Tempi bui per la democrazia. Il Democracy Index del 2023, redatto dall’Economist Intelligence Unit (EIU), evidenzia una persistente stagnazione e regressione della democrazia su scala globale, in un periodo caratterizzato da crescente tensione geopolitica e dall’apparente incapacità delle democrazie nel contenere conflitti violenti e guerre. I paesi dell’Europa occidentale spiccano occupando otto delle prime dieci posizioni nella classifica globale della democrazia. Al contrario, i paesi dell’Europa centrale, orientale e meridionale principalmente si trovano classificati come democrazie con difetti evidenti.
L’indice, annualmente diffuso dal Gruppo Economist, si basa su una media (da 0 a 10) di 60 indicatori, suddivisi tra processo elettorale e pluralismo, funzionamento del governo, partecipazione politica, cultura politica e libertà civili. Il rapporto di quest’anno, intitolato “Età di conflitto”, riflette sulle guerre in corso in Ucraina, Medio Oriente e Africa.
Secondo il rapporto, quasi la metà della popolazione mondiale vive in una sorta di democrazia (45,4%), ma solo il 7,8% vive in una “piena democrazia” (punteggi superiori a 8,00). Sostanzialmente più di un terzo della popolazione mondiale vive sotto un regime autoritario (39,4%). La buona notizia è che il numero delle democrazie è aumentato di due nel 2023, con il passaggio di Paraguay e Papua Nuova Guinea da “regimi ibridi” a “democrazie imperfette”. La Grecia è diventata una “piena democrazia”, ma il Cile è stato riclassificato come una “democrazia imperfetta”. Il Pakistan è stato declassato a “regime autoritario”, mentre l’Angola è stato promosso a “regime ibrido”.
I paesi nordici, inclusa Norvegia, Islanda, Svezia, Finlandia e Danimarca, continuano a dominare la classifica dell’indice della democrazia, occupando cinque dei primi sei posti, seguiti dalla Nuova Zelanda. La Norvegia mantiene la posizione più elevata nell’Indice della Democrazia grazie ai suoi punteggi elevati in tutte e cinque le categorie.
Altri paesi hanno meno motivi per festeggiare. Il Belgio è l’unico paese dell’Europa occidentale che ha ricevuto un punteggio totale al di sotto degli 8 (“democrazia imperfetta”) a causa dei punteggi relativamente bassi sulla partecipazione politica e sulla cultura politica. Altri Stati membri dell’UE classificati come democrazie imperfette sono l’Italia e il Portogallo. Tutti i nuovi Stati membri che hanno aderito all’UE nel 2004 e nel 2007 sono democrazie imperfette o democrazie illiberali, con l’Ungheria in fondo.
L’Europa occidentale, che comprende 15 delle 24 “piene democrazie” mondiali, è stata l’unica regione a migliorare il proprio punteggio medio, passando da 8,36 nel 2022 a 8,37 nel 2023, superando così il Nord America (Stati Uniti e Canada, scendendo da 8.37-8.27) come regione con il punteggio più alto. Le regioni con i risultati peggiori sono state il Medio Oriente e il Nord Africa (in calo a 3,23 da 3,34) e l’Africa sub-sahariana (in calo a 4,04 da 4,14), con Mauritius (8,14) che si distingue come l’unica “piena democrazia”. L’America Latina e i Caraibi hanno vissuto l’ottavo anno consecutivo di declino democratico, con un punteggio medio di 5,68 nel 2023 rispetto a 5,79 nel 2022.
Particolarmente degni di nota sono stati i peggioramenti nella sottoregione dell’America Centrale, che ha subito la regressione più grande tra tutte le sottoregioni, guidata dai cali in El Salvador, Nicaragua, Guatemala e Honduras. Un’eccezione degna di nota in questa sottoregione è la Costa Rica, che rimane al massimo di 8,29 dal 2022, e oltre all’Uruguay è l’unico paese dell’America Latina ad essere classificato come “piena democrazia”. La regione dell’Asia e dell’Australasia, che comprende cinque “piene democrazie” (Australia, Giappone, Nuova Zelanda, Corea del Sud e Taiwan), è scesa da 5,46 a 5,41 mentre la regione dell’Europa orientale e dell’Asia centrale è scesa a 5,37 da 5,39.