Negli ultimi anni, il mercato del lusso ha vissuto un periodo di espansione, ma oggi sembra che qualcosa stia cambiando. La crisi economica in Cina, l’aumento dei prezzi e i cambiamenti nei comportamenti dei consumatori stanno influenzando un settore che, fino a poco tempo fa, sembrava inarrestabile.
La spesa per i beni di lusso personali è destinata a calare del 2% nel 2024, secondo Bain & Company, una società di consulenza globale. Il rallentamento è già evidente, con una contrazione nelle vendite di grandi colossi come LVMH, e con Kering, proprietario di Gucci, che ha dovuto emettere avvertimenti sui profitti. Il marchio Versace, da sempre simbolo del lusso, ha visto una riduzione dei margini, con il 40% dei suoi prodotti venduti a sconto. Questi segni di crisi potrebbero segnare un cambiamento nell’industria, che per anni ha visto una crescita inarrestabile. Ma cosa sta davvero accadendo al lusso? È il segno che sta perdendo il suo fascino?
Nel 2000, le vendite di beni di lusso ammontavano a poco più di 100 miliardi di dollari, mentre nel 2023 si sono superati i 400 miliardi. Due sono stati i principali motori di questa crescita: la globalizzazione e la democratizzazione del lusso.
La globalizzazione ha permesso ai marchi di lusso di espandersi ben oltre le élite occidentali di New York, Londra o Parigi, con una forte espansione in Cina e in altri mercati asiatici. Nel 2000, la Cina contava solo 39.000 milionari. Nel 2023, il numero è salito a 6 milioni, un aumento che ha superato ogni altro paese al di fuori degli Stati Uniti. Il mercato cinese, che nel 2000 rappresentava una piccola parte delle vendite, ha raggiunto il 15% nel 2023, diventando un punto nevralgico per l’industria.
Accanto alla globalizzazione, la cosiddetta “democratizzazione” del lusso ha permesso ai marchi di raggiungere una clientela più ampia. Prodotti più “economici”, come i calzini bianchi da 200 dollari di Gucci, sono stati creati per soddisfare una fascia di consumatori più ampia, senza rinunciare al fascino del marchio. Marchi come Armani e Valentino hanno lanciato sottomarchi a prezzi più bassi, incentrati su un abbigliamento più casual, dando vita al concetto di lusso “accessibile” o “aspirazionale”. Oggi, un’acquirente che spende solo 2.000 euro all’anno in beni di lusso rappresenta quasi i due terzi delle vendite totali.
Tuttavia, questo modello di crescita ora sembra essere sotto pressione. La classe media in Occidente è stata messa a dura prova dai tassi di interesse alti e da un mercato del lavoro stagnante, riducendo la capacità di spesa. In Cina, la crisi del settore immobiliare e le politiche governative contro le ostentazioni di ricchezza hanno frenato la domanda. I giovani cinesi, ad esempio, preferiscono portare con sé sacchetti di plastica, segnando un cambiamento nelle tendenze del consumo, dove la frugalità sta diventando un segno distintivo.
Un altro fattore che sta incidendo sul mercato è l’aumento dei prezzi. Secondo HSBC, i beni di lusso sono oggi più costosi del 54% rispetto al 2019. Una borsa Dior Lady, che nel 2016 costava 3.200 euro, ora supera i 5.900 euro. Gli aumenti dei prezzi, che sembravano giustificati dalla crescente domanda, stanno ora deludendo molti consumatori. Andrea Guerra, CEO di Prada, ha definito questi aumenti un “errore evidente”, segnalando un’inversione di tendenza.
Nonostante queste difficoltà, alcuni analisti sono fiduciosi che il lusso non sia destinato a sparire, ma che subirà una trasformazione. Infatti, la ricchezza mondiale continua ad aumentare, e secondo UBS, entro il 2027 ci saranno 86 milioni di milionari in tutto il mondo, rispetto ai 60 milioni attuali. La classe dei miliardari continua a crescere, con 2.781 miliardari nel 2024, secondo Forbes. Questo segmento di consumatori più ricchi tende a essere meno influenzato dalle fluttuazioni economiche, continuando a spendere per i beni di lusso.
Marchi che si rivolgono a una clientela esclusiva, come Brunello Cucinelli, che vende maglioni in cashmere da 6.000 dollari, o Hermès, con le sue borse di alta gamma, continuano a registrare buoni risultati. Le vendite di Brunello Cucinelli, ad esempio, sono aumentate del 12% nel 2024. La domanda per questi prodotti di alta qualità non sembra essere in crisi. Al contrario, i marchi che hanno cercato di “democratizzare” il lusso stanno cercando nuovi modi per riaccendere l’interesse dei consumatori. Miu Miu, parte del gruppo Prada, ha raddoppiato le sue vendite nel 2024 grazie a prodotti innovativi e campagne pubblicitarie provocatorie. Altri marchi come Bottega Veneta, Chanel e Givenchy stanno cercando di adattarsi al cambiamento assumendo nuovi direttori creativi, ma questi cambiamenti potrebbero richiedere anni per manifestarsi appieno.
Un’altra domanda fondamentale riguarda il futuro di quei marchi che, per raggiungere il pubblico più vasto, hanno abbassato la propria esclusività. Valentino, ad esempio, ha eliminato il suo sottomarchio Red Valentino per preservare il prestigio del brand. Altri, come Rolex, limitano la produzione dei modelli più economici per mantenere l’aura di esclusività. L’industria del lusso sta quindi affrontando una sfida: come conciliare l’esigenza di vendere a una clientela più ampia senza compromettere il proprio status di esclusività?
L’industria del lusso sta vivendo un periodo di cambiamento. L’espansione nei mercati emergenti e l’offerta di prodotti più economici non sono più sufficienti per garantire crescita. Il rallentamento economico e l’aumento dei prezzi stanno mettendo a dura prova il settore, ma non significa che il lusso stia sparendo. Piuttosto, sta evolvendo e focalizzandosi su una nicchia di consumatori più ricchi, mentre il resto del mercato dovrà fare i conti con un consumatore sempre più selettivo e consapevole. Il lusso, insomma, non è morto, ma sta attraversando una fase di profonda trasformazione.