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Arcosanti: il sogno replicabile di Paolo Soleri

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- Gennaio 19, 2018

di Beppe Grillo – Paolo Soleri è stato un architetto, scrittore, scultore, urbanista e artista italiano. Negli anni settanta, in Arizona, iniziò a costruire Arcosanti, un esempio di Arcologia, come lui stesso la definì, un mix di Architettura ed Ecologia. Il progetto non  venne portato a termine ma il sogno di Soleri continua attraverso l’impegno della Fondazione Cosanti. La storia di Arcosanti è fantastica e voglio introdurvela attraverso questa intervista a Matteo Di Michele, che ad Arcosanti ha vissuto, ma che soprattutto fa parte della Fondazione Cosanti che porta avanti l’mpegno di questo nostro immenso architetto.

Come hai conosciuto Paolo Soleri? Raccontaci il ricordo di questo straordinario architetto.

Ho conosciuto Paolo Soleri totalmente per caso. Un sabato mattina di 17 anni fa assistendo alla presentazione di un suo libro edito dalla Jaca Book. Io non ero particolarmente interessato all’architettura ma Soleri, già ottantenne, era lì presente e la profondità e l’originalità del suo pensiero colsero immediatamente la mia attenzione. Qualche mese dopo mi sono iscritto a uno dei corsi di Soleri ad Arcosanti ed è incominciata così la mia avventura a fianco di Soleri per oltre 10 anni. Quello che mi ha sempre affascinato di Soleri è stata la sua estrema frugalità in ogni aspetto della sua vita. Come nel mangiare, così nel vestire, mirava solo all’essenziale, senza preoccuparsi delle convenzioni anche in situazioni ufficiali.

La fondazione Cosanti di cosa si occupa?

La Fondazione Cosanti, fondata da Soleri negli anni ’50 gestisce Arcosanti e tutti gli altri progetti legati a Soleri, come corsi, mostre, e progetti di ricerca. La missione è quella di esplorare e sperimentare i benefici dell’Arcologia, termine coniato da Soleri per indicare la fusione tra l’Architettura ed Ecologia, come via per una relazione più equa e sostenibile tra le attività umane e l’ecologia.

Quale è il tuo ruolo all’interno della Fondazione?

Ho lavorato con Soleri per più di dieci anni curando la gestione di Arcosanti e dei programmi educativi, compresa la realizzazione di progetti importanti con alcune università italiane. Ora non abito più ad Arcosanti, ma continuo a partecipare come membro del consiglio di amministrazione.

Quanto è reale l’ipotesi di terminare/sviluppare il progetto di Paolo Soleri?

Come sempre è soprattutto una questione di fondi.  Per le prime fasi del progetto è stato facile, date le dimensioni relativamente ridotte degli edifici, fare affidamento su studenti e volontari per molte delle attività di costruzione. Tuttavia, ora che si deve iniziare a costruire edifici di parecchi piani non è più concepibile fare affidamento ai volontari e i costi sono sproporzionatamente alti rispetto alle finanze della Fondazione. Più in generale, l’interesse a progetti come quelli di Arcosanti funziona quasi da barometro rispetto al tasso di sensibilità della società ai problemi dell’uomo e dell’ambiente.  Devo riconoscere che, nonostante l’interesse a livello mondiale sia crescente, manca ancora quel senso di urgenza necessario a iniziare davvero a costruire e sperimentare. Questo è anche dovuto al fatto che si continuano a ignorare le esternalità, i costi che derivano dallo sfruttamento delle risorse non rinnovabili che alla fine si ripercuotono inevitabilmente su tutti noi. La soluzione non può essere soltanto quella di favorire l’uso di auto elettriche e pannelli solari. Si deve invece continuare a sviluppare un modello che consenta di ridurre il consumo di risorse e che sia compatibile con il resto della biosfera. Questo è l’obiettivo del progetto e la posta in gioco è troppo alta per non continuare a lavorare in questa direzione.

Secondo te sarebbe replicabile il progetto di Soleri? E se si perché non è mai stata presa in considerazione questa possibilità?

La replicabilità del laboratorio urbano Arcosanti potrà essere dimostrata solo una volta che Arcosanti avrà raggiunto la critical mass, cioè un numero di abitanti sufficientemente alto da costituire un esempio scientificamente rilevante.  I principi base del progetto, cioè la densità e la tridimensionalità  sono valori la cui efficacia è stata dimostrata da almeno qualche migliaio di anni di storia. La scienza, l’arte, il diritto, sono nati quando si è passati da un paesaggio abitativo estremamente sparso a villaggi sempre più densi in grado di massimizzare l’uso delle risorse e favorire gli scambi di merci e idee. Questo concetto semplicissimo è diametralmente opposto al modo in cui si costruiscono oggi le nuove città, soprattutto negli USA: centinaia di chilometri quadrati di casettine unifamiliari circondate da asfalto, parcheggi, strade, autostrade, etc. Con sette miliardi e mezzo di persone sul nostro pianeta, il consumo incontrollato di materiali, energia e territorio, unito all’iper-consumismo tipico dei paesi più ricchi porterà a una situazione obiettivamente incontrollabile. Lo stile di vita di un americano medio richiederebbe almeno 5 nuovi pianeti come il nostro per sostenere questo tipo di sviluppo se fosse adottato dai 7 miliardi di persone.  Il design di Arcosanti non sarebbe difficile da replicare perché si basa sul clima del deserto, una regione climatica in cui vive un terzo della popolazione mondiale, e con l’espansione del riscaldamento globale tali aree sono destinate ad allargarsi. Quel che si dovrebbe replicare, tuttavia, piuttosto che il design di singoli palazzi, è l’atteggiamento di Soleri nei confronti dell’abitato urbano come tale. In qualunque area geografica ci si trovi, bisogna avere il coraggio di ripensare il modo in cui usiamo le risorse, a partire dallo spazio, e dare la priorità a soluzioni eque e sostenibili.

Spiegaci come è oggi Arcosanti (edifici, eventi, vita sociale, sostenibilità) Quanti abitanti ci vivono e di cosa vivono.

Ad Arcosanti abitano tra 50 e 100 persone. Quasi tutti gli abitanti di Arcosanti lavorano sul sito stesso in uno dei tanti dipartimenti responsabili per le attività necessarie per la costruzione e il mantenimento del laboratorio urbano, da quelli legati all’ospitalità dei turisti (ristorante, visite guidate, alloggi) ai dipartimenti legati ai progetti educativi, uffici di progettazione, archivi, agricoltura, eccetera. Poi ci sono i tanti studenti che arrivano da tutto il mondo per trascorrere qualche settimana o qualche mese per imparare e aiutare il progetto.  Anche io, dopo la mia laurea in legge, sono andato ad Arcosanti per frequentare il workshop tradizionale di 5 settimane, ma poi ho deciso di restare più a lungo rimanendo a vivere ad Arcosanti per più di dieci anni. Arcosanti ha adottato tante soluzioni per il risparmio energetico (pannelli solari, eolico, serre, eccetera), ma l’aspetto più sostenibile è la densità degli spazi. E’ questa densità che Soleri chiama miniaturizzazione che rappresenta l’aspetto più interessante ed esportabile di Arcosanti. L’abitato è come un hiper-organismo che per crescere deve essere in grado di fare di più con meno. Meno risorse e soprattutto meno spazio. Piuttosto che distruggere l’ambiente naturale con casette unifamiliari, si favorisce la tridimensionalità e la prossimità degli spazi. In questo modo l’ambiente circostante rimane intatto a beneficio di tutti. Quel che è vero per l’evoluzione della vita, è altrettanto vero per l’evoluzione delle città: i cambiamenti che più hanno successo sono quelli che comportano un uso più efficiente delle risorse, che quasi sempre riguardano processi di miniaturizzazione in grado di incrementare il numero e la velocità di interazioni in spazi sempre più piccoli.  Ad Arcosanti si da’ inoltre molto valore agli spazi pubblici. La prima struttura costruita ad Arcosanti è infatti stata una struttura a uso pubblico, le grandi volte che costituiscono la piazza principale di Arcosanti. Le volte, con le grandi forme ad arco consentono di avere il massimo d’ombra e brezza d’estate, e di catturare il calore del sole d’inverno. Tutt’attorno vi sono poi una serie di spazi con abitazioni private, uffici, laboratori, ed anche un anfiteatro per concerti e rappresentazioni teatrali. Un complesso tessuto urbano, quindi, dove si alternano spazi destinati a usi diversi e immediatamente raggiungibili da tutti i residenti.

Quanti visitatori giungono ogni anno ad Arcosanti?

I visitatori sono decine di miglia ogni anno. Arcosanti offre visite guidate di un’ora, ma anche programmi educativi di pochi giorni o di varie settimane, come il tradizionale Workshop.  Nei fine settimana ci sono anche eventi culturali come mostre e concerti. Per chi vuole stare per qualche giorno solo per vacanza, ci sono stanze tipo motel a prezzi da ostello e un ristorante. A parte la bellezza mozzafiato degli edifici, anche la natura che circonda Arcosanti è unica e ricorda molto le scenografie dei film Western. Pare che anche George Lucas sia passato ad Arcosanti negli anni settanta e che si sia ispirato al design di Soleri per la Saga di Star Wars.

Le idee di Paolo Soleri sono state largamente valorizzate ed esaltate?

Soleri ha avuto un grande riconoscimento a livello mondiale come padre dell’architettura sostenibile e Arcosanti è ancora oggi un punto di riferimento per tutti coloro che sperano in un salto di qualità riguardo al modo un cui vengono costruite le nostre città e che non hanno paura di sporcarsi le mani sperimentando alternative all’espansione abnorme dell’abitato. Anche in Italia ha ricevuto riconoscimenti ad altissimo livello, come, ad esempio, il Leone D’Oro alla Carriera della Biennale di Venezia. Quel che è mancato è stato l’interesse a realizzare le sue idee, ancora oggi di drammatica attualità.

Come si può sostenere il progetto?

Il modo migliore è partecipare ai corsi di 2 o 5 settimane in cui imparano i principi dell’Arcologia con lezioni tenute dallo staff della Fondazione e attività all’aperto sporcandosi le mani con calce e sabbia. Un altro modo per sostenere il progetto è l’acquisto delle piccole campane a vento di bronzo o ceramica realizzate nei laboratori di Arcosanti su disegno di Soleri stesso.

C’è qualcosa che non è stato ancora detto e scritto su Arcosanti e sul sogno di Paolo Soleri?

Soleri odiava la parola utopia perchè rimanda all’idea di un posto che non c’è e non potrà mai esistere.  La grandezza di Soleri è che non si è mai limitato a sognare arcologie, ma si è invece sempre rimboccato le maniche e ha realizzato, gettata dopo gettata, tante strutture usate come laboratorio urbano. Il termine utopia, ha molto più senso usarlo in riferimento al modello di città introdotto nel ventesimo secolo, costruito intorno alle automobili piuttosto che alle persone. Tale sistema è disastroso non solo da un punto di vista culturale e ambientale, ma anche per quanto riguarda i suoi costi data l’elevata quantità di risorse pubbliche necessarie per costruire e mantenere le infrastrutture create per le automobili. Quello che si dice molto poco, perché è difficile da accettare, è che città come quelle concepite da Soleri esisteranno un giorno solo se la nostra società avrà il coraggio di mettere in discussione le proprie priorità e riformulare i propri valori, cosa che anche nelle migliori delle ipotesi richiederà non anni, ma intere generazioni. Non ci sono dunque ricette pronte per l’uso, ma solo l’invito a iniziare senza indugio a sperimentare.

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