Cerchiamo di sintetizzare gli argomenti più significativi a favore di un graduale aumento del prezzo del carburante a cinque euro. Gli oneri complessivi che comporta l’automobile, dalla produzione al suo utilizzo sino alla rottamazione, attualmente esternalizzati, ammontano fra i 300 e 700 miliardi di euro all’anno. Oltre ai costi diretti per la costruzione di strade e installazione di semafori, sono qui compresi anche i danni provocati da gas di scarico nocivi ad ambiente, uomo ed economia, usura delle sedi stradali, impermeabilizzazione del suolo, inquinamento delle acque, degenerazione dello spazio vitale dovuta a grovigli di reti autostradali, incidenti con morti, feriti gravi e lievi o danni alle cose, carenza di movimento fisico, come pure inquinamento acustico e stress con tutte le conseguenze che ne derivano per la salute. Tutto ciò si traduce in enormi costi sociali, per non parlare del gravame esercitato sull’intero pianeta, l’effetto-serra, il buco dell’ozono e lo spreco di materie prime. Per farla breve, cinque euro al litro li stiamo pagando già da lungo tempo, in quanto per ogni chilometro percorso con una normale automobile, nascono costi economici e sociali che non possono essere coperti dagli attuali prezzi dei carburanti e dalle tasse di circolazione.
Quali sarebbero allora le conseguenze di un prezzo quintuplicato della benzina?
Solo i ricchi potranno guidare l’automobile? Assolutamente no!
– L’industria automobilistica inizierebbe finalmente a costruire automobili leggere, che consumerebbero due litri invece di dieci ogni 100 chilometri. E la spesa per il consumatore sarebbe identica a quella attuale, in quanto le nostre automobili richiedono grandi quantità di carburante principalmente per trasportare se stesse.
– Viceversa, sarebbe pericoloso immettere sul mercato una “automobile a tre litri per 100 km” senza applicare un aumento del prezzo della benzina. L’effetto collaterale sarebbe un abbassamento della concorrenza della ferrovia e un trasferimento dalla ferrovia alla strada.
– Un aumento del prezzo della benzina eliminerebbe un uso inutile dell’automobile e favorirebbe la percorrenza di molte strade – principalmente nelle città – a piedi, in bicicletta o su mezzi pubblici. Molte persone si troverebbero a percorrere annualmente in macchina solo 3000 chilometri invece degli abituali 12.000. Effettueremmo rifornimenti con frequenza inferiore a un quarto rispetto a oggi, per cui arriveremmo a un ventesimo dell’attuale domanda annuale di carburante. Di conseguenza, la mobilità risulterebbe marcatamente più economica, anche con un prezzo elevato della benzina.
– Ogni viaggio in macchina che potremmo sostituire con la bicicletta, alleggerirebbe il volume del traffico di otto volte, e ogni viaggio in tram o in autobus di dieci volte, e ogni passeggiata a piedi di venticinque volte. Gli autoveicoli che rimangono avrebbero così le strade più libere rispetto a quanto avviene oggi.
Trasporto e rifornimento ne risentirebbero? Al contrario!
– Il traffico di rifornimento e di smaltimento sarebbe operativamente facilitato, potendo svolgersi senza intasamenti stradali e con un minore consumo di carburante.
– Il trasporto a lunga percorrenza, oggi troppo economico e quindi alquanto inutile, in parte addirittura sovvenzionato, regredirebbe drasticamente facendo posto a rifornimenti regionali a breve percorrenza. L’interesse nei confronti di trasferimenti della produzione all’estero diminuirebbe, con un conseguente aumento di posti di lavoro nel proprio paese. Il traffico di transito si ridurrebbe e i costi sociali si abbasserebbero, ambiente e salute verrebbero preservati.
-Anche nel settore della pianificazione urbanistica il trend andrebbe in direzione di strutture decentralizzate. Abitare, vivere, lavorare e riposare non si svolgerebbero in posti diversificati come avviene oggi, ma in un ambito di vicinato nuovamente vivibile. Ciò determinerebbe un ulteriore abbassamento del superfluo traffico pendolare. Il permanere diventerebbe più interessante del viaggiare, con ulteriore sgravio delle vie di traffico
L’economia ne risentirebbe? Al contrario!
– Le conseguenze consisterebbero in una ristrutturazione futuristica e una spinta innovativa, entrambe da lungo tempo attese. L’industria e il commercio, nonché nuove prestazioni di servizio, ad esempio logistiche, verrebbero positivamente sollecitate, con enormi possibilità di esportazione.
-Lo sgravio economico da danni ambientali concorrerebbe al risanamento del bilancio dello stato, che potrebbe così dedicarsi a importanti obiettivi di sviluppo, anziché trovarsi a dover fronteggiare danni in misura crescente.
– L’industria automobilistica verrebbe fortemente stimolata a fabbricare autoveicoli leggeri a bassa velocità molto sicuri, che se alimentati elettricamente, potrebbero cavarsela con un quarantesimo dell’amperaggio di carica batterie di una pesante vettura da turismo.
– Verranno favoriti gli autoveicoli che sfruttano energie rinnovabili: leggerissime automobili solari, citymobili elettriche alimentate da corrente generata da termocoppie decentrate, così come motori che impiegano gas biologici provenienti da impianti di depurazione. Si verificherebbe inoltre un boom di veicoli che sfruttano la forza muscolare e sostenuti da energia solare, risciò chiusi e mezzi di trasporto pubblico a breve percorso più attraenti.
– In questo modo potrebbero essere avviati sviluppi futuristici da lungo tempo ipotizzati nella costruzione di autoveicoli, nelle infrastrutture del traffico e nel rifornimento energetico. Gli assegni scoperti di cui parlavamo prima, con cui paghiamo il traffico dei moderni “dinosauri”, condurrebbero infatti prima o poi al crollo. In questo caso sarebbe allora troppo tardi per gli auspicati sviluppi, si male diranno le teste di cemento che hanno impedito le opportune innovazioni, vitti me della loro ideologia di crescita, e che negli anni ’60 hanno voluto girare la ruota in senso opposto.
– Infine, le scorte di petrolio non inesauribili potrebbero essere utilizzate anche dalle generazioni future, in modo che questa preziosa materia prima non venga sprecata.
In conclusione, i vantaggi sarebbero enormi. Il traffico verrebbe corretto, sarebbe intensificato quello locale e dalle strade sparirebbero i trasporti inutili, il che ridurrebbe la spesa per costruzioni di strade. Le più care tariffe per i trasporti renderebbero meno attrattivi i trasferimenti della produzione in paesi a basso salario, aumenterebbero i posti di lavoro nel proprio paese, e alla struttura produttiva della nostra economia verrebbe impresso un dinamismo rivitalizzante. Innovazioni in campo automobilistico e una miriade di motori economici affollerebbero il merca to, fra cui leggerissime citymobili, che non richiedono carburante in quanto alimentate da fonti energetiche rinnovabili. Perché allora non si aprono finalmente gli occhi e non ci si avvicina alla verità dei reali costi dei carburanti? Così come a suo tempo avvenne con l’inaspettata crisi energetica, questa presa di coscienza potrebbe avviare una spinta all’innova zione di cui noi tutti abbiamo bisogno, se vogliamo continuare a vivere. Utopia sarebbe piuttosto continuare a fare ciò che si è fatto finora!
Tratto da “I Segni del Collasso” di Frederic Vester