Le aziende sono il fulcro della nostra economia, lo sono sempre state, ancora prima che si chiamassero così. Ma viviamo in un mondo davvero bizzarro, in un tempo storico che cerca di rispondere alle molteplici crisi nella stessa maniera e con gli stessi strumenti che ci hanno portato al default.
Qualcosa però si muove. Sono le Benefit Corporation. E sono un’alternativa alle normali società che conosciamo. Facciamo un esempio. Oggi per valutare le performance di una società si guarda il fatturato, l’utile netto, le immobilizzazioni, ecc. insomma tutte cose contabili, ma che di fatto ci dicono una cosa ben precisa: quanto è redditizia un azienda.
L’unico aspetto che oggi viene ritenuto importante è l’aspetto economico.
Quindi se due società fatturano un milione, ma una dà molto lavoro ai dipendenti, fa contratti equi, produce in maniera sostenibile e riduce l’impatto ambientale, mentre l’altra azienda inquina molto, licenzia le donne in maternità, risparmia il più possibile sul personale, sui materiali e in generale su tutti gli aspetti sociali e ambientali, bene oggi sono tassate alla stessa maniera.
Anzi probabilmente la seconda avrà guadagni maggiori e così attirerà più finanziamenti.
La verità è che oggi chi cerca di costruire qualcosa di diverso, è destinato a perire.
Una benefit corporation, o B-corporation, è uno stato giuridico – ammesso in 34 Stati degli USA, in Puerto Rico, in Italia (dal 1º Gennaio 2016) come Società Benefit, in Colombia (2018), British Columbia (2018), e Scozia (dal 2018) – pensato per aziende for-profit che vogliano andare oltre l’obiettivo del profitto, e che vogliano massimizzare il loro impatto positivo verso la società e l’ambiente. Lo scopo di una benefit corporation include la creazione di un Beneficio Comune (Public Benefit) nella comunità in cui opera, definito come un impatto positivo concreto sulle persone e sull’ambiente.
In una Benefit Corporation si guarda l’aspetto legale, contrattuale, il rapporto con i dipendenti, quali macchinari vengono usati, che impatto si ha sull’ambiente e sulla società.
Parliamo di guardare in altre direzioni, non solo quella economica.
Se vogliamo veramente cambiare il sistema, dobbiamo rendere infruttuoso evadere le tasse, danneggiare l’ambiente e mandare a casa i dipendenti. Le aziende che inquinano devono pagare tasse più alte, le aziende “buone” devono pagare tasse basse, molto più basse, perché il loro impatto sulla comunità e sul mondo è minore.
Non è normale che le aziende di certi settori inquinino le nostre acque, le nostre terre e tutto ricada sulla sanità nazionale.
Questi sono semplici esempi, ma rendono bene l’idea di come deve essere il presente. Un sistema del genere produrrebbe comportamenti veramenti virtuosi, che produrrebbero investimenti e incentivi a tecnologie sempre più green.
Ad oggi le B Corporation sono un primo passo verso la giusta direzione.
Solo le aziende più lungimiranti hanno capito che certificarsi come società socialmente responsabile è un vettore economico importante. Siamo disposti a spendere di più se sappiamo che nessun animale o bambino è stato maltrattato per produrre l’oggetto che sfoggiamo davanti a tutti.
Sicuramente molti di noi non sarebbero così fieri se sapessero come sono prodotte molte delle cose che abbiamo.
Concludiamo con una nota di orgoglio italiano: anche se la certificazione è americana, ma diffusa in tutto il mondo, l’Italia è la prima nazione al mondo per numero di B Corporation.
Per approfondire: http://bcorporation.eu/italy