di MAS catturati e torturati dalla furia razzista dei fedeli al golpe.
Tutto questo con gran parte dell’opinione pubblica internazionale in silenzio, solo i vari Pepe Mujica, Pablo Iglesias e Bernie Sanders, oltre ai paesi dell’ALBA-TCP, e gli altri alleati storici del governo Morales come Russia e Cina, sono stati pronti a denunciare pubblicamente il golpe, il resto è rimasto troppo preso a celebrare “una Presidente donna” e a raccontare dell’appoggio ai golpisti dichiarato dagli USA. Celebre il tweet di Elon Musk, proprietario di Tesla, che scriveva “colpiremo chi vogliamo” in riferimento al colpo di Stato ai danni di Morales ed in riferimento all’“oro bianco” che abbonda in Bolivia. Eh già, il litio, il prezioso metallo che si usa un po’ per tutto, dalle batterie delle auto elettriche a quelle degli smartphones e tablets, è uno dei motivi per cui il governo Morales non è mai stato simpatico alle grandi multinazionali né ai potentati storici che controllavano le ricchezze del Paese latinoamericano.
La Bolivia fa parte, con Argentina e Cile, del “triangolo del litio”, dove si trova l’80% delle riserve di litio mondiali, 21milioni di tonnellate di “oro bianco”, e ne ospita sul proprio suolo il più grande giacimento esistente, l’immensa distesa di Salar de Ujuni, 10.582 km quadrati, 10 miliardi di tonnellate di sale e 3.600 metri sul livello del mare, ad un passo dal cielo. Un angolo di paradiso con la natura incontaminata e che il governo Morales ha tenuto ben protetto viste anche le pressioni politiche delle popolazioni locali preoccupate per gli occhi puntati dell’industria dell’estrazione.
E proprio le scelte di politica economica rispetto a litio e gas, non sono state ben accettate dai cugini del Nord e dalle multinazionali. In Bolivia è stato permesso soltanto alle imprese statali e a maggioranza statale (partecipate con aziende cinesi), di estrarre il litio; Evo Morales desiderava il controllo sulle risorse primarie del Paese.
E adesso?
Ora tocca al neo Presidente Arce, già ministro delle finanze nel governo Morales, riprendere l’economia del Paese e portare avanti i programmi di sviluppo per la popolazione. Primo punto che Arce ha dichiarato di voler fare è il sussidio minimo contro la fame, poi di continuare con il motto “para el pueblo lo que es del pueblo”, “per il popolo quel che appartiene al popolo”, cominciando a controllare le risorse minerarie di litio e bloccare gli accordi che il precedente governo stava portando avanti con le multinazionali.
Con un piccolo sogno… riuscire nella realizzazione di batterie 100% made in Bolivia.
L’AUTORE
Danilo Della Valle, laureato in scienze politiche e relazioni internazionali (con tesi sull’entrata della Russia, nel Wto); Master in Comunicazione e Consulenza politica e Scuola di formazione “Escuela del buen vivir” del Ministero degli Esteri Ecuadoriano. Si occupadi analisi politica, principalmente di Eurasia. Scrive per l’antidiplomatico, “Il mondo alla rovescia”.