di Gabriele Gattozzi e Franco Maranzana – “Ancien Régime et Révolution”. Questo è il titolo che Alexis Henri Charles de Clérel de Tocqueville (Parigi, 1805 – Cannes,1859) diede ad un suo essai pubblicato nel 1856, molti anni dopo il ben più famoso “De la Démocratie en Amerique” (uscito in due volumi nel 1835-40 al ritorno dal suo lungo viaggio al di la dell’Oceano). De Toqueville sosteneva in estrema sintesi che una vera democrazia potesse trovare luogo solo in America (Stati Uniti) perché lì non c’era stato il Medioevo, il Feudalesimo, l’Ancien Régime, appunto. Qui da noi “in Europa” la Rivoluzione era invece un po’ più complicata proprio per un “Ancien Régime” estremamente radicato sul territorio che avrebbe sì permesso ad una nuova classe – la borghesia – di partecipare al controllo ma attraverso le modalità, i riti e i luoghi del passato.
“In Europa” abbiamo ancora tantissimi Regni (Regno Unito, Spagna, Belgio, Olanda, Danimarca, Norvegia e Svezia), un Principato (Monaco) e pure un Granducato (Lussemburgo)… Nelle Americhe solo Repubbliche.
Ma la cosa preoccupante è che anche laddove in Europa si tratti per fortuna di repubbliche come da noi in Italia (1), la classe politica – borghese, appunto – è subentrata negli stessi palazzi dell’Ancien Régime… E qui non ci si riferisce ai “palazzi” in senso figurato, ma a vere e propri meraviglie architettoniche sedi di istituzioni nazionali e locali.
Ma – sempre per fortuna – esiste già chi ha cercato di dare questo messaggio con il suo stile di vita, e si fa riferimento all’ex presidente della Repubblica Uruguayana, Jose “Pepe” Mujica, definito nel 2012 “miglior presidente del mondo” che Beppe Grillo ha incontrato recentemente a Milano, e il cui passaggio è avvenuto quasi sotto completo silenzio.
Non è che “Pepe” Mujica abbia rinunciato all’auto blu, ma ha rifiutato tutta la dotazione assegnata al presidente della repubblica sudamericana. Ha continuato a vivere nella sua umile – ma nel vero senso della parola – fattoria, la sua macchina era (e si pensa sia) un vecchio maggiolone FW, ha distribuito il 90% del suo compenso in attività benefiche. Da ultimo ha appena rinunciato anche alla carica di senatore a vita che gli toccava di diritto in quanto ex presidente. Cosa volere di più dalla vita?
Auguriamoci che anche in Italia ci sia una spinta alla sobrietà – se non proporlo all’umiltà di “Pepe” – e si cominci ad abbandonare come prima cosa i palazzi dell’Ancien Regime e li si mettano a profitto sul mercato con concessioni trentennali (non serve venderli). L’esempio-madre è Roma. La Città Eterna dovrebbe essere svuotata e liberata da tutti i “palazzi” – in questo caso sì figurativo – della politica con una nuova cittadella federale da costruire tra Magliana e Fiumicino, una nuova Brasilia dove relegare tutti gli apparati dello Stato, dal Parlamento al Governo, ai Ministeri (2). Lo stesso discorso andrebbe applicato alle sedi delle istituzioni locali (Regioni, Provincie, Comuni, ecc.) situate in località di pregio architettonico. Via il Comune anche dal Campidoglio, da Palazzo Vecchio a Firenze e via dicendo.
Ma perché tutto questo? Cosa c’entra con de Toqueville? E con Mujica?
Cominciamo ad archiviare – 150 anni dopo gli scritti del grande pensatore francese – l’Ancien Régime e iniziamo dal patrimonio immobiliare. Per vari motivi.
Primo, non c’è scritto da nessuna parte sulla nostra Costituzione che il Parlamento debba essere a Montecitorio, che il Governo a Palazzo Chigi, che il Ministero dello Sviluppo Economico in Via Molise, ecc. Sono luoghi bellissimi, sì, ma antichi, nemmeno poi così pratici per i tempi moderni, situati in centri storici in cui a volte è la politica stessa a generare e alimentare ulteriore traffico cittadino, per non parlare dei disagi legati a manifestazioni, scioperi, zone rosse, visite di capi stato stranieri, ecc. Immaginate una Roma senza politici.
Secondo, oltre ad essere luoghi dell’Ancien Régime, che andrebbero per certi versi “snobbati” (come appunto ha fatto “Pepe”), ormai la classe politica ha dimostrato ampiamente negli ultimi – vari – decenni di non meritarli nemmeno (3).
Terzo, ci servono un sacco di soldi per pagare il nostro debito pubblico e allora ci affittiamo i Palazzi della Politica (Vecchia e Nuova).
Morale della favola: fuori la politica dai palazzi dell’Ancien Régime! Essi non vanno nemmeno più bene a tale scopo, né ve li meritate più, metteteli a profitto sul mercato immobiliare (senza venderli) e usiamo i proventi per un piano trentennale di riduzione del debito pubblico.
Ed ecco le potenziali pubblicità:
QUIRINALE AFFITTASI… SI AFFITTA IL PALAZZO CHIGI… AFFITTASI MONTECITORIO…
Cominciamo da qui.
(1) È doveroso ricordare gli esiti del referendum del 2-3 giugno del 1946 dove vinse sì la Repubblica (54,3%) ma sul filo di lana con la monarchia (46,7%). Il risultato – per quanto positivo – è di per sé agghiacciante se si pensa che quasi un italiano su due si sia espresso ancora a favore della monarchia dopo i fatti dell’otto settembre 1943, che andrebbe ricordato come “Giorno della Vergogna Savoia”.
(2) Le uniche sedi che non si possono trasferire sono le rappresentanze diplomatiche presso lo Stato Italiano e la Santa Sede, mentre tutto il resto è modificabile.
(3) Si veda a tal proposito “breve storia del debito pubblico italiano”. Ci dispiace per coloro che da poco sono arrivati al potere e sono incolpevoli di quanto successo finora, ma sono certo che sapranno apprezzare – e far apprezzare – questa scelta di sobrietà e praticità.