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Purdue Pharma: trasformare il dolore in profitto

beppegrillo.it - Febbraio 3, 2025

Da oltre vent’anni sul nostro blog e in numerosi interventi abbiamo sempre denunciato il potere oscuro della pubblicità nel plasmare le scelte dei cittadini, soprattutto in ambito sanitario. Una delle storie che meglio incarna questa perversione è quella della famiglia Sackler e della loro azienda, la Purdue Pharma e che vogliamo raccontarvi, perchè rimane uno dei simboli più eclatanti di come il profitto possa prevalere sulla vita umana.

La storia dei Sackler inizia con Arthur, Mortimer e Raymond Sackler, tre fratelli medici che negli anni ‘50 fondarono una piccola azienda farmaceutica. Arthur Sackler, pioniere del marketing farmaceutico, rivoluzionò la pubblicità dei farmaci, promuovendo il Valium come soluzione miracolosa per lo stress e l’ansia, contribuendo alla sua diffusione di massa. Questo successo segnò l’inizio della fortuna della famiglia, che in seguito acquisì Purdue Pharma, trasformandola in un colosso farmaceutico con la commercializzazione dell’OxyContin (Ossicodone), il farmaco che avrebbe dato il via alla crisi degli oppioidi.

La famiglia Sackler ha costruito la propria immagine pubblica grazie a donazioni milionarie a musei, università e istituzioni culturali: il Metropolitan di New York, il Louvre, Oxford e molti altri sono stati beneficiari dei loro contributi. Dietro questa facciata di filantropia, tuttavia, si nasconde una delle più grandi frodi della medicina moderna.

Purdue Pharma ha generato oltre 35 miliardi di dollari dalle vendite di OxyContin tra il 1995 e il 2019, secondo dati Reuters. In quegli anni, la compagnia ha trasformato l’OxyContin, in un prodotto venduto come la soluzione miracolosa per il dolore cronico, minimizzando deliberatamente il rischio di dipendenza. La strategia dei Sackler è stata tanto semplice quanto spregiudicata: convincere medici e pazienti che il dolore cronico fosse “sottotrattato” e che l’OxyContin comportasse un rischio di dipendenza inferiore all’1% – una cifra priva di fondamento scientifico, come ha rivelato un ex rappresentante in un’intervista al New York Times. Per rinforzare questa narrazione, l’azienda incentivava i medici con bonus, viaggi “formativi” ai Caraibi e campagne pubblicitarie aggressive, spendendo oltre 10 milioni di dollari in pubblicità su riviste mediche e televisione. Parallelamente, Purdue Pharma investiva in lobbying per bloccare normative restrittive, contribuendo a creare un clima in cui la salute veniva trattata come un bene commerciale. Un fenomeno che ha visto il Direct-to-Consumer Advertising (DTCA) diventare una prassi diffusa negli Stati Uniti, dove studi – come quello pubblicato sul Journal of the American Medical Association – evidenziano come le campagne pubblicitarie influenzino in maniera sostanziale le prescrizioni mediche.

Negli Stati Uniti, la crisi degli oppioidi ha causato una devastante perdita di vite umane. Dal 1999, secondo il CDC (con dati aggiornati al 2023 e stime del 2024), si contano oltre 500.000 decessi per overdose – alcune stime suggeriscono che il numero potrebbe avvicinarsi o superare i 600.000. Un bilancio umano che testimonia l’impatto di una politica di mercato in cui la salute diventa una merce.

Nel 2020, Purdue Pharma si dichiarò colpevole di tre reati federali e accettò un patteggiamento da 8,3 miliardi di dollari in risarcimenti. In una mossa che suscitò indignazione, i Sackler ottennero un’immunità personale, evitando conseguenze penali dirette nonostante il ruolo centrale nella diffusione di una crisi di salute pubblica. A seguito di una lunga battaglia legale, nel 2019 la società dichiarò bancarotta. Tuttavia, a differenza di altre aziende, Purdue Pharma non è scomparsa: nel 2022 un tribunale statunitense approvò un complesso piano di ristrutturazione che ha trasformato l’azienda in un’entità controllata da un trust, destinato a risarcire le vittime della crisi degli oppioidi e a finanziare iniziative di salute pubblica. Nel 2024, sebbene l’azienda sia ancora “attiva” sul mercato, essa opera in una veste profondamente trasformata, sotto stretto controllo giudiziario e con una gestione che mira a garantire maggiore trasparenza e giustizia.

Nel 2024, Purdue Pharma e i Sackler hanno raggiunto un accordo per pagare 7,4 miliardi di dollari nell’ambito di una transazione legale finalizzata a risolvere migliaia di cause intentate da governi statali e locali. Questo accordo prevede che la famiglia Sackler ceda il controllo dell’azienda e contribuisca con questi fondi per sostenere le vittime della crisi e finanziare programmi di prevenzione e trattamento della dipendenza da oppioidi. Recentemente, Purdue ha completato uno studio su un’iniezione di nalmefene cloridrato, un trattamento di emergenza per le overdose da oppioidi, che potrebbe rappresentare un tentativo di redenzione dell’azienda.

La serie Netflix Painkiller, uscita nel 2023 e interpretata da Matthew Broderick nel ruolo di Richard Sackler, ha riportato alla luce questa drammatica vicenda. The Guardian ha definito la serie “un atto d’accusa necessario contro il capitalismo predatorio”, riaffermando come l’OxyContin sia stato venduto come una panacea, mentre dietro le quinte si consumava una tragedia umana di proporzioni epiche.

Per anni, i media mainstream hanno celebrato i Sackler come mecenati, oscurando il lato oscuro delle loro operazioni. Solo nel 2019 un’inchiesta del New York Times ha rivelato che la famiglia aveva trasferito segretamente 10 miliardi di dollari in paradisi fiscali prima del fallimento della Purdue, evidenziando la strategia di insabbiamento e mancata responsabilità personale. I dati aggiornati al 2024 evidenziano come, nonostante il crollo di Purdue Pharma e le riforme imposte, la crisi degli oppioidi continui a mietere vittime e a sollevare interrogativi etici e politici. Nuove leggi statali e federali negli Stati Uniti cercano di limitare le prescrizioni e rafforzare il controllo sulla pubblicità dei farmaci, ma la tentazione del profitto resta un nemico insidioso.

Lo abbiamo sempre ribadito con forza: “La salute non è un business”. Una verità che dovrebbe guidare ogni scelta in un sistema sanitario che, troppo spesso, mette il profitto davanti al benessere dei cittadini.

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